Natale per i cattolici, Channuka per gli ebrei: più o meno corrispondono. Corrispondono al solstizio d’inverno quando la luce del sole raggiunge il punto più basso e da lì riprende a crescere, una nuova era, una nuova luce e nuova speranza, ogni anno. Così ci si ritrova avvolti da una coltre di irreale misticità. Diviene più spontaneo, quasi necessario rivolgersi ad un entità superiore, al proprio Dio, rivolgere il proprio pensiero per chi soffre e rivolgerlo a se stessi. Diviene lecito chiedere e persino sognare … Ed è uno dei pochi momenti dell’anno in cui gli adulti se lo possono permettere!
E, per restare in linea con le tematiche del blog, dove ci si occupa di restauro … cosa sogna un restauratore, cosa un estimatore del restauro
Il restauratore sogna certo di riuscire a consegnare il lavoro per Natale, delle nuove spatole a foglia d’ulivo forgiate a mano e, il più intrepido una nuova auto … per caricarci un intero cantiere!
Un amante dell’arte ed estimatore del restauro sogna di poter viaggiare e vedere altre opere e altre nuove città
Ognuno di noi sogna nuovi interventi di recupero del patrimonio storico artistico
Quindi il mio augurio:
Che vi sia Nuova e più profonda coscienza civile nella conservazione dei Beni Culturali e nuovi importanti restauri per tutti, per chi li esegue, per chi se li godrà … un desiderio a scelta per chi ha altro per la testa!
Tra i mille impegni qualche volta amo lasciare spazio ai pensieri inutili e mi diverto a divagare, così mi sono chiesta cosa fosse cambiato nel mio atteggiamento nei confronti del lavoro e dell’arte in genere
Direi che la sostanza è rimasta la medesima ma molto, molto altro è cambiato, forse perché l’attività di restauro, se svolta con coscienza ha molto da insegnare
Ho provato a raccogliere dieci insegnamenti che il restauro ha lasciato dentro me, incisi a fuoco
1 Un’opera d’arte possiede un valore intrinseco ed un valore affettivo. Le opere amate da un proprio gruppo di amatori o fedeli, anche se sono poca cosa di fronte ad altre opere grandiose e dalla grande fortuna critica, hanno un valore aggiunto particolare e difficile da descrivere. Ma quando ci lavori senti di doverle rispettare ancor più
2 I luoghi del restauro restano dentro di te, anche dopo anni, se cerchi con attenzione, puoi trovare piccole tracce dei sentimenti che quel lavoro ti aveva suscitato, propio come fossero vecchi amici che non vedi da anni ma ai quali si pensa con piacere
3 Il restauro ti insegna ad approfondire e pazientare. A vedere oltre, aspettare e poi di nuovo analizzare. Per vedere cosa potrebbe esserci sotto, cosa dietro. Intuire una forma celata, un colore antico, un’abbozzo, una pennellata.
4 Il restauro insegna ad ascoltare. E chi sa ascoltare i muri, può ascoltare tutti, ma proprio tutti! Così è normale mettersi in ascolto della storia passata in un palazzo, un tempio, una chiesa, chiedere agli intonaci quale è la loro vera e più autentica finitura: ” Ma tu in origine … Eri liscio e lucido o ruvido è opaco? … e il colore, che colore avevi??”
5 Il restauro ti insegna che le persone cambiano, qualche volta cambiano in peggio e qualche volta in meglio, unica certezza è che le persone cambieranno nella direzione esattamente opposta a quella che ti aspettavi!
6 Il restauro insegna l’umiltà. Sarà la polvere, sarà che siamo sempre gli ultimi, eppure il restauro ti insegna che hai sempre e continuamente da imparare. Il suo mondo impervio insegna ad ascoltare pazientemente lezioni da chi sa molto meno di te. Insegna a fare i conti con le ingiustizie ad utilizzare forza e intelligenza per districare le matasse più ingarbugliate a resistere e sorridere, sempre.
7 Il restauro insegna la relatività; le tue previsioni saranno quasi sempre sbagliate. Riguardo a persone, politica ed istituzioni; le persone, i clienti o i soggetti giuridici che pensi ti apprezzeranno sempre, sono in realtà pronti a rimpiazzarti al primo soffio di vento. In compenso tutti quei soggetti a cui elargisci un preventivo fatto di malavoglia nei ritagli di tempo, perché diciamolo, ti paiono un poco squinternati o del tutto improbabili, saranno coloro i quali ti daranno grandi soddisfazioni
8 Il restauro insegna che molto si può conservare, a quasi tutto si può porre rimedio, tranne all’ignoranza
9 Il restauro insegna che l’invidia professionale è il più crudele ostacolo che potrai incontrare nella tua carriera … e lo incontrerai per certo!
10 Le più belle soddisfazioni del restauro possono anche non corrispondere ai restauri più “importanti”. Molto dipende dalle persone che hai attorno, dal clima, da quanto hai potuto imparare e quanto restituire all’opera di cui ti sei occupato
e voi quali insegnamenti avete tratto dalla vostra attività professionale!
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/11/IMG_4809-e1574609951796.jpeg22743032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-11-24 16:51:312019-11-26 08:03:18Gli Insegnamenti del restauro - il decalogo
In questo articolo vorrei parlare di una tipologia di restauratore che si annida in cantieri di restauro e ama renderli, semmai possibile, più polverosi che mai. È lui, il sabbiatore seriale!
Della serie i tipi strani che si possono incontrare nei cantieri di restauro, non poteva certo mancare il sabbiatore, ci potrei giurare che circa l’ottanta percento dei colleghi lo ha incontrato e ne è rimasto “segnato”!!
Può essere che qualcuno non lo abbia notato, a primo acchito pare un collega come altri ma in realtà è affetto da una rara patologia, che lo induce a pensare che ogni problema possa emergere … sia risolvibile con l’uso della sabbiatrice.
Solitamente a questo raro tipo di patologia professionale sono maggiormente soggetti i restauratori di sesso maschile ma, per riflesso, affligge chiunque ci abbia a che fare in via diretta o indiretta o sia anche solo costretto a coabitare con il soggetto in questione.
L’importante e saperlo riconoscere per contenere la furia destruente! Temete di non saperlo riconoscere?
Ecco Il decalogo
1 Il sabbiatore seriale pare un restauratore normale ma non è così!
2 Il sabbiatore seriale ha sempre con se gli strumenti del mestiere, se vi chiedete cosa ci faccia una micro sabbiatrice in un cantiere dove non è prevista … siete sulle tracce del misfatto!
3 Il sabbiatore seriale attende pazientemente la prima occasione utile per proporre una sabbiatura, può proporla per pulire la pietra, il ponteggio, le scale di accesso, le mani sporche, l’intonaco, gli affreschi e … se non lo fermerete potrebbe provare anche sui dipinti su tavola
4 Il sabbiatore seriale non disdegnerebbe di sostituire la doccia con una pioggia di sabbia sottile!
5 Quando proverete a spiegare al sabbiatore che la sabbiatura non è propriamente compatibile con il concetto conservativo di restauro, si mostrerà prodigo di spiegazioni e dettagli e vi farà notare che lui non è come gli altri, uno bravo come lui non lo avete ancora incontrato. Dotato di una mano raffinata e precisa, ha la certezza di non provocare alcun danno
6 Il sabbiatore seriale è spesso dotato di una certa esperienza professionale, pare tranquillo e ragionevole. Ma non appena si trova al riparo da occhi indiscreti, sceglie la vittima designata, sfodera l’arma letale e colpisce. Il giorno seguente potrete trovare polverose tracce del misfatto e, seguendo le tracce, troverete una pietra a qualche altro oggetto miseramente inaridito dalla sabbiatura
7 Il sabbiatore seriale è un guru della tecnica sceglie accuratamente le sabbie come uno chef sceglie gli ingredienti per una pietanza alla moda… Sabbia del deserto australiano , ossido di alluminio, sabbia e acqua, e via, via, fino alle scorie organiche di pannocchie tritate, per i palati più esigenti
8 Il sabbiatore seriale conosce la sabbiatrice come un appassionato di corse conosce il motore della propria automobile e grazie a questa sua passione, quell’attrezzo infernale… non s’inceppa mai! Per cui abbandonate l’idea che intervenga un problema tecnico a salvarvi
9 Il sabbiatore seriale stanco ma appagato, dopo aver sabbiato qualche povero oggetto indifeso, abbandona il cantiere in condizioni pietose. I fortunelli che lavorano con lui si trovano a dover rimuovere montagne di polveri e contemporaneamente a rabbonire il sagrestano inferocito. Spesso il sabbiatore da anche consigli improbabili sul riuso dell’inerte annidatosi ovunque durante la sabbiatura
10 Il sabbiatore seriale è affetto da una grave dipendenza … aiuta un sabbiatore a smettere di sabbiare, aiuterai un restauratore e salverai il patrimonio culturale
Conoscete altri dettagli utili a riconoscere un sabbiatore seriale, scriveteli nei commenti che verranno aggiunti ai punti elencati
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/11/IMG_4803.jpeg7393024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-11-03 12:28:382019-11-04 20:16:33Il sabbiatore seriale - Il Decalogo
In questo articolo vorrei parlare di un caso atipico sotto il profilo delle tecniche di conservazione.
Premesso che la storia del restauro si è costituita attraverso una moltitudine di prove e tentativi più o meno empirici.
Per una sorta di legge della selezione naturale, i tentativi falliti restano nel dimenticatoio mentre quelli riusciti si trasformano in tecniche di restauro … ecco questo caso è insolito perché ben riuscito ma assai poco diffuso!
Un caso strano di strappo di affresco rivoltato e fissato su di un supporto metallico
Tempo fa scrivevo della mia avversione agli strappi e nel profondo dei miei pensieri resto contraria a tale pratica, capace di decontestualizzare l’opera, come un colpo di spugna o un’amnesia crudele! Tale da far perdere in un baleno parte della storia di un’opera, memoria della collocazione e delle ragioni, seppur ipotetiche, che possano aver indotto pittore e competenza a realizzarla.
Eppure, come spesso accade, mi ritrovo a causa di forza maggiore ad approfondire l’argomento detestato, trovandomi dinanzi un caso particolarissimo.
Si tratta di uno strappo di affresco rivoltato su di un supporto in lamina metallica. La tecnica esecutiva è subito apparsa tanto insolita quanto straordinariamente affascinante.
Supporto in lamiera metallica
Lo strappo appare ben fatto ha asportato la superficie pittorica e circa tre millimetri di intonaco. L’adesivo utilizzato per far aderire lo strappo al supporto è un mix di colle animali, sottilissimo, quasi privo di corpo, ma straordinariamente efficace. Non si è persa la morfologia superficiale dell’intonaco e, salvo alcuni distacchi localizzati mantiene un grado di adesione al supporto straordinario
Il dipinto è collocato in esterno e, nonostante le intemperie e le ridipinture si è conservato molto bene. Non vi è certezza sulla provenienza ma io propendo per l’ipotesi di uno strappo effettuato in un vicino convento di clausura. Lo strappo potrebbe risalire alla fine dell’ottocento
Dalle immagini a luce radente si possono notare le imperfezioni dell’intonaco conservate dallo strappo ed una piegatura dello strappo, da ricondursi ad una fase di lavorazione transitoria
Dipinto prima e dopo il restauro
Avete raccolto altre esperienze di affreschi ricollocati con tecniche insolite? Scrivetelo nei commenti
Testi e immagini
Silvia ContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/10/IMG_3623.jpeg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-10-14 10:50:012019-10-15 11:10:49Un caso strano
In questo articolo vorrei parlare dei ponteggi, della loro storia e del rapporto, stretto ma non sempre idilliaco, tra i restauratori e le opere provvisionali
Chiunque si occupi di restauro e, non specificamente nelle categorie “da laboratorio”. si troverà prima o poi coinvolto nel complesso rapporto di odio ed amore con il ponteggio.
Il ponteggio costituisce quella complessa forma provvisoria di elementi modulari che consentono di raggiungere l’opera d’arte ed eseguirne il restauro.
Si suddividono grossomodo in due tipologie quelli che avvolgono e racchiudono l’opera d’arte, come nel caso di facciate esterne o monumenti. E quelli che ne sono contenuti come nelle volte delle chiese
Il sentimento di insofferenza che viene maturato dai restauratori nei confronti del ponteggio è presto descritto; Difficilmente il ponteggio, studiato per l’edilizia, risponde alle esigenze del restauro per cui diviene scomodo e faticoso. Nonostante le accurate e cavillose normative è spesso pericoloso e, delle “zuccate” che ogni operatore del settore ha sentito risuonare nella propria testa … si è da tempo perduto il conto!
Ma parliamo ora dell’aspetto amoroso! La parte affascinante, che fa scattare la scintilla d’amore sta in quella specifica caratteristica che consente di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili e nel contempo crea delle nuove, illusorie, temporanee quanto improbabili ambientazioni! Viste mozzafiato e anfratti magici. In buona sostanza diviene ciò che quasi tutti i bambini hanno sognato almeno una volta nella vita, la casa sull’albero! Esclusiva e inaccessibile! E per ogni restauratore il ponteggio costituisce il suo personalissimo insediamento strategico!
Il concetto che noi abbiamo ora acquisito di ponteggio è parecchio dissimile da quello diffuso nei secoli passati, ma in realtà sino a pochi decenni addietro. Il ponteggio esiste da che esiste l’architettura, certo non nell’accezione moderna. Nell’antichità era spesso costituito da un castello ligneo su piccole ruote piene, anch’esse lignee o di pietra.
Semplici quanto incredibili sistemi di leve e corde erano utilizzate per issare i grandi conci che costituiscono i templi
Per secoli il ponteggio è stato un’impalcato ligneo costruito e fissato nelle giunzioni con chiodi e corde e soprattutto infisso nel muro in quelle che in gergo tecnico si chiamano “buche pontaie” che possiamo tranquillamente individuare in molti degli edifici storici che ci circondano
dentro a questi alloggiamenti che poi sono destinati ad essere ricoperti e mascherati dall’intonaco, venivano infissi i travi orizzontali, mentre quelli verticali poggiavano a terra. Struttura principale sulla quale si reggeva l’intero impalcato di assi e collegamenti
(si veda questo esempio di ponteggio settecentesco in questa stampa, in vendita dalle casa d’aste Pandolfini )
Tutt’oggi nei paesi nordafricani e africani si eseguono ponteggi con elementi lignei che vengono fissati agli incroci con corde bagnate, che grazie al clima molto caldo e secco si essiccano rapidamente stringendo saldamente il legname
(Ponteggio Egiziano contemporaneo)
I nostri ponteggi, quelli che pensiamo siano sempre esistiti, nascono da un’idea dell’Ing. Ferdinando Innocenti , brevettata nel 1935, che ebbe la grandiosa intuizione di studiare un giunto mobile per fissare i tubi della ditta Dalmine, che detto per inciso, fino a quel momento servivano solo per incanalare e trasportare fluidi. Da questa idea nacque la più flessibile e geniale modalità di costruzione di impalcati temporanei, versatili e resistenti. Tutt’oggi insuperata
Da lì nasce il nostro ponteggio detto giunto-tubo, il resto sono evoluzioni dell’idea primordiale come il ponteggio fisso prefabbricato a “cavallette” comunque compatibile con il sistema giunto tubo, piccole intuizioni, limature e aggiustamenti, soprattutto normativi.
Anche il versante normativo che … tranquilli, non intendo trattare in questa sede, sotto il profilo storico evolutivo riserva molte sorprese. Il primo vero impulso per la normativa in materia di sicurezza e quindi di ponteggi, arriva con l’applicazione del Trattato di Roma del 25 marzo 1957. che, manco a dirlo, in Italia trova la sua attuazione, con tutta calma, nella prima vera normativa del 12 giugno 1989 nella la famosa legge n. 89/391/CEE, seguita dall’altrettanto nota legge 626 del 1994
Proviamo a pensare per esemplificare che, sino a quella prima normativa del 1989, il posizionamento di scale tra un piano e l’altro era del tutto inusuale e non specificamente imposto da nessuna normativa. Per cui sino al 1989 il passaggio da un piano all’altro del ponteggio poteva essere effettuato si mediante scale, ma solo per i cantieri più sofisticati. Per la maggior parte era fatto mediante arrampicata libera, cosa che oggi è del tutto impensabile .
Anche i piani o impalcati non erano in lamiera regolare come oggi siamo abituati a vedere, bensì di tavole lignee che spesso si differenziavano tra loro per lunghezza e spessore che non era strettamente necessario legare o fissare in alcun modo e, sino all’affermarsi della normativa 626, furono largamente utilizzati i pannelli multistrato da cassaforma
Chi tra i restauratori ha maturato qualche anno di esperienza potrà certo ricordare improbabili e tremebonde strutture chiamate impropriamente ponteggio e diffuse in tutta la seconda metà del ‘900, quelli per cui era necessario accomandarsi a tutti i Santi del Paradiso nonché agli Dei dell’Olimpo per mantenere salva la pelle. E coloro i quali sono sopravvissuti ai ponteggi degli anni 70 e 80 del ‘900 è fondato pensare che siano dotati di segreti poteri , dei super poteri!
Testi e immagini (tranne la stampa di Pandolfini)
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/09/IMG_5138.jpeg37762832Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-09-11 15:21:122019-09-12 14:04:44Storia di un amore primordiale, restauratori e ponteggi
In questo articolo vorrei parlare di uno dei simboli che popolano le raffigurazioni artistiche, il nodo Gordiano
È un elemento di estremo interesse, che spesso, proprio per le sue caratteristiche estetiche, si maschera tra gli apparati decorativi di contorno, quasi fosse un motivo ricorrente, come tanti altri.
In realtà il nodo di Gordio ha una storia antichissima e dei significati profondi che, a seconda dei periodi storici, hanno assunto specifiche inclinazioni semiotiche. Per questo quando ne vediamo alcuni nelle raffigurazioni è utile pensare al contesto storico e sociale e provare a capirne il significato profondo. I simboli che permeano le opere d’arte costituiscono un universo parallelo di messaggi più o meno reconditi
Iniziando dalla mitologia, Gordio era un Re della Frigia, ma prima di essere re, la leggenda vuole che fosse un contadino a cui Zeus, sotto forma di oracolo di Sabazio, posandosi sul suo aratro nelle forme di un’aquila diede un segno (segnale). Lo stesso Oracolo anni dopo, indicò alla città rimasta sguarnita di Re di eleggere il primo uomo che accedesse al tempio con un carro. Gordio arrivò con il carro e fu Re!
Fondò una città con il suo nome. Il suo carro rimase legato all’acropoli con un nodo impossibile da districare. Tant’è che il mito dice che chiunque fosse riuscito a sciogliere tale nodo sarebbe divenuto dominatore dell’Asia. Tutti sanno che vi riuscì Alessandro Magno nel 333 a.c. che risolse il problema recidendo nettamente con la spada l’indistricabile nodo di Gordio.
Il nodo Gordiano, come accennato sopra, assume nel tempo significati diversi seppur tutti vicini al concetto primordiale di legame. Inizialmente il nodo indistricabile viene declinato nella raffigurazione della situazione irrisolvibile, se non in modo cruento e deciso come un colpo di spada.
Ma è facile pensare a come il nodo indistricabile di Gordio abbia assunto significati di unione indissolubile, di forza e resistenza. Utilizzato da re e potenti, da corporazioni, religioni sino alle confraternite e perfettamente calzante alla simbologia massonica di tutti i tempi.
Lo troviamo come espressione simbolica di ogni cultura, in ogni latitudine; dai Greci ai Celti, dall’oriente all’occidente
Il nodo Gordiano varia nel tempo anche dal punto di vista della raffigurazione partendo dal più semplice trilobato, che ricorda i brezen, sino a quelli multipli e più complessi
Così quando capita di osservare un’opera d’arte che sia essa una partitura decorativa a fresco, un mosaico, una scultura o una stampa e scorgete un decoro annodato come il nodo Gordiano, proviamo a pensare al contesto, ai committenti, oppure all’artista, alla confraternita che eventualmente lo sosteneva e forse avrete qualche indizio utile per ricostruire dei significati che i simboli ci mettono davanti agli occhi ma in modo che vengano compresi solo da coloro i quali avranno gli strumenti per comprenderne il significato recondito.
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/09/IMG_0567.jpg6342076Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-09-02 09:35:592019-09-04 07:22:27I simboli nell'arte - Il nodo Gordiano
In questo articolo vorrei parlare di una anomala tipologia di soggetti che poco o nulla hanno che fare con il restauro ma ne sono ossessionati; lo amano, lo adorano, lo agognano e, nonostante il tempo che passano ad occuparsene … non sanno esattamente cosa sia!
… ma non importa loro parlano di restauro, emettono teorie e dogmi sul restauro, sono protagonisti di video e interviste sul restauro, promuovono il restauro e purtroppo, qualche volta riescono anche a farlo … e qui cascano gli asini, i santi e le mandibole degli astanti!
Più o meno a tutti coloro i quali hanno a che fare con il mondo dell’arte e dei beni culturali è capitato di incontrarne, solitamente suscitano qualche sorriso di simpatia agli addetti ai lavori che, a loro volta, non comprendono appieno le potenzialità dei soggetti in questione
Vorrei delinearne il ritratto perché spesso, sotto le mentite spoglie di appassionati di restauro, anche loro malgrado costituiscono un potenziale pericolo per il patrimonio e … imparare a riconoscerli è il primo e più importante antidoto
L’ossessionato del restauro si presenta come un gioioso invasato che non appena vede dei lavori in corso comincia a ronzare nei dintorni, attratto come un ape dal miele, si insinua nei cantieri, si arrampica sulle recinzioni sino a giungere al lavoratore di turno, meglio se restauratore e vi si presenta, non con il proprio nome ma con frasi del tipo: “anche io sono esperto di restauro!”
La qualifica di esperto o appassionato di restauro arriva prima dell’identità e questo deve far suonare il primo campanello d’allarme!
L’ossessionato dal restauro non è intenzionato ad approfondire la materia, comprenderne le ragioni ed acquisirne le tecniche, assolutamente no, è perdita di tempo per somari del restauro. L’ossessionato del restauro preferisce carpire qua e la qualche termine tecnico e passare direttamente all’insegnamento! E potersi ergere ad insegnare ai professionisti, “beccandoli” in loro presunte manchevolezze, costituisce per lui il sommo godimento
Chi insegna il restauro senza essere un professionista del settore fa squillare il secondo campanello d’allarme!
Invocando una banale psicologia da quattro soldi possiamo notare che l’ossessionato del restauro è alla ricerca di una “legittimazione” e la cerca avvicinandosi e creando contatti con i professionisti del settore. Una volta che riterrà di averla ottenuta, procederà a mettere mani in ambito del restauro, senza coinvolgere minimamente i professionisti che in un primo tempo aveva stalkerizzato. Così nascono la maggior parte dei tremebondi “self made man and woman” della nostra professione, ai quali dobbiamo aggiungere gli ossessionati tecnici…
Già i tecnici … qualora, per accanimento divino, uno di questi ossessionati dovesse essere un tecnico tipo architetto, geometra o ingegnere, il dilagare dei lavori eseguiti da non addetti ai lavori potrebbe divenire esplosivo.
Poiché l’unica finalità dell’ossessionato del restauro è mettersi in mostra attraverso il restauro e … avere contatti con professionisti, capirete bene che potrebbe significare perdere l’agognata gloria. Così preferisce avvalersi di improvvisati quanto lui!
...Ecco quando un tecnico è anche invasato del restauro suona il terzo camp… anzi no rizzate le orecchie, tendete le vibrisse e … datevi a gambe!!
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/08/IMG_3891.jpeg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-08-23 15:20:412019-08-23 15:20:41L'ossessione del restauro
Parliamo di restauro di grandi superfici, di ciò che in gergo tecnico è definito superficie decorata dell’architettura, i grandi palazzi, i complessi architettonici, quelli che raggruppati definiscono gli scorci e il panorama cittadino
Certamente sono quelle parti delle nostre città che ne definiscono le caratteristiche estetiche e, come nessun altro manufatto è soggetto alla moda, al gusto del tempo,con infinita duttilità si adegua continuamente alle nuove tendenze di pensiero estetico
Ci troviamo spettatori inermi di fronte al variare epocale dell’aspetto del paesaggio urbano e di volta in volta, di decennio in decennio, di zona in zona assistiamo al viraggio del colore della città dal color biscottino diffuso e depresso, che resiste alla “sporcizia” ed ha un non so che di politically correct , al giallo dilagante, come se una colata di polenta lombarda fosse caduta su interi centri storici e poi ancora, il rosso, che si fregia di nobiltà ma che appare come un sacco di plastica che soffoca interi centri storici e poi che dire degli “architettonici” grigi, quelli che se li scegli non sbagli mai, i non colori che lasciano la parola all’architettura che, se associati allo spigolino a piombo ed alla materia plastica, ti danno la sensazione che il palazzo sia emerso da un sacco di cemento e che ti chieda per pietà di liberarlo da quella coltre di grigiore.
Questi gli esempi più banali ma, facciamo attenzione, sarebbe un ulteriore errore incolpare o mettere al bando alcuni colori. Tutti i colori sono belli, se adeguati ai loro contesti ed alle loro superfici, al loro volere progettuale.Il problema vero è la scelta della materia: un rosso veneziano o pompeiano non potrà mai essere imitato dal corrispondente RAL xy contenuto in una colata di plastica resa più ruvida da una spruzzata di polvere di quarzo.
Ma proviamo ora ad indagare quale sia la differenza che intercorre tra la materia originaria dei manufatti o comunque più consona al restauro e l’aspettative della committenza o più in generale degli spettatori
Purtroppo la distanza esiste, la distanza è ampia, la materia originale dell’architettura storica è trasparente, incostante, imperfetta, perfettamente calzante al manufatto che ricopre ma non più consona alla contemporanea idea di antico e del cacofonico “antico splendore”
Si aggiunga a questo che le nuove materie resinose, plastiche, acriliche sono più facili da utilizzare e danno risultati perfetti e se vogliamo, a prova di cretino. Non servono infatti maestranze specializzate, chiunque maneggi un pennello potrà avere risultati impeccabili con acrilici o silossanici. Mentre anche i più bravi operatori avranno grandi difficoltà a gestire le trasparenze della calce, i variabili assorbimenti dei silicati di potassio o ancora le giunzioni delle tempere e delle velature ad acqua di calce .
Così le materie plastiche hanno praticamente soppiantato la materia autentica dell’architettura, perché più facili da usare e reperire, ma soprattutto perché esteticamente apprezzate. Ed è questo il problema culturale che pare insormontabile.
Potrebbe riultare banalizzante pensare che certi parametri estetici, molto vicini al nuovo, siano da ricondurre a personaggi distanti dal mondo della cultura o appartenenti a specifici ceti sociali . Non è così! Il gusto del nuovo perfetto, piatto e dagli spigoli a piombo è molto più diffuso di quanto non si possa credere. Trasversalmente condiviso da politici, operai, docenti universitari, architetti e informatici, senza troppi patemi d’animo pensano che più nuovo, sia più bello! Ovvio no?
Mi ritrovo a pormi domande del tipo; tutta questa attenzione per lo storico, l’antico … che senso ha? Che senso ha, se per restaurare un palazzo e soddisfare al contempo le esigenze di committenza, popolo ed economia, ci troviamo a doverlo fare “come nuovo” !
Il senso non c’è, ma ci sono ragioni che è bene conoscere. Nonostante i corsi e i ricorsi storici, tutta la storia che abbiamo alle spalle, è come se si fosse di fronte a una nuova tendenza di pensiero che ha necessità di trovare e regolare i giusti parametri di giudizio. E forse tocca a noi professionisti dei beni culturali indirizzare e guidare nella giusta direzione, spiegare e mostrare come la materia dell’architettura tradizionale sia la più consona. In parole povere dovremmo adoperarci affinché la materia dell’architettura storica torni di moda!
Testi e immaginiSilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/07/IMG_9914.jpg40323024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-07-28 11:29:032019-07-28 11:53:49I colori del restauro e le aspettative tradite
In questo articolo vorrei ripercorrere a volo di gabbiano, alcuni pensieri in merito alla qualifica dei restauratori
… e che barba, diranno i più raffinati di voi!
Già il tema si sta facendo tanto noioso quanto ingarbugliato. Ma purtroppo è opportuno dedicarvi altro tempo ed energie.
Servirà? probabilmente no, ma lo scrivo lo stesso!
Il primo dato di fatto è che l’elenco finalmente esiste! Si certo ha l’aspetto formale dell’elenco dei partecipanti alle gare dell’oratorio, ma intanto esiste. E non è stato facile ottenerlo!
L’obiettivo è che questo primo frammento, questo elenco deve diventare un albo e non solo perché è giusto e sacrosanto che questo accada ma altresì perché è doveroso! Solo l’iscrizione ad un albo potrà certificare caratteristiche professionali, che ad oggi sono ancora difficilmente comprovabili e garantire maggiore correttezza deontologica
L’arroccamento sta nelle istituzioni che hanno altro a cui pensare e ancor più nelle lamentazioni e le litanie di chi ha più titolo di altri, di chi è più nobile degli altri, di chi è più unico, di chi deve arrivare prima magari calpestando gli altri perché diciamolo è nella natura delle cose! È naturale che una lumaca si mangi una foglia d’insalata, così è, tanto basta! Se sei nato foglia d’insalata che ci possiamo fare!
Ebbene vorrei ricordare che l’appartenere ad un elenco, e si spera in futuro ad un albo, non significa affatto essere uniformati all’improbabile collega self made man che ha risalito la china, anzi i ponteggi, a suon di spintoni, furberie e meschinità. Tranquilli non è così, la nobiltà se esiste, verrà riconosciuta.
L’elenco o l’albo stabilisce i requisiti minimi per poter essere difinito professionista in quella data materia. Così come nello stesso albo degli architetti vi troviamo iscritti, per numeri progressivi, il neo laureato accanto all’archi-star. E credo non sia mai capitato di sentire Gae Aulenti lamentarsi perché si trovava nello stesso elenco di coloro i quali passano le loro squallide giornate ad aggiornare le particelle catastali del paesello sperduto… Sarà che mai nessuno ha pensato di affidare il grande progetto a questi ultimi
E ancora nell’albo degli avvocati vi troveremo il povero eterno stagista di seguito al facoltoso giurista. E vi assicuro in pochi confondono il principe del foro con l’avvocato che riordina i faldoni nel suo studio.
Nel caso dei restauratori possiamo stare tranquilli, o noi che temiamo che un’orda di improvvisati ci rubi la scena e ci strappi il succulento boccone dalle fauci. Vabbè succulento … di un cracker senza sale si tratta!
L’albo dovrà essere un punto di partenza, un parametro al di sotto del quale non esistono i requisiti e non si può esercitare la professione. Semplice no? Un solo limite, quello verso il basso e nessun limite verso l’alto, una volta abilitati mostreremo al mondo , cosa sappiamo fare, quali sono le nostre qualità e le nostre attitudini peculiari.
Ma per ora vi prego, non ostacoliamo ulteriormente questo iter procedurale, che già avanza come l’ampliamento delle linee metropolitane in presenza di scavi archeologici.
Infine un piccolo sogno; credo che l’albo dei restauratori dovrebbe prevedere una forma che consenta ai suoi iscritti di svolgere una funzione ulteriore per la salvaguardia del patrimonio. Ovvero i restauratori iscritti all’albo dovrebbero avere una sorta di corsia preferenziale per un settore della salvaguardia e la tutela. Una forma di diritto – dovere di segnalare casi di mancata tutela dei beni di interesse storico artistico in collaborazione con Soprintendenze e forze dell’ordine. Chi meglio dei restauratori può avere la conoscenza della materia dei beni culturali…e per materia intendo la materia materiale fatta di malte e mattoni, tele e pigmenti, essenze e stucchi.
Mi immagino qualcosa tipo il giuramento di Ippocrate per i medici o il giuramento di fedeltà all’arma dei militari, una forma di giuramento di salvaguardia dei beni culturali per i restauratori, con ovvie sanzioni per chi dovesse malauguratamente tradirne i principi. Credo potrebbe essere un’altro piccolo passo nella direzione della salvaguardia e la tutela del patrimonio e della giusta valorizzazione della professione del restauro
… provate a pensarci, che idee avete in proposito?
Testi e immagini
SilviaContiRestauratrice
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/07/IMG_3981.jpeg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-07-20 00:27:322019-07-20 09:04:18Prove di volo e vie d'uscita
ed è una sensazione strana sentire quel soggetto parlare, così strano e così vicino a noi, quelle parole che ci appartengono ma non riconosciamo fino in fondo. Si poteva fare di più si poteva fare meglio!
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/07/IMG_2823.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-07-14 10:32:212019-07-14 10:34:08Un video, un racconto
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