Chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente
Si tratta di un semplicissimo procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti.
Consiste nel porre una luce radente rispetto alla superficie dell’opera sia essa un dipinto su tela, un affresco, una scagliola policroma, un intonaco o altro ancora
La superficie dell’opera d’arte a luce radente si spoglia di molte delle apparenze tipiche dell’illusione ottica e ci mostra la superficie della materia da un nuovo punto di vista.
Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva spesso sorprese inaspettate.
La visione si scompone immediatamente in un volume che era negato dal valore semantico del dipinto e ci svela le tracce della sua storia.
A luce radente possiamo analizzare la trama di una tela ed i punti di giunzione tra le patte
Un affresco visto a luce radente ci può mostrare i distacchi della superficie pittorica e dell’intonaco, le tracce dei ferri utilizzati per lisciare la superficie, tracce di chiodo o spolvero, le parti di intonaco risarcite o integrate e, qualche volta i ritocchi
La superficie di una scultura in bronzo o in terracotta ci può mostrare i punti di assemblaggio tra le porzioni scultoree
Per le superfici intonacate ci aiuta a stabilire i livelli, le sovrapposizioni e gli eventuali danni da distaccamento degli intonaci
Insomma la luce radente è un alleato fedelissimo per chi ama analizzare e comprendere l’arte
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/07/S.Maria_ioa1187.jpg11311696Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-07-19 08:17:562018-07-20 07:46:44I segreti della luce radente nel restauro
cosa vedono i restauratori quando salgono un ponteggio, non ci crederete ma vedono cose diverse da quelle che osserverebbero altre persone, altri professionisti
Sbuchi dalla botola e … Oddio il quadrante è completamente rifatto, ma tu guarda e seguono una miriade di brontolii, ma vi pareva il caso di arrivare fin quassù con le vostre malte pre miscelate del cavolo. Avrete fatto anche fatica, sapete che c’è? Ve la potevate risparmiare!
Poi annusiamo, auscultiamo, tastiamo e bussiamo la parete come un segugio, fino a quando ci convinciamo del punto giusto per eseguire il saggio stratigrafico, ecco qui, esattamente qui!
Poi ci giriamo, accidenti, carino da quassù guarda che bel panorama, ciaooo!
Ok, non perdiamo tempo, questo è il punto giusto, voglio analizzare questo punto, fammi capire come è stato fatto questo intonaco, chissà che non vi sia qualcosa di decente li sotto.
E si parte con bisturi spatole e piccoli scalpelli, tic, tic, sgratt, garatt.
Accidenti a voi, pure la rete e la colla per piatrelle avete messo, sotto alla pre miscelata… e via con altri improperi e brontolii vari
Nove centimetri, nove centimetri di cemento, con l’aggiunta di una rete da pollaio e la sotto un povero intonaco tardo quattrocentesco langue, questa è insensibilità! Infami!
Quando il cemento supera i 4 centimetri il restauratore sbrocca ed i brontolii divengono mugugni e l’aria diviene truce.
Ok ricomponiamoci, prendiamo gli appunti per la relazione, mi raccomando fredda, distaccata, professionale. Et voilà il saggio stratigrafico è fatto!
Sorridi
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_9075.jpg24881148Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-30 10:15:232018-06-30 10:17:37Cronaca del saggio stratigrafico
Il muro scrostato è poesia per il restauratore, racchiude tutta la storia e le stratificazioni di un edificio storico e la sua lettura è un esercizio professionale, una lezione di storia, tecnica dei materiali ed antropologia culturale
Storia perché gli strati di intonaco sono stati eseguiti periodi diversi e di quei periodi storici ci raccontano i dettagli
Tecnica perché gli intonaci stratificati in epoche diverse seguono composizioni e tecniche diverse, seppur affini tra loro
Antropologia culturale perché ogni strato d’intonaco riflette il pensiero ed il comportamento dell’uomo in un dato periodo storico
Ecco ad esempio una lettura di una stratificazione di un intonaco sulla parete di un’antica torre. Il luogo è impervio eppure di uomini dotati di malta e cazzuole ve ne sono stati… parecchi
Ove vi sono cadute di tale entità è possibile leggere in senso stratigrafico un intonaco, esattamente come fosse un libro di storia
Un dato interessante è notare il comportamento diverso di due intonaci apparentemente identici, quello ottocentesco e quello della seconda metà del ‘900
queste le stratificazioni e mentre penso, mi godo il panorama
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_9069.jpg30762548Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-27 08:10:362018-06-27 08:14:11La poetica del muro scrostato 2, l'analisi
Un antico rimedio, per divertirsi e non pensare alla nostra traballante condizione, consiste nel fare un riassunto della tipologia di persone che si incontrano al lavoro, al lavoro del restauratore intendo.
Moltissime persone, una vastissima gamma di specie umane le più diverse tra loro.
Per chi sa distinguere il suono cacofonico dell’umanità, un immensa scuola di vita.
Il restauratore come un istrione invisibile, un saltimbanco nomade, per il periodo della durata di un lavoro di restauro ascolta, frequenta, intrattiene, dialoga, litiga e ride con una moltitudine di soggetti, dalle più svariate peculiarità. Le più svariate ma tutte riconducibili a tipologie ben precise e ricorrenti
Proverò a riassumerne le macro categorie in un decalogo, ma sono molte, molte di più.
1 Architetti ed ingegneri. Sono la prima categoria che un restauratore incontra, già prima di iniziare un lavoro e, dentro a questa categoria troviamo la gamma più incredibile di soggetti che ho provato a descrivere in un apposito articolo
2 Preti suore ed ecclesiastici. Quando si lavora in o per Chiese e Monasteri sono i padroni di casa e quando scatta una sintonia armonica sono clienti adorabili. È un classico approfondire conoscenze e possiamo incontrare le personalità più diverse che vanno dal mistico al tecnico, al rivoluzionario
3 Politici, vip e direttori. Concedono le loro visite nei nostri cantieri o laboratori con grande parsimonia ma non mancano mai alle inaugurazioni dove sfoggiano tutta la loro inaspettata affinità con l’arte ed il restauro … e chi l’avrebbe mai detto
4 Funzionari, soprintendenti ed impiegati, quelli non li si incontra spesso nei cantieri … ma chissà perché, sono sempre presenti nei nostri pensieri!
5 Flotte di studenti e curiosi sparsi . Ogni lavoro, ogni cantiere è connotato dalla gente che si aggira nelle vicinanze e si ferma a guardarci incuriosita, che ci pone domande e ci intrattiene. Qualche volta ci insegna. Non manca mai la scolaresca guidata da insegnanti … molto più interessati dei loro studenti
6 Commercianti e ristoratori. Quelli che ogni mattina per la durata del cantiere ci servono il caffè o ci confezionano il panino, Divengono volti amici e noi per loro, tant’è che sono i più tristi al volgere di un nostro lavoro
7 Fedeli, sagrestani e volontari. Sono quelli che maggiormente apprezzano il nostro lavoro, ci osservano e ci affiancano con stima. Spesso perché legati a quella data opera da un legame fideistico o perché comprendono che stiamo facendo tutto quanto in nostro potere per conservare al meglio quel loro caro oggetto
8 Muratori, falegnami e carpentieri. Il nostro amichevole incubo quotidiano, sono gli artigiani con cui dobbiamo condividere gli interventi di restauro, perché ci devono montare i ponteggi, rimuovere le macerie o costruire un qualche alloggiamento. Quelli a cui dobbiamo dimostrare ogni giorno che la nostra stranezza e le nostre insolite richieste, con un piccolo sforzo di elasticità mentale, possono essere considerate del tutto normali
9 Sapientoni. Quelli che sanno tutto sulle opere d’arte che stai restaurando ed anche sul restauro, ma proprio non ci pensano a tenere per se i loro grande sapere, pare che abbiano aspettato anni per poterlo condividere proprio con te
10 il Pazzerello affezionato È presente in ogni cantiere in ogni lavoro, non si sa da dove provenga ma ci fa sentiere meno strani, è il tipo che arriva ogni giorno alla stessa ora e ti racconta degli ufo o della sua personale teoria massonica su quella data opera d’arte … personalmente lo adoro!
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/IMG_2144.jpg813960Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-20 08:24:202018-06-20 08:24:20Incotri di restauro ... Il decalogo
In questo articolo vorrei parlare degli atti vandalici e della loro trasformazione nel tempo
Ognuno di noi ha ben chiaro cosa siano quegli atti vandalici sui monumenti, quelle scritte urlanti che feriscono alla sola vista ogni essere umano dotato di senno. La normativa per l’individuazione dei danni sui beni culturali li definisce atti antropici o vandalici e, non vi sono dubbi interpretativi, vanno rimossi!
Scritte, incisioni, distacchi e lesioni alle quali il restauratore è chiamato a porre rimedio.
Uno dei lavori più odiosi per il restauratore, che solleva brontolii e predicozzi ad ogni fase di lavorazione e, mentre sfodera tutti i materiali della tavola periodica degli elementi, per provare a rimuovere quelle tracce, regolarmente si chiede ma perché lo fanno e perché proprio su di un manufatto storico
In effetti le medesime scritte realizzate sotto ai ponti dei cavalcavia o nelle periferie ci comunicano stati d’animo diversi, se il graffito è bello esteticamente lo osserviamo con la dignità che si concede ad un opera d’arte contemporanea, ma sui beni storici no, è intollerabile. E forse la risposta alla motivazione di tali gesti risiede proprio in questo è una provocazione forte, un’insulto, e come tale viene recepito
Va però analizzato che gli atti antropici o vandalici sui manufatti storico artistici sono un fatto costante nel tempo, sono sempre avvenuti, lo dimostrano chiaramente certe scritte tra le rovine di Pompei
La differenza sta nelle tecniche, gli atti vandalici antichi giunti sino a noi sono per lo più delle incisioni, su pietra, intonaco, legno o altro materiale. Altra differenza sta nel diverso garbo con cui sono realizzate scritte firme e date, una forma di pudore che li hanno resi semi invisibili o comunque tollerabili alla vista affinché giungessero sino a noi. Forse diversa era la motivazione dell’atto vandalico non una provocazione o un insulto ma piuttosto una testimonianza di se in un luogo ritenuto importante. Una sorta di “io c’ero”
Di fronte a questi atti vandalici ricoperti dallo strato nobilitante della storia il nostro atteggiamento cambia completamente, li osserviamo con attenzione e trasporto cercando di leggere firme e date, ma non solo l’atteggiamento del comune osservatore cambia, cambia anche la normativa sulla conservazione che contempla la tutela e la conservazione della scritta e dell’incisione storicizzata
Perché mai? Si potrebbe chiedere qualcuno. Molto semplice perché quelle scritte divengono documento, ci danno informazioni quindi assumono un valore documentale per la lettura e la conoscenza della storia di un dato bene, lo stesso su cui sono state realizzate
Gli atti antropici antichi divengono tracce vitali da conservare poiché hanno assunto una valenza storica ed antropologica. La conservazione di incisioni, firme e date storicizzate sui manufatti storici è uno di quei fattori che possono apparire incomprensibili a chi non è del settore ma che rendono intellettualmente evoluto l’atto della conservazione
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http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_2901.jpg24483264Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-18 07:08:592018-06-18 07:13:18Atti vandalici e segnali di vita
Per comprendere cosa sia il descialbo bisogna prima indagare la parola scialbo. Scialbo, oltre a significare smorto pallido e insignificante indica uno strato di colore a corpo steso sull’intonaco, deriva dal toscano. Spesso si riferisce ad uno strato di calce idrata lievemente pigmentata che ricopriva ampie porzioni dell’intonaco di un edificio.
Il descialbo alla lettera significa la rimozione dello scialbo, in realtà la parola “descialbo” non è Italiano corretto. In sostanza un neologismo che nel settore del restauro è entrato con prepotenza, come temine tecnico in sostituzione del più corretto e complicato “rimozione degli strati superficiali soprammessi”
La fase di lavorazione del descialbo, fa parte del vocabolario del restauro conservativo e costituisce quell’insieme di atti volti alla rimozione degli strati soprammessi da una superficie policroma, e più specificamente un intonaco o un affresco
Nella maggior parte dei casi si effettua con bisturi e piccole spatole ma vi sono casi in cui lo scialbo ha uno spessore maggiore e si può rimuovere con piccoli martelletti
In buona sostanza maggiore è lo spessore e più facile sarà la rimozione. La maggiore o minore difficoltà nella rimozione di uno scialbo soprammesso ad un affresco è dettata da una serie di fattori variabili che vanno dalla materia costituente lo scialbo, il grado di coesione della materia, il grado di adesione al supporto, eccetera.
Il più delle volte lo scialbo è costituito da uno strato di calce idrata stesa molto liquida nei periodi di pestilenza, con la funzione di disinfettare palazzi e chiese, ecco per quello scialbo non vi è altro mezzo che la rimozione a bisturi
Il descialbo è una delle fasi più complicate, lunghe, imprevedibili, tediose e che richiedono infinita pazienza, eppure per noi restauratori è una parola dal suono meraviglioso
Nella maggior parte dei casi descialbo è il sinonimo di ritrovamento di affreschi. La gioia più grande per un restauratore. Che altro desiderare!
Questo mio pensiero è per il senso di appartenenza dei restauratori
Una sorta di sperimentazione tecnica. Un piccolo esercizio di resistenza da attuare in caso di commenti, diffamazioni, infamie! Il fine? Diventare categoria di restauratori o guru, chissà
Il più delle volte, quando ci si appresta ad affrontare un nuovo intervento di restauro, ci si trova dinanzi all’opera di nostri colleghi restauratori, quelli che ci hanno preceduto, che sono intervenuti anni prima di noi.
Incredibile a dirsi ma capita veramente di rado che un opera non sia mai stata “toccata” o restaurata. Questo in se ha dell’incredibile se si pensa che la disciplina del restauro, così come intesa dalla normativa, è disciplina relativamente recente
Dicevo, se l’opera ha almeno un centinaio di anni è praticamente impossibile che non sia stata mai sottoposta ad un qualche tipo di intervento, dalla finalità e dall’intenzione più o meno conservativa. Quelle poche volte che accade, ci si trova di fronte all’opera, magari degradata, ma così come realizzata dall’artista, ecco … ci si sente di aver scoperto un tesoro.
Tornando alla realtà, non sempre l’opera in questione è stata restaurata da professionisti restauratori, spesso da pittori nel caso di restauri più antichi, oppure dal volontario della parrocchia che tanto ama l’arte, ma più spesso da decoratori
Sotto il profilo etico e personale preferisco astenermi dal commentare le scelte dei miei predecessori. E per miei predecessori intendo restauratori.
Lo faccio perché credo fermamente che la nascita ed il consolidarsi della credibilità di una categoria professionale, oltre che dalle norme scritte stia nella forza di quelle regole non scritte e non dette, che impongono rispetto e senso di appartenenza
Ciononostante mi rendo conto di quanto questo possa essere difficile, anche quando, forti delle migliori intenzioni, ci si trova ad esempio di fronte a gratuite diffamazioni, magari indotte da una qualche forma di invidia professionale e, chissà perché ci viene una gran voglia di restituire la cortesia! È così difficile resistere dal ribattere a tono. Ma non serve, non è etico e sopratutto non favorisce la più alta causa della nascita di una categoria consapevole
Quando sento irrefrenabile il desiderio di ribattere a qualche cialtroneria, provo a pensare a quanto diffamare e fare cattiverie sia la cosa più facile ed agevole del mondo. È un dato di fatto: tutti, ma proprio tutti, idioti inclusi, sono capaci di fare e dire infamità. Per fortuna non tutti cedono a questo declivio dell’anima e l’astenersi dal diffamare è ben più difficile del suo contrario
Nel panorama sociale contemporaneo dove vince chi insulta e chi è incline all’odio facile, sarebbe bello che noi restauratori fossimo, nella nostra casacca variopinta di categoria semi inesistente, un’altra volta controcorrente.
Ed è un augurio che faccio a me e a tutta la categoria ufficiale, ufficiosa esistente o no!
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_8807.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-07 16:57:102018-06-08 07:09:26Prove tecniche di appartenenza o resistenza
L’acqua, il mio elemento Liquido amore primordiale e signora indiscussa dei fluidi pensieri tutto scioglie, tutto veicola, tutto avvolge
Fluido come l’acqua, limpido come l’acqua. Salato come acqua di mare, puro come l’acqua di fonte
Nella vita di tutti i giorni, così come nella simbologia, l’acqua è materia essenziale
Forse per chi si occupa di restauro lo è anche di più!
Il tema dell’acqua nel restauro è onnipresente, sotto svariate forme, può essere benefico e malefico. Comunque imprescindibile!
Vediamone una decina di casi
La giusta percentuale di umidità nell’aria consente di determinare il microclima ideale per la conservazione di opere della più diversa natura.
Un’eccessiva percentuale di acqua negli affreschi, intonaci e nelle murature veicola i sali solubili di nitrato, favorisce l’insediamento di colonie batterico fungine e ne provoca il degrado. Nelle opere mobili come dipinti e sculture lignee induce il rigonfiamento delle mestiche preparatorie che provocano i sollevamenti della pellicola pittorica. Nei metalli provoca le ossidazioni. Nella carta favorisce l’insediamento di batteri muffe e insetti vari
Una percentuale esigua di acqua negli intonaci e nelle murature ne provoca la disgregazione polverulenta. Nelle opere mobili provoca distacchi e cadute delle superfici pittoriche. Nelle opere lignee genera delle fenditure
Infiltrazioni impreviste di acque meteoriche dalle coperture degli edifici induce imbibizioni e conseguenti perdite dei rivestimenti murari e la marcescenza degli elementi lignei sino al crollo di porzioni di edificato
L’esposizione continua di opere agli agenti atmosferici provoca il degrado dei marmi dei monumenti sotto forma di dilavamento e percolazione
L’acqua sia essa in via diretta, indiretta o quale agente di soluzione è il principale elemento per la fase di pulitura di affreschi, intonaci, lapidei, stucchi, materiale cartaceo e membranoso
L’acqua demineralizzataè un elemento essenziale per l’estrazione dei sali solubili di nitrato dagli intonaci, dai lapidei, dagli stucchi e dagli affreschi durante un restauro
L’acqua di calce (idrossido di calcio) è un elemento essenziale per il consolidamento per imbibizione degli intonaci e degli affreschi degradati, durante un restauro
L’acqua forte è una tecnica artistica per l’incisione acida di lastre metalliche
L’acqua è il principale elemento di diluizione e veicolazione di tutti i pigmenti da ritocco, (fatta eccezione per oli e colori a vernice). Ogni superficie dipinta sia essa la grande stesura a corpo di una facciata di un palazzo, che il rigatino a margine di un affresco sono determinati dalla percentuale di acqua utilizzata nella fase di preparazione e realizzazione di un ritocco. L’intensità e la trasparenza dei colori può essere determinata solo ed esclusivamente dalla gestione della percentuale dell’acqua in fase di realizzazione. … L’acquerello ha una particolare affinità con il restauratore
L’acqua, come potremmo farne a meno
… e chissà quante ne ho dimenticate, chi vuole può aggiungere nei commenti
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/02/HD25175-1.jpg742766Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-06 11:08:052018-06-06 11:17:25Dettagli - Acqua, il decalogo
In questo articolo vorrei spendere qualche pensiero sul ritocco nel restauro conservativo
Il ritocco nel restauro conservativo è una delle molte fasi di lavorazione, una delle ultime di un intero restauro. Dal punto di vista conservativo è tra le più semplici. Una volta garantita la reversibilità del pigmento e dei leganti utilizzati per lo stesso, non vi sono problemi, nel senso che potrà essere agevolmente rimosso in un futuro intervento, senza danni per l’opera.
Eppure il ritocco è una di quelle fasi del restauro che può determinare o compromettere l’intera riuscita di un restauro. Può determinare la leggibilità di un opera o la può compromettere, proprio perché si occupa del livello estetico di percezione, fruizione e leggibilità . Infatti il tipo di ritocco viene concordato, in via preventiva, con il funzionario competente della Soprintendenza, quasi mai viene lasciato al libero arbitrio del professionista.
Per ritocco si intende l’integrazione pittorica di piccole e medie lacune della superficie pittorica di una data opera d’arte, finalizzato a facilitare la lettura dell’opera stessa.
Il ritocco può riguardare molte delle tipologie di opera soggette a restauro; dai dipinti ad olio su tela e tavola, agli affreschi, ai grandi elementi decorativi dell’architettura, alla scultura policroma e dorata, agli stucchi, e molte altre superfici decorate e policrome.
Vi sono varie tecniche di ritocco che spesso si suddividono a seconda della volontà progettuale del restauro di rendere o meno visibile, distinguibile o riconoscibile (ad occhio esperto) il ritocco dalla superficie originale
Tra le più diffuse tecniche di ritocco vi sono il rigatino, il puntino o le piccole macchie che tendono a creare una sorta di cucitura della trama perduta, la selezione cromatica, la velatura a tono o sotto tono ed il mimetico
Il ritocco costituisce anche una prova di abilità per noi restauratori. Una sorta di esercizio di meditazione, quasi ipnotico, che ti può mettere in contatto profondo con l’essenza dell’opera d’arte e ti consente di sentirne ed interpretarne la voce, come un musicista quando esegue uno spartito. E quando scopri di averlo interpretato nel modo corretto, proprio come l’autore intendeva, puoi toccare il cielo!
Quando mi reco nella galleria degli Uffizi a Firenze e mi perdo dinanzi alla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto, guardo il basamento, quello con le arpie e le iscrizioni, in gran parte ricostruito con la tecnica a rigatino, arpie comprese. Credo sia stato restaurato agli inizi degli anni ’80 del ‘900. Ecco quando lo guardo, non voglio più sapere cosa penso sotto il profilo ideologico, di quel tipo di integrazione scelta, ebbene, vorrei solo baciare in fronte quel genio che lo ha ritoccato, colui o colei che ha realizzato quell’opera d’arte nell’opera. Grazie, una vera delizia per una restauratrice!
Il ritocco è anche la fase di lavorazione più soggetta in assoluto alle mode del momento, dal tipo di ritocco che vediamo su di un opera possiamo determinare con una discreta agilità il periodo in cui è stato restaurato ed anche l’area geografica.
Normalmente è la prima parte di un restauro che viene eliminata dal successivo e, con essa se ne vanno il pensiero e il gusto percettivo di un dato periodo storico. Per questo documentare il restauro diviene esercizio di storia dell’arte
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SilviaConti RestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/IMG_0942.jpg26872436Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-05-24 08:27:142018-05-24 08:32:00Il ritocco nel restauro
Il lavoro del restauratore, nei casi di superfici decorate dell’architettura, si svolge a stretto contatto con la figura professionale dell’architetto e spesso si condividono progetti, lavori e speranze
Tuttavia in molti casi il rapporto tra le due professioni ha un risvolto comico, tra amore e disperazione
Così, dopo lunghi studi, nella mia visuale da restauratrice, non posso esimermi dal compilare un elenco semi serio della tipologia di architetti che mi è capitato di incontrare nei cantieri di restauro.
1 – Il geometra dentro: ha frequentato l’istituto per geometri prima di iscriversi alla facoltà architettura e, nonostante la laurea e i corsi di aggiornamento resta un “geometra inside” e non può dirlo a nessuno, ma certi estetismi frivoli dei suoi colleghi proprio non li capisce. Quando si trova in un cantiere di restauro lo affronta con sopportazione e remissione, così come si deve sopportare una qualche malattia virale, e invoca il Santo protettore dei cementi armati… che finisca il prima possibile!
2 – Il tecnico: L’architetto tecnico è un professionista serissimo, lascia poco spazio a ciò che non sia direttamente riconducibile a numeri, misure o calcoli, se gli capita del restauro in un suo cantiere cerca di incasellarlo in una voce di capitolato e di evaderlo con diligenza, al più presto. Se il malcapitato restauratore gli dovesse far notare timidamente che, i capitolati da lui predisposti non rispondono minimamente ai parametri del restauro conservativo. Riceverà in risposta un auto elogio, che lui la sa lunga in materia di restauro e che non è punto il caso di contraddirlo! Avanti il prossimo.
3 – Il lineare: monocromo, monotematico, mono-stilistico, monotono! Si possono riconoscere i suoi interventi perché hanno sempre le stesse caratteristiche, gli stessi colori, lo stesso stile. Sia che si tratti di una casa in riva al mare, ai piedi della montagna oppure del campanile di una Chiesa . Nulla lo distoglierà dal suo gusto. In caso di restauro imporrà i suoi colori preferiti e a nulla varranno gli affreschi del cinquecento che verranno “accerchiati” o le campagne stratigrafiche, il suo sigillo di fabbrica non vi darà tregua! Un incubo dall’aspetto cortese.
4 – Il vanesio: Normalmente lo si riconosce dalle scarpe e dagli occhiali, molto molto glamour . Si vanta di avere nel suo carnet molti interventi di restauro. Non ha sostenuto neppure un esame di storia dell’arte ma da lezioni a destra e a manca. Nonostante tutto, quando arriva nel cantiere di restauro è una festa, si parla di ogni argomento tranne che di lavoro. Lascia al restauratore agio di lavorare bene, in cambio il restauratore gli lascerà la paternità di ogni scelta geniale
5- Il razionale: Non si diletta di restauro e non ne fa un mistero, si affida a chi è del settore e che gli possa garantire un risultato di pregio … con i restauratori è amore eterno!
6 – L’ibrido È un soggetto strano per la categoria, ha il corpo da architetto e la testa da restauratore. In qualità di architetto ostenta superiorità nei confronti dei restauratori ma il suo sogno è saper restaurare come loro. Si destreggia agevolmente tra cazzuole e pennelli ma si sente qualcosa di più. Questa mescolanza trans professionale si traduce spesso in un essere in pena che stenta a trovare la propria collocazione
7 – Il conservatore: ha conseguito laurea, specializzazione, dottorato di ricerca ed un paio di master nel restauro architettonico, va in brodo di giuggiole quando vede un mattone con impresso il logo dell’antica fabbrica e sogna di passare le sue giornate tra castelli, scavi e chiese. Per i restauratori è una sorta di animale mitologico, un unicorno, poiché in un cantiere di restauro nessuno lo ha visto mai. Solitamente ha pochi lavori, oppure collabora con il grande studio di architettura, che lo mette a scegliere il colore delle mattonelle del condominio di via del cementificio.
8 – Il fenomeno: Si tratta di un architetto oggettivamente geniale, vanta progetti bellissimi e, dove passa lascia il segno, tutti lo conoscono, molti cercano di imitarlo. Quando gli capita un cantiere di restauro, lo tratta con l’aria di sufficienza di chi ha esperienza in tutto e in tutto eccelle. E che ce vuole! Solitamente resta di sale di fronte alla complessità del cantiere di restauro, ma non lo ammetterà neppure sotto tortura! Nel frattempo si appunta sull’agenda … “al prossimo cantiere di restauro chiamare muratori in OG2 anziché restauratori!” (Si è offeso quando il restauratore è inorridito di fronte a quel suo vezzo di scavare negli intonaci antichi della facciata, piccoli riquadri di muratura strutturale dall’effetto brufolo)
9 – L’epifenomeno, collaterale al fenomeno, lo imita, lo segue e lo blandisce, aspira a divenire un giorno come lui, nel cantiere di restauro non è male, ma cogliete l’attimo, si trasformerà presto in un fenomeno di cui sopra
10 – Il creativo … il vero incubo nei cantieri di restauro è lui, l’architetto creativo! Non riesce a pensare di non poter lasciare traccia di se e della sua debordante creatività in ogni lavoro, in ogni cantiere, in ogni progetto. Quella storia che nel cantiere di restauro vada tutto conservato così com’è, lo fa soffrire terribilmente e comunque riesce sempre a metterci lo zampino. Per intenderci è quello che distrugge chilometri di intonaci antichi per poi commissionare il decoro sotto gronda ex novo. Noi restauratori, di fronte a tutta quella creatività, ci chiediamo se per caso, non sarebbe meglio riposta in un lotto edificabile della periferia cittadina!
Sei un architetto e non ti riconosci? Aggiungi le correzioni
Ho dimenticato qualche tipologia … aggiungila nei commenti
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SilviaContiResaturoConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/foro-bs-1-2.jpg7991051Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-05-20 17:09:022018-05-21 08:22:00Architetti visti dai restauratori, il decalogo
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