Il decalogo dei confini del restauro
Da quando ho iniziato a svolgere questa professione mi sono resa conto di quanti confini essa abbia.
È un attività fluida e ricca di varianti e al contempo delimitata in ogni direzione da regole, parametri, norme e confini. E meglio si conoscono, e più ci si abitua a questi confini, meglio si svolge l’attività del restauratore. Siamo degli strani equilibristi in gabbia che hanno scelto ed amano la propria professione
In questo articolo, un pò per gioco e un pò per curiosità, vorrei provare ad elencare una decina di confini con i quali convive ogni giorno chi si occupa di restauro.
1 – Confine etico morale
Si tratta di un confine connaturato con l’essenza del restauro. Costituisce la disciplina stessa del restauro. È attinente alla percezione dell’importanza della storia e della sua testimonianza conservata per i posteri attraverso la materia dell’opera . Comprende un auto limitarsi costante al fine di non prevaricare ciò che di autentico si sia conservato in una data opera d’arte.
2 – Confine normativo
Un confine molto consistente è costituito da tutte quelle norme e regole di tipo legislativo, giuridico e procedurale che indirizzano, normano e regolano ogni attività che si svolga su di un bene sottoposto ad atto di vincolo diretto, indiretto o generico.
3 – confine conservativo
Un confine molto complesso poiché è costituito da una parte ideale e, se vogliamo filosofica, ed una materiale. Fino a che punto è giusto conservare. Qual’è il limite oltre il quale l’atto conservativo snatura l’opera d’arte nella sua essenza?
4 – confine integrativo
Un confine molto semplice in sé, ma che varia con il variare del gusto e delle mode, per tanto; la piccola lacuna si ritocca, ieri a rigatino, oggi con tecnica mimetica, domani chissà , magari con degli “stencil”. La grande lacuna No, non si ritocca, si risolve con un neutro! Si però se si tratta di partitura architettonica, forse no, è meglio integrare ma in quel caso e non nell’altro, mi raccomando . Di fatto un confine mobile al quale ogni restauratore si deve adeguare di volta in volta, di giorno in giorno, da funzionario a funzionario, da regione a regione e così via, come un funambolo, per tutta la propria vita professionale.
5 – confine storico
Un confine complicato quello storico, lo stesso per cui gli oggetti archeologici vanno conservati ma non integrati, mentre via via che ci si avvicina alla contemporaneità i parametri di integrazione variano. Comprende i documenti che ci danno notizie sulle opere e che sono oggetto di conservazione pure loro.
6 – confine artistico
Una specie di cilicio per molti restauratori; quando ritocchi dimenticati di saper dipingere altrimenti potresti imprimere qualche traccia della tua personalità nella lettura dell’opera. Ma se proprio non sai dipingere potresti non interpretare nel modo corretto l’integrazione pittorica e non mettere in luce l’essenza di un opera… Insomma un bel dilemma, ci sono almeno l’ottanta percento delle probabilità di incappare in errore. Ma tanto siamo abituati, non a sbagliare ma a pigliarci tutte le responsabilità possibili.
7 – confine dei materiali compatibili
Questo è facile, ma non per tutti, si tratta di quel confine per cui non tutti i materiali presenti in un dato periodo storico sono utilizzabili per il restauro, ma solo quelli compatibili con l’opera stessa. Ma per sapere cosa è compatibile bisogna saper leggere la materia costituente un opera, i materiali antichi e bisogna conoscere i materiali nuovi e prevedere il loro comportamento nel tempo.
8 – confine economico
Un confine dolente, lo stesso per il quale alcuni proprietari di opere scelgono di lasciarle nell’incuria e nel degrado. Il medesimo confine che, in caso di edifici storici, fa prediligere le ditte edili alle ditte di restauro competenti in materia. Lo stesso confine per cui alle opere più famose è riservato un trattamento accurato e per le opere minori non è neppure possibile prevedere delle minime indagini diagnostiche.
9 – confine burocratico
Bisogna fare molta attenzione a distinguerlo da quello normativo, anche se ad esso è legato. Sono i cavilli le comunicazioni da inviare entro il , i documenti da compilare non oltre il, gli scadenzari dei bilanci delle amministrazioni eccetera, eccetera, eccetera. Un infinità di piccole procedure che potrebbero dilungare la partenza di un lavoro di restauro o il pagamento per la stessa di molto, molto tempo.
10 – confine pregiudiziale
infine il più importante dei confini e se vogliamo dei limiti del restauro è quello pregiudiziale. È l’unico confine non endemico ovvero non deriva dal restauro stesso, ne è esterno ma ne determina, troppo spesso, le sorti. Mi spiego meglio. Il confine pregiudiziale è di chi pensa che un restauro lo si possa affidare a chiunque, di chi pensa che non ci voglia poi tanto a fare il restauratore e ci si mette in prima persona anche se ha sempre fatto il pizzicagnolo. Il confine pregiudiziale è dei progettisti che pensano che conservare sia una iettatura, un inutile perdita di tempo, quelli che prima di chiamare un restauratore passano in rassegna tutte le categorie e i codici ATECO delle camere di commercio. Quelli che quando vedono un lacerto di affresco o l’affiorare di una tomba mentre scavano la massicciata di una strada, corrono come pazzi a nasconderlo, per scongiurare l’arrivo della soprintendenza, distruggendo arte, storia e materia. Poi, nel tempo, quando le vicissitudini professionali gli faranno incontrare un restauratore, non resisteranno alla tentazione di narrare di tutte quelle meraviglie delle quali solo loro sanno, ma che hanno distrutto per “cause di forza maggiore”, e con l’aria di chi la sa lunga provocano l’ulcera al malcapitato restauratore, con la stessa nonchalance con la quale hanno coperto di cemento secoli di storia . Contro questo confine noi restauratori non possiamo fare molto, può e deve la legge.
Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!