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I colori del restauro e le aspettative tradite

Parliamo di restauro di grandi superfici, di ciò che in gergo tecnico è definito superficie decorata dell’architettura, i grandi palazzi, i complessi architettonici, quelli che raggruppati definiscono gli scorci e il panorama cittadino

Certamente sono quelle parti delle nostre città che ne definiscono le caratteristiche estetiche e, come nessun altro manufatto è soggetto alla moda, al gusto del tempo, con infinita duttilità si adegua continuamente alle nuove tendenze di pensiero estetico

Ci troviamo spettatori inermi di fronte al variare epocale dell’aspetto del paesaggio urbano e di volta in volta, di decennio in decennio, di zona in zona assistiamo al viraggio del colore della città dal color biscottino diffuso e depresso, che resiste alla “sporcizia” ed ha un non so che di politically correct , al giallo dilagante, come se una colata di polenta lombarda fosse caduta su interi centri storici e poi ancora, il rosso, che si fregia di nobiltà ma che appare come un sacco di plastica che soffoca interi centri storici e poi che dire degli “architettonici” grigi, quelli che se li scegli non sbagli mai, i non colori che lasciano la parola all’architettura che, se associati allo spigolino a piombo ed alla materia plastica,  ti danno la sensazione che il palazzo sia emerso da un sacco di cemento e che ti chieda per pietà di liberarlo da quella coltre di grigiore.

Questi gli esempi più banali ma, facciamo attenzione, sarebbe un ulteriore errore incolpare o mettere al bando  alcuni colori. Tutti i colori sono belli, se adeguati ai loro contesti ed alle loro superfici, al loro volere progettuale. Il problema vero è la scelta della materia: un rosso veneziano o pompeiano non potrà mai essere imitato dal corrispondente RAL xy contenuto in una colata di plastica resa più ruvida da una spruzzata di polvere di quarzo.

Ma proviamo ora ad indagare quale sia la differenza che intercorre tra la materia originaria dei manufatti o comunque più  consona al restauro e l’aspettative della committenza o più in generale degli spettatori

Purtroppo la distanza esiste, la distanza è ampia, la materia originale dell’architettura storica è trasparente, incostante, imperfetta, perfettamente calzante al manufatto che ricopre ma non più consona alla contemporanea idea di antico e del cacofonico “antico splendore”

Si aggiunga a questo che le nuove materie resinose, plastiche, acriliche sono più facili da utilizzare e danno risultati perfetti e se vogliamo, a prova di cretino. Non servono infatti maestranze specializzate, chiunque maneggi un pennello potrà avere risultati impeccabili con acrilici o silossanici. Mentre anche i più bravi operatori avranno grandi difficoltà a gestire le trasparenze della calce, i variabili assorbimenti dei silicati di potassio o ancora le giunzioni delle tempere e delle velature ad acqua di calce .

Così le materie plastiche hanno praticamente soppiantato la materia autentica dell’architettura,  perché più facili da usare e reperire, ma soprattutto perché esteticamente apprezzate. Ed è questo il problema culturale che pare insormontabile.

Potrebbe riultare banalizzante pensare che certi parametri estetici, molto vicini al nuovo, siano da ricondurre a personaggi distanti dal mondo della cultura o appartenenti a specifici ceti sociali . Non è così! Il gusto del nuovo perfetto, piatto e dagli spigoli a piombo è molto più diffuso di quanto non si possa credere. Trasversalmente condiviso da politici, operai, docenti universitari, architetti e informatici, senza troppi patemi d’animo pensano che più nuovo, sia più bello! Ovvio no?

Mi ritrovo a pormi domande del tipo; tutta questa attenzione per lo storico, l’antico … che senso ha? Che senso ha, se per restaurare un palazzo e soddisfare al contempo le esigenze di committenza, popolo ed economia, ci troviamo a doverlo fare “come nuovo” !

Il senso non c’è, ma ci sono ragioni che è bene conoscere.   Nonostante i corsi e i ricorsi storici, tutta la storia che abbiamo alle spalle, è come se si fosse di fronte a una nuova tendenza di pensiero che ha necessità di trovare e regolare i giusti parametri di giudizio. E forse tocca a noi professionisti dei beni culturali indirizzare e guidare nella giusta direzione, spiegare e mostrare come la materia dell’architettura tradizionale sia la più consona. In parole povere dovremmo adoperarci affinché la materia dell’architettura storica torni di moda!

 

Testi e immaginiSilviaContiRestauroConservativo

Dello strappo

Questo articolo per parlare di ciò che non vorrei trattare e neppure vedere, gli strappi di affresco.

Eppure la materia ha suscitato negli anni, e continua a suscitare, uno smodato interesse. Capita infatti di incontrare  interlocutori che non sanno esattamente nulla di arte o di affreschi ma l’unica vaga percezione che hanno in materia d’arte è che gli affreschi si possono strappare, in qualche misura sanno cos’è uno “strappo” e vorrebbero saperne di più. E ti chiedono come si fa!

In molti anni di professione del restauro è forse la domanda più frequente che mi è stata rivolta, dalle persone più diverse con la formazione culturale più disparata.

Mi sono trovata spesso a chiedermi perché, perché in una materia dove nessuno vuole approfondire nulla vi sia questo spiraglio di esigenza, bisogno, richiesta incessante di nozioni tecniche. Che meraviglia potremmo dire! Finalmente un aspetto del lavoro del restauratore che suscita interesse culturale

E invece  spaventa, vi è qualcosa di diverso, pruriginoso, di vagamente perverso. Credo sia connesso al possesso di qualcosa di irraggiungibile, qualcosa di simile al concetto di trofeo

Eppure basterebbe guardare con attenzione uno strappo d’affresco per comprendere che tale tecnica si dovrebbe dimenticare. Premesso che spesso la tecnica dello strappo è stata utilizzata come ultima ratio al fine di preservare dei dipinti che altrimenti sarebbero scomparsi così come l’immobile sul quale si trovavano.

Ciò detto la principale problematica legata agli strappi di affresco è connessa al loro mutato contesto. Nati per essere parte integrante di una parete interna o esterna di un palazzo nobiliare o di una chiesa, ne narravano i dettami stilistico e simbolici. Per cui un affresco di un palazzo nobile avrà avuto riferimenti simbolici al casato, alle proprietà oppure alle gesta dei proprietari. Così su di una chiesa si sarà narrato del santo protettore o della confraternita a cui apparteneva l’edificio  stesso. Le stesse decorazioni aniconiche avranno avuto in se il gusto ed il pensiero di quel luogo di quel tempo e di quelle genti.

I casi in cui l’affresco strappato è ricollocato in loco, non ha subito quindi decontestualizzazione, ne risulta comunque spesso impoverito

I nostri musei sono ricolmi di strappi di affreschi che hanno perduto il loro contesto e la loro storia e dei quali possiamo leggere etichette del tipo. “.. si presume provenga dall’antica Chiesa di .. oggi distrutta” Testimonianze ormai mute di una storia narrata. Racconti mozzati in lingue sconosciute, troppi elementi mancanti per poter comprendere con precisione il significato.

E li possiamo vedere quegli strappi che, per bene siano stati eseguiti, suscitano sempre la medesima sensazione che si prova osservando degli animali impagliati al museo di scienze naturali. Un manufatto un tempo vivo che oggi manifesta la sua mortifera sussistenza.

Si perché gli affreschi vivono sui muri assorbono la luce, restituiscono forme e colori si illuminano al sole e si rabbuiano di notte. Respirano calce e aria, dalla loro superficie millimetrica traspare una profondità ancor più ampia di quella della muratura su cui insistono, vivono, invecchiano e degradano. Comunque vivono molto più di noi e sono li per raccontarci storie antiche, basta ascoltarli. Strapparli è come ammutolirli e metterli in formalina .

Noi restauratori  proviamo a farli vivere più a lungo ma nel rispetto della loro essenza.

 

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SilviaContiRestauroConservativo

Avviso ai naviganti

Avviso ai naviganti restauratori

Gentili colleghi,  allego di seguito l’avviso per la presentazione della manifestazione d’interesse per i lavori di restauro della torre civica di Lovere

AVVISO DI INTERESSE

… scade il 29.01.2019!!!

Chiunque volesse essere invitato alla gara d’appalto dovrà manifestare il proprio interesse alla stazione appaltante “Comune di Lovere, provincia di Bergamo” solo ed esclusivamente attraverso la Piattaforma SINTEL della Regione Lombardia al seguente link

Procedura cig  7762244662

…Mi auguro di cuore e che vinca chi ama l’arte e vive di restauro

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SilviaContiRestauroConservativo

 

L’idea dei servizi per i Beni Culturali

In questo post vorrei parlare dell’idea, alla quale lavoro da qualche tempo. Mettere a disposizione dei servizi utili a chi lavora nel campo dei beni culturali. Una rete di professionisti che conoscono le problematiche del settore

L’idea parte dalla conoscenza diretta dei problemi che si possono incontrare lavorando nell’ambito professionale dei Beni Culturali, delle molte necessità che possono insorgere per poter lavorare al meglio e delle difficoltà intrinseche alla peculiarità della nostra professione.

    

Così ho unito una rete di professionisti che conoscono il settore e conoscono le problematiche annesse … dalla scarsità di risorse alla difficoltà di spiegare ogni volta le nostre “strane” esigenze

Ci siamo dati dei parametri per essere più efficaci :

Costi preventivati, possibilmente bassi, chiari e soprattutto certi

Niente sorprese, formuleremo un preventivo quindi l’utente potrà accettare o meno il servizio e qualora il servizio fosse complesso e prevedesse variazioni  ne verrà immediatamente ed anticipatamente informato in modo che possa decidere liberamente.

↓ ↓

QUESTA LA PAGINA DEI SERVIZI

Basta visitare la pagina www.silviaconti.it/servizi/ compilare il format e chiedere delucidazioni o preventivi

 

I VOSTRI PROBLEMI SONO ANCHE  NOSTRI, ASSIEME avremo più possibilità di RISOLVERLI

Per quanto mi riguarda ci metto il nome ed anche la faccia  e, come sempre,  farò di tutto per realizzare al meglio questo progetto

SilviaContiRestauroConservativo

La nevrosi del filo a piombo nel restauro

Vi state chiedendo cosa sia mai la nevrosi del filo a piombo?

È una diffusa patologia che colpisce gli organi sensoriali di progettisti ed  operatori in ambito architettonico ed è ben tollerata, anzi auspicabile, sino a che si estrinseca nei casi di progettazione dei grattacieli o delle villette a schiera con cappotto termico in polistirolo espanso. I problemi, anche gravi, insorgono nei casi in cui la patologia si manifesti in ambiti di restauro architettonico. In quel contesto specifico può avere  effetti terribili, ma non per gli operatori che ne sono affetti, bensì per i beni sottoposti alle loro attenzioni!

È quella deviazione per cui ogni superficie dell’architettura, nei suoi rapporti intrinseci di piani e volumi, debba essere perfettamente lineare, ortogonale, parallela o perpendicolare

Linee dritte come saette che uniscono la sommità della copertura sino al piano di calpestio. Fughe prospettiche che paiono lame di coltelli, pareti piatte come lastre di vetro. Ci sono si anche angoli che non siano a novanta gradi, certo che sono ammessi. Quarantacinque, trenta? Ma che siano precisi!

Bene, direte voi, qual’è il problema? L’architettura è fatta da piani e volumi che si intersecano lungo linee parallele e ortogonali tra loro

Vero, ma se guardiamo con attenzione l’architettura storica, anche la più precisa e geometrica come quella di Palladio, ad esempio,

noteremo che le superfici non sono piattissime, gli spigoli non sono vivi, i raccordi tra modanature e sotto squadri non sempre sono a novanta gradi. Tutte le superfici, quelle antiche originali, se le guardate con attenzione, hanno delle minime imperfezioni. Le ampie pareti hanno impercettibili avvallamenti, gli spigoli hanno linee che curvano e si arrotondano anche se minimamente e non era solo per la tecnica o la tecnologia mancante all’epoca, ma era una scelta di gusto e la dobbiamo rispettare.

Ora, se il progettista o l’operatore dell’architettura si trova ad intervenire sulle superfici siano esse di intonaco o stucco di un bene architettonico storico e, per via della sua nevrosi del filo a piombo ci raddrizza ogni imperfezione. Il risultato sarà terribile. La nostra chiesa o il nostro palazzo assumerà l’aspetto di una qualsiasi villetta a schiera dell’hinterland delle nostre città, (fatto salvo la differenza dimensionale)

Ciò che ci fa innamorare dell’architettura storica e che la rende unica rispetto agli edifici contemporanei sono quelle minime imperfezioni delle sue superfici, che nulla tolgono alla grandiosità dell’opera, semmai la rendono unica e irripetibile. Rendere rettilineo tutto quello che si trova, corrisponde a soffocare un bene architettonico, a togliergli respiro, espressione e vita

Oh voi che potete, curate quella mortifera malattia della nevrosi del filo a piombo o nulla della nostra architettura antica si salverà!

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SilviaContiRestauroConservativo

Dettagli – Terracotta 2

Il mondo della terracotta, come già mi è capitato di trattare su questo blog, è molto vasto per cui si rende utile suddividerlo in macro aree al fine di  poterlo comprendere ed indagare al meglio.

Questo secondo articolo sulla terracotta si occuperà di un aspetto apparentemente banale, ma su cui ritengo utile indirizzare l’interesse e l’osservazione  è il decoro modulare dell’architettura, ovviamente in terracotta

Se prestiamo attenzione i dettagli o motivi decorativi modulari nell’architettura in laterizio di terracotta sono veramente molti, possono riguardare porzioni sotto gronda, cornicioni, balconi, portali d’ingresso, pennacchi e comignoli

Tutti elementi decorativi che derivano dalla natura modulare intrinseca al mattone o laterizio in terracotta

È una particolare tecnica decorativa che spesso è la risultante dal semplice posizionamento di una fila di  mattoni in terracotta con un angolazione lievemente ruotata, così da creare un elemento decorativo modulare.

Una tecnica semplice ed economica ma di grande impatto decorativo

Questa tecnica decorativa è molto diffusa nell’edilizia storica e monumentale sino all’archeologia industriale. Copre un arco temporale estremamente vasto, che va dal medioevo alla prima metà del ‘900, ma se indaghiamo con attenzione ne troveremo anche prima e dopo tale periodo

Gli elementi modulari che creano dettagli decorativi, nell’architettura storica tendono ad avere oltre che un allettamento ruotato o angolare dei mattoni, anche degli specifici elementi decorativi, magari semplici e a stampo ma che collocati consequenzialmente assumono un andamento modulare ed un aspetto decorativo imponente. Archetti ciechi, colonne tortili, motivi floreali ed altro ancora

Questa stessa tecnica nell’edilizia ottocentesca o nei capannoni dedicati all’artigianato o all’industria è sfrondata dagli elementi decorativi a stampo, resa essenziale e ancor più economica ma tuttavia molto efficace sotto il profilo estetico

Nell’archeologia industriale si utilizza come base decorativa il semplice mattone da costruzione, variandone l’allettamento

Vediamo alcuni esempi: nell’immagine sotto un balcone i cui motivi decorativi sono disegnati dal posizionamento verticale e orizzontale del mattone e dai vuoti da essi lasciati

Nel seguente decoro sotto gronda abbiamo un posizionamento a 45 gradi longitudinale che crea l’effetto cornicione e 45 gradi orizzontale che crea il decoro della fascia

Chissà quanti ne vedrete ogni giorno di questi decori ed ora ne troverete a bizzeffe , buona ricerca

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SilviaContiRestauroConservativo

 

 

Il dilemma del piccione

In questo articolo vorrei parlare del dilemma del piccione

Chiunque si occupi di restauro dei monumenti sa bene di quel che parlo, ma anche il resto dell’umanità penso possa essersi trovata una qualche volta di fronte alla questione.

Aggirandosi per molte città, basta alzare lo sguardo per scorgere, all’apice dei palazzi e dei  monumenti di interesse storico artistico, una strana selva di punte aguzze che adorna la sommità degli elementi decorativi, come dei minuscoli fili spinati che volgono le loro esili braccia al cielo.

Quelli sono i sistemi anti piccione

Strumenti costruiti con l’ingegnosità bellica difensiva, repellenti e repulsivi, che hanno il fine di non far appoggiare i volatili, i piccioni in particolar modo, sulle piccole sporgenze e sugli elementi aggettanti di sculture e palazzi.

Non me ne vogliano le ditte produttrici di questi minuscoli strumenti bellici, ma quando vedo i palazzi decorati da queste curiose metalliche capigliature a spazzola, mi vien da pensare che preferirei vedervi un piccione appollaiato!

Così il dilemma: se sia meglio un piccione appollaiato o l’architettura “spinosa” si risolve nell’evidenza del peso estetico di questa seconda opzione.

Penso che questi strumenti inficino la percezione, la corretta lettura architettonica delle facciate, sopratutto quando sono tanti e costanti su ogni minima sporgenza architettonica. Inoltre accade di vedere questi strumenti posti anche sugli elementi di rilievo scultoreo, magari non restaurati, ma ricoperti di queste punte fissate in ogni anfratto. Ovviamente con della resina epossidica bi-componente che, come tutti sanno, brilla per reversibilità!

Infine se posso aggiungere una nota di esperienza personale, quando mi è capitato di rimuovere, in occasione di restauro, questi strumenti ormai vetusti erano un ricettacolo di sporcizia, piume e guano, alla faccia di chi pensava potessero essere un deterrente.

In fondo i piccioni hanno la caratteristica  di essere quei volatili che maggiormente si sono adattati alla vita sociale dell’uomo e per questo li odiamo. Lanciandomi in uno psicologismo da quattro soldi, mi viene da pensare che sia  perché sono lo specchio della nostra umanità cittadina.

Del resto, lo so bene cosa accade quando si sale su di un campanile, pensando di osservare le caratteristiche degli intonaci della cella campanaria … non è un piacere trovarsi in un mare di concime.

Eppure continuo a pensare che tutto questo sarebbe risolvibile mettendo al centro la manutenzione. Spendendo quattro soldi, ogni anno con cadenza regolare, per mandare una ditta di restauro con una cesta a rimuovere i depositi superficiali incoerenti. Un lavoro di due giorni ogni anno … ce la possiamo fa?

 Che dite?

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

Messa in sicurezza – Securing

In alcuni casi non è possibile mettere a punto e realizzare il miglior intervento di restauro possibile. Questo accade spesso, più di quanto si possa immaginare, per le più disparate motivazioni, economiche, burocratiche, normative, etc.

In questi casi risulta utile effettuare una messa in sicurezza degli elementi decorativi a rischio di caduta.

Si tratta in sostanza di una prima fase di consolidamento, che può riguardare intonaci, affreschi, elementi scultorei o lapidei.

Una serie di operazioni atte a consentire al manufatto storico di mantenere uno stato di conservazione accettabile.  Una sorta di “restauro liofilizzato ” che comunque deve seguire i procedimenti ed i parametri stessi del restauro conservativo. Affinché vi sia il tempo per mettere a punto un progetto più ampio, con i fondi necessari, per la realizzazione di un restauro conservativo completo.

 

La messa in sicurezza non mostra risultati apprezzabili sotto il profilo estetico ma garantisce di allungare la vita ai manufatti storici.

 

 

 

 

 

Testi e immagini Dott.ssa Silvia Conti©Restauro Conservativo

In some cases it is not possible to make the best restoration possible.This is often, more than you can imagine, for the most varied reasons, economic, bureaucratic, normative, etc.

In these cases, it is useful to ensure the decorative elements at risk of falling.

A first stage of consolidation, which may concern plaster, fresco, sculptural or stone elements.

A series of operations to allow the historic artifact to maintain an acceptable state of conservation

Waiting for a larger project to  complete conservation restoration.

Securing, does not show remarkable aesthetic results, but guarantees to extend the life of historic artifacts

Restoration yard

Restoration yard with cherry tree … what else!

Cantiere di restauro con albero di ciliegie

Elementi di portfolio