Marketing e restauro
Il pensiero di oggi riguarda il marketing del restauro
la nostra epoca contemporanea è fortemente caratterizzata dalle strategie di marketing e dalle conseguenti ricadute economiche sulla società.
Ci si può chiedere cosa mai c’entrerà tutto ciò con il restauro! In realtà il marketing c’entra sempre, ha direttamente a che fare con tutto quel che concerne bisogni, esigenze, prodotti e valori.
Ed è innegabile che il restauro esista perché esiste il bisogno di conservare manufatti. Connesso e conseguente alla soddisfazione di tale bisogno si crea un mercato, per quanto piccolo, con scambio di valori. Per questo motivo il marketing ha a che fare con il restauro, e forse, dovrebbe averci a che fare di più!
I pensieri che hanno indotto le seguenti considerazioni sono proprio dettati dalla strana percezione che esiste, sopratutto in Italia, circa la conservazione, il restauro ed i restauratori.
Il mondo del restauro è percepito, in linea generale, con delle distorsioni, con enfasi eccessive da un lato e minimizzazioni o trascuratezze dall’altro.
E’ così triste pensare che se esistesse una percezione più corretta della conservazione tutto sarebbe più semplice, non si lascerebbero cadere nel degrado i manufatti di pregio, sarebbe normale avere una categoria qualificata di restauratori ed altrettanto normale compensarla.
Ma veniamo ora alle distorsioni che io percepisco
In primo luogo qual’è l’immagine del restauro?
Immagine 1 – la ragazza sorridente, con capello fluente e camice candido che sfiora delicatamente la superficie di un dipinto con un bastoncino cotonato adatto alla pulizia delle orecchie.
Immagine 2 – Il grande evento: campagna mediatica da urlo, slogan roboanti per il ritorno “all’antico splendore” o la “all’origine” di un edificio storico
Immagine 3 – la scuola di restauro; gruppi di fanciulli in camice bianco dotati di sguardo sicuro diretto al futuro. La tecnologia invade la scena, microscopi, occhiali videocamera e molta, molta altra meravigliosa e debordante strumentazione.
Le tre immagini sopra elencate, che sono entrate a pieno titolo nell’immaginario collettivo, quando si parla di restauro, non consentono di vedere oltre. Infatti non è dato comprendere se la ragazza sorridente sia una restauratrice o una semplice comparsa.
E non ci mostra come il grande restauro pubblicizzato sia stato realizzato in tempi fulminei da una squadra di volontari, due classi di studenti e tre ditte edili e per tanto non si possa proprio definire restauro.
E non si evince dall’immagine della scuola se i fervidi giovanotti abbiano la cognizione che i molti denari sborsati da loro e dalle loro famiglie, per quella tecnologica istruzione, non gli garantiranno lavori remunerati e la loro figura professionale sia a rischio di mancato riconoscimento ministeriale.
Tutto questo manca nell’immagine collettiva del restauro, in parole povere manca la realtà!
… e dire che quelle sopra elencate sono le distorsioni in positivo, ma veniamo ora alle distorsioni in negativo o preconoscenze
Preconoscenza 1 – I restauri sono cari. “Punto!” I fondi necessari per conservare un bene sono considerati sempre e comunque troppi. Capita infatti che la stessa amministrazione cittadina, che mette a bilancio centinaia dei migliaia di euro, ogni anno, per tinteggiare le ringhiere e sistemare i cordoli di marciapiedi, si contorca per mesi prima di mettere a bilancio trentamila euro per un restauro o la manutenzione di un bene per il quale è conosciuta in tutto il mondo.
Preconoscenza 2 – Il restauro non è indispensabile. Non lo dico io, lo dicono i numeri! Quando si parla di un bene storico, per quanto importante, il restauro conservativo o peggio la manutenzione, costituiscono sempre l’ultima voce sia in senso cronologico che quantitativo. Se prendiamo ad esempio una qualsiasi gara di appalto pubblico per lavori di restauro e conservazione di un immobile vincolato, troveremo grossomodo la seguente suddivisione delle voci di capitolato: il 50% per lavori edili , il 20% per la messa a norma dell’impiantistica, il 10% per ponteggi ed opere provvisionali, il 10% per forniture varie tipo ascensori o finestre e, infine il rimanente 10% per il restauro, del quale poi si celebrerà la gloria per l’intero manufatto.
Preconoscenza 3 – I restauri si devono adeguare a tempi, modi e costi di altri settori ritenuti trainanti. E’ infatti cosa tutt’altro che insolita, che in un cantiere nelle previsione dei tempi e modalità d’intervento vengano inseriti in fase progettuale, costi, tempi e modi che non appartengono al restauro. Così può accadere che il restauro di un intonaco venga calcolato al prezzo che più si avvicina a quella tal voce di capitolato edile, ed i tempi previsti per la realizzazione saranno quelli di un intonaco nuovo. Da li deriveranno una serie interminabile di intricati problemi tra progettisti, committenza, ditte di restauro e soprintendenze. Situazioni che a loro volta generano la convinzione che: “quando si tratta di restauro è un problema!”
Alla luce dell’analisi dei parametri di percezione sopra elencati, deduciamo che in parte sono prodotti da un marketing gestito e condotto da chi non conosce il settore del restauro, ma in qualche misura ne trae profitto. Ed è alla luce di ciò che penso che il marketing potrebbe essere di enorme utilità per dare la giusta immagine del restauro, nella stessa misura in cui ha dato e diffuso quelle tre immagini all’immaginario collettivo.
Quelle tre immagini iniziali sono sbagliate, potrebbe dire qualcuno. No sono funzionali!
Mi spiego meglio, quelle tre immagini, che fanno sorridere noi restauratori, sono sbagliate o parziali rispetto alla complessa e reale dimensione del restauro, ma sono tagliate giuste giuste per il messaggio che vogliono dare, per il fine che vogliono raggiungere e lo hanno raggiunto, eccome!
Mi vogliano perdonare gli specialisti del settore per le inesattezze, ma trovo che il marketing sia un processo sociale che possa considerarsi neutro nella sua fase iniziale, ovvero non si fa problemi se deve sostenere e diffondere un brand di alta moda, le gomme invernali per i mezzi agricoli o l’operato di una forza politica. L’importante che attorno vi sia un interesse, un business che il marketing andrà a gestire, indirizzare ed ampliare.
E allora perché non utilizzare le tecniche di marketing per una campagna di informazione e diffusione dei valori della conservazione del patrimonio culturale?
Il marketing può contribuire a costruire un settore del restauro, radicato nel territorio con un indotto economico concreto, dedicato e modellato esclusivamente sulla misura della conservazione, restauro e manutenzione. Senza che venga mutuato da settori con i quali ha ben poco a che fare.
Sarebbe così bello se la manutenzione ed il restauro entrassero nel linguaggio comune!
Il restauro e la manutenzione delle opere possiede già un mercato proprio ed esclusivo che per anni è stato distratto ed assorbito da altri settori. Tocca a chi è del settore guidare il marketing nella giusta direzione.
Se troviamo fastidioso che i restauratori siano ridotti a comparse per dare un aura artistica ad un dato intervento.
Se troviamo assurdo si facciano campagne roboanti per celebrare un restauro – evento e si lasci nel degrado il resto del patrimonio
Se troviamo triste che a fronte del businness della formazione del restauro non corrisponda un business del lavoro del restauratore
… Forse tocca a noi. Si proprio a noi poveri, miseri e bistrattati professionisti del settore culturale FAR COMPRENDERE AI MOLTI QUANTO UNA PROFESSIONE DI POCHI SIA UTILE A TUTTI
Dobbiamo trovare un modo, capire quali sono i canali e le vie per far acquisire e diffondere il concetto che il restauro è una professione che può conservare, tutelare e salvare il patrimonio. E lo fa per tutti.
La gioia più grande sarebbe, fra qualche anno, rileggendo le idee espresse in questo scritto trovarle ovvie e superate in quanto date per acquisite
Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo
E io ti auguro di tutto cuore di provare un giorno quella gioia. Lo auguro anche a me, perché vorrebbe dire che l’Italia avrebbe raggiunto un grado di civilizzazione e sviluppo dal quale oggi, purtroppo, siamo ancora troppo lontani.
Che bell’augurio! Grazie Roberta! Pensare che il nostro paese possa finalmente comprendere la ricchezza, che il suo popolo magnanimo e squinternato ha disseminato nei secoli e in ogni angolo, pare un sogno. Ciao
Cara Silvia ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia per commentare questo tuo articolo…
Innanzitutto quando capiremo che I BENI CULTURALI sono il petrolio d’Italia? E non parlo tanto del grande museo… ma anche del piccolo borgo medievale che magari i turisti vanno a visitare per due ore fermandosi a mangiare nell’agriturismo vicino o a comprare il vino del produttore locale nel negozietto ricavato in una casa del ‘300. E’ questa la straordinarietà dell’Italia: questo patrimonio artistico di enorme pregio, diffuso capillarmente sul nostro territorio. Io la qualità di questa architettura tradizionale la vedo ovunque… anche in un pavimento di cotto di una cantina, un pavimento del ‘700 con i mattoni disposti in modo da formare un motivo decorativo, per quanto semplicissimo. O in un acciottolato Ligure a disegni datato 1845, o in un altro rozzo acciottolato del 1825. O nel meraviglioso ponte medievale di Dolceacqua, così bello ed etereo da farne innamorare Monet. Avevano amore per quello che facevano i nostri antenati.
Nella mia concezione, quanto si potrebbe risparmiare con un serio piano di manutenzione ordinaria? E contemporaneamente quanti posti di lavoro si creerebbero per gli artigiani, gli architetti, gli storici dell’arte, gli archeologi, gli insegnanti, le guide turistiche, gli esperti di marketing. E quanti posti di lavoro nell’indotto: ristoranti, alberghi, negozi di souvenir, siti internet, agenzie di eventi (per mostre, rievocazioni storiche, conferenze)? Perché nessuno lo capisce?
Sai quante volte penso: ma a me chi me lo fa fare di passare giorni interi a scrivere post per il mio blog, gratis? Eppure se avrò sensibilizzato anche solo un mio collega, o un proprietario di casa, o un artigiano decoratore io avrò vinto la mia battaglia. Tu e io siamo due gocce nel mare ma l’oceano è fatto di gocce; siamo una palla di neve ma da una palla di neve può partire una valanga.
Grazie Elena, in effetti è un argomento estremamente vasto. Ma le gocce 💦 formano il mare 🌊 e non dobbiamo desistere. Non solo approvo quanto sostieni ma sarei felice che si comprendesse che solo favorendo le professioni dei beni culturali si possono tutelare questi ultimi 😊