In questo articolo intendo parlare della materia del restauro e della materia nel restauro
Può sembrare un gioco di parole ma in fondo non non lo è, non quando si parla di restauro. Poiché ciò di cui mi occupo è una disciplina strettamente connessa alla materia e sono convinta che solo dalla conoscenza e dall’analisi della materia si possa provare a capirne l’essenza.
Le riflessioni derivano da alcuni pensieri che mi ritrovo a percorrere circa il motivo per il quale abbia scelto la professione del restauro … certo prima di tutto c’è l’amore per l’arte e la sua storia, poi vengono la necessità di indagare, toccare, conservare e comprendere. Si ma cosa. Certamente l’essenza dell’opera, il suo messaggio, tutti quegli elementi astratti che l’opera ci comunica, così come la sua intenzione artistica. Ma tutti questi messaggi astratti fatti di emozione e pensiero usano un unico veicolo per giungere a noi, passano tutti attraverso la materia di cui è composta un opera d’arte. Ed ecco che siamo arrivati al punto. Un nuovo punto di partenza per l’analisi. La materia di cui è composta un opera d’arte che è anche la materia di cui si occupa il restauro.
Per essere più precisi, la materia del restauro e la materia fisica di cui è composta un opera d’arte, per ovvia conseguenza si può comprendere quanto la materia abbia un importanza assoluta e rilevante nel restauro anche per la scelta dei materiali per condurre il restauro stesso.
Non a caso il restauro è suddiviso e disciplinato da un punto di vista formale a seconda delle materie, trattate in via specialistica dai vari professionisti. Anche se è cosa diffusa, nonché utile alla sopravvivenza della “specie”, che ogni restauratore abbia più di una specializzazione in materia di restauro. Ovvero si occupi ed abbia esperienza diretta su più materiali
Credo possa essere di aiuto, al fine di comprendere l’intima connessione tra uno specifico settore del restauro e la sua materia di pertinenza, dare un occhiata agli ambiti di competenza, di seguito elencati, seppur sommariamente :
Superfici decorate dell’architettura, questa categoria comprende, affreschi, intonaci antichi, graffiti e stucchi e tutte le superfici immobili di pertinenza architettonica, fatta esclusione per gli elementi lapidei che hanno una categoria a se
Elementi lapidei
Mosaici
Elementi lignei, questa categoria riguarda mobili e sculture
Dipinti mobili su tela e tavola
Metalli
Tessuti
Reperti ceramici ed archeologici
Strumenti musicali
Solo per citare le più note.
Già ad una prima sommaria osservazione delle immagini si può comprendere quanto i materiali oggetto del restauro siano diversi tra loro e in virtù di questa diversità e peculiarità vengono richieste varie competenze nonché abilità nell’uso di metodiche e tecniche diverse . Poi ci sono gli oggetti compositi come la gioielleria o certe opere polimateriche. Per intervenire sui quali si rende utile l’isolamento delle varie materie al fine di intervenire con apposite metodiche su ognuno dei componenti dell’opera.
Così accadrà che materiali e tecniche utili per il restauro di un dato manufatto saranno del tutto inutili se non dannosi nel trattamento di un’altro oggetto.
Facciamo un banale esempio se nel restauro degli affreschi è consolidato l’uso, per la fase di pulitura, di sali del tipo carbonato o bicarbonato di ammonio, questi stessi, utilizzati su dipinti su tela o policromie lignee creerebbero danni irreversibili. Ma lo sanno tutti! L’esempio pare banale per quanto ovvio ma è utile prestare attenzione poiché non sarebbe la prima volta, si vedano i casi dei materiali nati ed utilizzati nel restauro di oggetti lignei finiti dritti dritti nel restauro degli affreschi con pacifico consenso di tutti, penso a certe resine acriliche e sintetiche tuttora molto diffuse.
Ma allora come è possibile agire con presunta certezza nel segno della conservazione del manufatto a fronte di una situazione di cronica e fluida instabilità?
Personalmente credo che la risposta stia proprio nella materia, ovvero nella conoscenza della stessa.
Quando si analizza e si studia una materia, quando la si osserva e la si conosce, quando dal profumo di un mobile si comprende l’essenza lignea o sfiorando un intonaco si arriva a dedurne la composizione o manipolando un metallo si intuisce la lega di cui è fatto. Allora si può comprendere un dato di estrema importanza per il restauro, il concetto di compatibilità tra i materiali. Un faro di riferimento che deve condurre le azioni di restauro, sempre associato della reversibilità!
Certamente ci vengono in aiuto tutti gli studi chimici e fisici ma prima di fidarsi ciecamente di un materiale, che potrebbe vantare studi scientifici di parte, ovvero condotti dalla stessa ditta che ne gestisce la diffusione sul mercato. Pensiamo alla compatibilità con il nostro oggetto, quello specifico del caso che stiamo trattando, pensiamo alla sua composizione, alla sua collocazione, all’esposizione agli agenti atmosferici, alle condizioni climatiche e microclimatiche di quel dato luogo, alla possibilità che venga fatta manutenzione e a tutte le variabili che caratterizzano la vita quotidiana di un’opera d’arte. Allora potremo capire se quel materiale specifico potrà funzionare per il restauro del nostro oggetto e potremo ridurre il rischio di errore nella scelta.
Così nel panorama di costante mobilità delle tematiche del restauro, la conoscenza della materia che compone l’opera d’arte costituisce un solido punto di riferimento per chi opera alla conservazione del patrimonio artistico e storico.
Sopra a tutto l’ottima teorizzazione del restauro, della quale il nostro paese può andare fiero, che detta le linee guida, trasversali utili per ogni oggetto, giardino o città di interesse storico artistico.
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/02/7492f458-3b66-4abf-b39a-9fa7a199666e.jpg768555Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-02-19 12:20:492018-02-23 17:05:40Materia e restauro
le “Baruffe chiozzotte” di goldoniana memoria, ovvero il conseguimento del titolo di qualifica di restauratore.
Il 31 dicembre 2017 doveva essere pubblicato l’elenco dei restauratori italiani, ovvero l’elenco di coloro che hanno conseguito la qualifica di “restauratore”, attraverso la selezione a mezzo di bando pubblico iniziato nel 1998 e conclusosi, con termine perentorio, il 15 ottobre 2015 con un susseguirsi di codici, bandi, ricorsi, tribunali, nuovi bandi, nuovi termini, nuovi parametri, rinvii, nuove regole, etc, etc.
Già leggendo tra le righe i testi delle comunicazioni e delle proroghe si trovano chiari indizi che forse ci condurranno alla realtà dei fatti.
Si, per noi restauratori guardare la realtà è penoso ma proverò a farlo, così come se analizzassi un opera d’arte.
I fatti;
La formazione della qualifica del titolo di Restauratore è stata sollecitata dal Consiglio d’Europa ( se non erro, per questo ritardo l’Italia dovrebbe essere in mora da un pezzo)
I restauratori hanno formazione eterogenea
I restauratori sono pochi (quantomeno chi ha i titoli per ottenere la qualifica)
I restauratori si scannano tra loro
la commissione, composta da figure di alto profilo del panorama culturale, si riunisce a titolo gratuito
La commissione scopre che i documenti da analizzare sono tanti
I commissari provengono da tutta Italia e scoprono di avere bisogno di rimborsi
La quasi totalità dei commissari si dimette
Vengono fissati nuovi termini … il 30 giugno 2017
Si sceglie di sostituire i membri della commissione con commissari Romani così da non avere il problema dei viaggi e quindi dei rimborsi
La commissione, o quel che ne resta, annuncia il rinvio al 31 dicembre 2017
La nuova commissione annuncia un nuovo rinvio a non so quando, mi sono distratta e forse non mi interessa più!
Le prima deduzione che emerge leggendo questo breve elenco è che non vi è una spinta socio politica o un bisogno reale nel conferire la qualifica di restauratore. La questione pare essere considerata un lieve fastidio, come un brufolo sul naso, che periodicamente compare. Un problema che non vale neppure il misero compenso dei commissari nominati.
Non vi è la volontà e neppure l’interesse
Eppure quello spropositato impegno profuso per deviare, bloccare, posticipare fa pensare ad altro. Fa sorgere il dubbio che qualche interesse, seppur pusillanime, ci debba essere.
Altrimenti non si spiegherebbe il ridicolo impegno nell’ostacolare l’applicazione di una normativa ovvia e banale.
L’interesse affinché quella professione nobile, nata e teorizzata in questo paese ed esportata nel mondo, rimanga un dato nebuloso nell’aere vagamente artistico, come un sentore di trementina, ci deve essere.
Partirò da una premessa che può rivelarsi utile alla comparazione, chiunque in Italia può conoscere quale sia il percorso formativo per titoli ed esami, per esercitare una data professione. Chi vorrà fare l’avvocato frequenterà la facoltà di giurisprudenza a cui seguiranno due anni di praticantato, infine dovrà superare l’esame di stato, chi sceglierà di fare l’architetto si laureerà in una facoltà di architettura e poi darà l’esame di stato e così via.
Il restauratore no, ad oggi non si sa cosa deve fare, un aspirante restauratore, per esercitare legittimamente questa professione.
Fatta esclusione dell’istituto centrale per il restauro e l’opificio delle pietre dure, la cui esiguità di offerta non assolve alle minime richieste, ne degli aspiranti restauratori ne del territorio. Ogni giorno si vedono fiorire nuove scuole di restauro, non vi è università o accademia che non abbia un corso di restauro, e poi scuole private, regionali, provinciali e chi più ne ha più ne metta, tutte in qualche misura abilitate, certificate, ate.
Ok, ma quando uno studente concluderà il percorso formativo potrà esercitare? No, beh, ma, boh … e chi lo sa!
Una pura follia che porta ad una frammentazione ulteriore, interna ad una categoria che già di per se stenta a riconoscersi, anche quando incontra un proprio simile.
I restauratori provenienti dalla formazione professionale si adirano contro quelli di formazione a bottega che si adirano contro i neo formati da nuove scuole che magari pretendono di soffiargli i lavori… e tutti in coro contro quelli provenienti dall’ICR e OPD che, in questa melma fangosa, interpretano la figura degli eletti.
In realtà siamo tutti nella stessa condizione, come i polli descritti dal Manzoni nei “Promessi sposi” quelli che, accomunati dal medesimo destino ( finire in padella) non trovano di meglio da fare che azzuffarsi tra loro.
Una situazione paradossale che vede, a fronte dell’emergere della “fortuna critica” dell’arte in genere e del restauro come atto dall’aurea poetica, un aumento della precarietà della figura del restauratore. Una contraddizione in termini!
Come se qualcuno avesse avvistato all’orizzonte un grande interesse nell’impresa culturale e artistica in genere e lo volesse riservare per se. Preoccupandosi di mantenere il restauratore in uno stato di costante inferiorità e dipendenza. Per chissà quale timore, che possa emergere, che possa trarne benefici, profitto o fama, chissà.
Questi soggetti oscuri che potrebbero essere altri professionisti oppure politici, pensano di risolvere il problema comprimendo la professione del restauro in uno spazio angusto, nel quale i restauratori possano si svolgere il proprio ruolo, ma sempre e solo per grazia ricevuta. Non per competenza, non per legittimità professionale ne per ruolo. Ma sempre solo ai piedi e al cospetto di chi gli consentirà magnanimamente di svolgere il lavoro che gli spetterebbe per ovvia competenza .
Purtroppo le figure che reggono questa politica non sono ben riconoscibili, non è facile additare il colpevole, senza cadere in inganno, ma di certo l’operazione che stanno perpetrando non può che danneggiare l’intero paese.
Stanno mettendo in atto un boicottaggio alla professione del restauratore senza rendersi conto del più grande ed interessante orizzonte che vi è dinnanzi. L’Italia è un paese ricchissimo di arte, di genialità e di capacità tecnico artistiche. Il ruolo del restauratore svolto secondo criteri e norme corrette non può che apportare beneficio, non solo sotto il profilo conservativo ma di conoscenza. Ogni restauro è un’occasione di studio che può e deve costituire una nuova pagina della storia di un dato bene.
I restauratori non sono meri esecutori e neppure aspiranti despoti, sono parte dell’ingranaggio culturale che può e deve procedere, ognuno secondo le propria competenza, con le finalità della conservazione del patrimonio che è la nostra storia e la nostra pelle.
Normare con equità e rettitudine la professione del restauratore è una questione culturale indice del livello evolutivo di un paese civile.
L’arte è una categoria dello spirito nella quale c’è posto per l’espressione di tutti coloro i quali sapranno esserne all’altezza. Chi avrà qualcosa di sensato da dire in materia, alla fine non potrà che essere ascoltato e non serviranno a nulla argini balzelli o cavilli.
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/02/IMG_6120.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-02-01 10:45:132018-02-21 14:15:32Albo dei restauratori, una questione culturale
È più di un colore, in esso vi sono tutti i colori concentrati, alla loro massima espressione cromatica. Un colore così intenso, potente e luminoso da non poter essere percepito dall’occhio umano. Il bianco è il colore che più si avvicina al concetto fisico di luce! Il bianco è luce.
Il bianco ci circonda, ha un importanza assoluta e non potremmo farne a meno, il nostro mondo senza il bianco sarebbe impensabile.
Quando vi è necessità di luce in un ambiente abitativo, di eleganza in un abito, oppure di volume e corpo in un dipinto; solo il colore bianco assolve questi compiti. Sia esso colore ad olio, tempera, pittura murale, smalto, calce o pastello a cera. In ogni sua forma si lega ad altri colori, può essere mescolato con qualsiasi altro pigmento e lo renderà più chiaro, luminoso e coprente. Attutisce però la brillantezza di certi rossi e blu.
Non a caso nella scala RGB del colore, che ognuno può trovare sul proprio computer, il bianco è collocato al massimo della scala di ogni colore cioè pari a 255 di rosso, 255 di verde e 255 di blu.
Come tutti i colori e forse più di tutti gli altri, anche il bianco pone una serie di problematiche di studio e può essere analizzato sotto diversi aspetti. Ha un alta valenza simbolica, in ogni cultura. Ma se e vogliamo analizzare il colore bianco dal punto di vista fisico, le cose cambiano diametralmente .
Il bianco non è un colore, dal punto di vista scientifico, fisico e ottico non lo è.
Piuttosto è quella materia che ha la capacità di riflettere quasi per intero la luce così da non avere colore, ha tutti i colori in se e non ha tinta, esattamente l’opposto del nero che assorbe tutta la luce sino a non avere colore.
Per quanto lo studio del colore possa portare molto lontano e ramificarsi in ambiti e materie molto diverse tra loro, ritengo utile parlare di quegli aspetti che meglio conosco e, sui quali io possa dire qualcosa di utile e sensato. Come sempre, mi occupo di elementi della materia applicati all’arte, calce e pigmenti, quei microscopici granuli di polvere colorata, tangibili, con proprietà organolettiche e materiali. Colori e polveri che possono essere toccati, mescolati, impastati, stesi con un pennello, con una spatola o spruzzati con un aerografo. Proverò a sondare questa minuscola parte dell’argomento del colore bianco, senza la pretesa di essere esaustiva, ma per dare l’idea di quanto ampio sia l’argomento e magari condividere il desiderio di approfondirlo.
Innanzitutto ritengo di fondamentale importanza provare a fare una sintesi schematica, che certo non assolve la conoscenza sul pigmento bianco, ma può essere utile ad acquisire un metodo per valutare conoscere e riconoscere i diversi tipi di bianco. Bianchi che si vedono nelle opere d’arte antica, bianchi da utilizzare per il restauro, bianchi per dipingere o per stuccare.
Possiamo suddividere i bianchi in tre macro categorie; quelli di origine minerale come la calce idrata e tutte le pietre ricche di calcio come il caolino, quelli frutto dell’ossidazione dei metalli in ambiante acido e quelli di sintesi.
Conoscere l’origine e la composizione chimica può essere di estrema importanza per comprendere quali pigmenti possano essere utilizzati in un determinato caso e in che modo. Dalla loro derivazione ne discende stabilità alla luce, compatibilità o incompatibilità con altri materiali. Tutti dati fondamentali se si vuole utilizzare il bianco nell’ambito del restauro delle opere d’arte, ma anche per la creazione e di opere ex novo.
Vediamo ora degli esempi di colore bianco, molti di essi si trovano in commercio, altri non più ma è comunque utile conoscerli poiché utilizzati nell’arte antica.
Caolino è un bianco minerale molto diffuso, si tratta una roccia morbida di tipo detritico, presenta piccole varianti chimiche a seconda dei luoghi di cavatura, ma si tratta sostanzialmente di un minerale silicato dell’argilla, tipo bisolfato di alluminio. È molto diffuso ed utilizzato per impasti, ceramiche, stucchi e colori. Ha un ottima stabilità alla luce ed un alta compatibilità nella mescolanza con altre materie chimiche organiche e inorganiche. Il bisolfato di alluminio gli conferisce un potere antisettico pertanto, se utilizzato nei colori, questi saranno meno attaccabili da muffe, batteri e microrganismi. Per via di questa particolare proprietà è molto utilizzato in ambito cosmetico, basti dire che ognuno di noi lo incontra ogni giorno nella pasta dentifricia
La Biacca è forse il bianco più poetico e antico deriva dall’ossidazione del piombo esposto ai vapori acidi dell’aceto, è un bianco caldo, un poco giallo, dalla granulometria sottilissima, quasi vellutato. Oggi quasi introvabile per via della sua tossicità e a causa della sua instabilità, infatti la biacca in ambiente basico tende ad annerire rovinando irrimediabilmente le opere in cui è stata utilizzata. Presenta meno problemi se utilizzata come colore ad olio, poiché le molecole oleose avvolgendo completamente i pigmenti, evitano l’esposizione all’ossigeno e il conseguente processo di ossidazione. Mentre gli utilizzi della biacca con la tecnica a fresco, a tempera ed a calce hanno dato dei risultati devastanti.
La calce idrata, idrossido di calcio, o grassello o calce spenta è un colore ed un legante minerale nel contempo. È un materiale di estrema importanza nell’edilizia e nell’arte antica. Si presenta come una pasta umida di colore bianco assoluto, quasi accecante. Deriva dallo “spegnimento” in acqua, della pietra calcarea cotta a 800 gradi circa. Diluita può essere utilizzata come tinta, da stendere a pennello, in pasta, mescolata con due parti di inerte (sabbia di fiume o polvere di marmo) forma delle malte, dei marmorini e degli stucchi di eccezionale resistenza nel tempo. Il suo potere legante si estrinseca attraverso il processo chimico della carbonatazione e la perdita dell’umidità. Non ha un grande potere coprente se non addizionata ad inerti come carbonato di calcio. È il componente fondamentale dell’architettura storica e della tecnica pittorica a fresco. È il materiale per eccellenza del restauro degli affreschi, degli stucchi e degli intonaci sopratutto per il suo potere legante minerale, infatti nella sua forma più diluita, acqua di calce, è il miglior consolidante per imbibizione di intonaci ed affreschi. Di fondamentale importanza verificare la qualità della calce, essa deve derivare dalla cottura di carbonato di calcio o di magnesio e deve avere avuto una sedimentazione o spegnimento, in acqua, di almeno 2 anni. I grasselli a spegnimento forzato, oggi molto diffusi in commercio, sono da evitare nel restauro, poiché hanno un potere legante risibile. Recentemente si è diffusa la commercializzazione di calce idrata in polvere ovvero già essiccata, anche questa forma è da evitare nel restauro, poiché il potere legante della carbonatazione, che evidentemente non può verificarsi, potrebbe essere sostituito da additivi chimici.
Il Bianco di San Giovanni, è un meraviglioso colore dall’aurea quasi mitica, è di origine minerale e deriva dalla calce idrata. Non esiste in commercio, ma chi avesse qualche settimana di tempo può sempre provare prepararlo. Del bianco di San Giovanni ne parlano i trattati antichi come il “libro dell’arte” del Cennino Cennini. Vi si indica come prepararlo partendo dalla calce idrata; in sintesi si debbono formare delle palle di calce, lasciarle essiccare, quindi bagnarle con acqua demineralizzata, rimpastare, formare altre palle e ripetere l’operazione per sette o 10 volte. Alla fine si ottiene una polvere bianca candida che ha perduto il potere legante della calce trasformandosi in un pigmento di calce. È molto utilizzato negli affreschi antichi ed è riconoscibile per il candore della calce unita ad un corpo spesso e compatto, la calce idrata infatti non potrebbe essere usata a corpo poiché polverizzerebbe entro breve.
Il Gesso o solfato di calcio biidrato, è un minerale di cavatura estremamente versatile e, a seconda della sua lavorazione assume forme diverse che offrono una quantità incredibile di utilizzi in ambito artistico e architettonico. Dagli scarti della lavorazione del gesso deriva il caolino, il gesso a seconda del grado di sedimentazione può essere bianco polveroso o cristallino trasparente (quarzo). Nella sua forma più polverosa (solfato di calcio) si ottengono i gessetti da lavagna che mescolati a pigmenti in polvere divengono gessetti colorati. Nella sua forma più cristallina i frammenti di quarzo molto utilizzati nelle paste e tinteggiature da esterno, per lo più legate con materiali sintetici o acrilici. Tra questi due estremi vi stanno una quantità incredibile di varanti del materiale. Uno dei più noti è la scagliola (solfato d calcio emiidrato) è un gesso in polvere che attiva una reazione chimica di tipo termico quando viene mescolato all’acqua e indurisce in breve tempo. La scagliola è molto utilizzata in architettura, per decori plastici e per le finiture lisce delle pareti o per la creazione del carton-gesso. È uno dei componenti principali degli stucchi antichi, spesso mescolata alla calce idrata che ha il potere di rallentare la presa della scagliola e rendere più compatto e resistente il composto finale. La scagliola per via della sua capacità di indurimento veloce è presente in tutti i cementi, caldane e le malte a presa rapida. È bene considerare un dato negativo della scagliola, la sua alta igroscopicità la rende inadatta a luoghi umidi o esposti alle intemperie. Utile ricordare che anche il più tenace dei cementi rapidi sarà sempre collettore di umidità. La scagliola è assai poco raccomandata in caso di restauro.
Il Bianco di Spagna è un carbonato di calcio molto sottile di granulometria, è un minerale naturale, a volte è mescolato ad altri carbonati di calcio, non ha il potere coprente di altri bianchi e spesso viene utilizzato come inerte carbonatico piuttosto che come pigmento nelle pitture murali, per comporre degli stucchi oppure come finissimo abrasivo per levigare le lastre di zinco utilizzate nell’incisione ad acquaforte. A differenza del Bianco di Bologna non si sposa perfettamente con le colle organiche poiché tende ad avere nel tempo deformazioni e tensioni difformi della superficie..
Il Bianco di Bologna detto anche gesso di Bologna è un solfato di calcio biidrato deriva dal gesso ed è completamente inerte e, come il bianco di Spagna è perfetto nella composizione degli stucchi, si sposa perfettamente con le colle organiche e costituisce il tipico stucco per il restauro dei dipinti, la mestica o preparazione delle tele da dipingere e la base perfetta per le cornici dorate a foglia e bolo. Di contro non ha un grande utilizzo come pigmento per uso pittorico e teme l’umidità
Il Litopone è composto da solfuro di zinco e solfato di bario precipitati è un pigmento minerale molto stabile alla luce e compatibile con un gran numero di leganti organici e inorganici diffuso sia come pigmento per idropitture che per tempere
Il Bianco di Zinco è un pigmento di origine minerale ma ottenuto mediante un processo di sintesi dai vapori dello zinco bruciato ad alte temperature. Ha una buona stabilità alla luce ed una certa trasparenza, è infatti meno coprente del bianco di titanio. Si è diffuso sul mercato prima Francese e poi europeo dagli inizi dell’ottocento e il suo utilizzo è eminentemente pittorico.
Il Bianco di Titanio è un colore molto recente, infatti la sua formula è stata messa a punto e commercializzata nel primo ventennio del XX sec. è un pigmento di origine minerale (biossido di titanio) ma ottenuto con un processo di sintesi, per cui è un pigmento minerale di sintesi. E molto coprente e sbiancante, ha un ottima resistenza alla luce ma nel tempo tende a degradarsi per polverizzazione ed essiccazione
Questi sono i bianchi che mi sono venuti in mente, se ne conoscete altri, aggiungeteli nei commenti
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/12/calcequalita_bancadellacalce_33-e1512388775691.jpg543628Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-12-04 13:15:522018-02-21 14:18:10Colore o non colore, il bianco
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2015/10/stucchi-250-01.jpg2501565Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-08-27 16:55:082017-08-27 16:59:44"Il restauro, l'arte e la moda" dalla rivista Kinetès
In alcuni casi non è possibile mettere a punto e realizzare il miglior intervento di restauro possibile. Questo accade spesso, più di quanto si possa immaginare, per le più disparate motivazioni, economiche, burocratiche, normative, etc.
In questi casi risulta utile effettuare una messa in sicurezza degli elementi decorativi a rischio di caduta.
Si tratta in sostanza di una prima fase di consolidamento, che può riguardare intonaci, affreschi, elementi scultorei o lapidei.
Una serie di operazioni atte a consentire al manufatto storico di mantenere uno stato di conservazione accettabile. Una sorta di “restauro liofilizzato ” che comunque deve seguire i procedimenti ed i parametri stessi del restauro conservativo. Affinché vi sia il tempo per mettere a punto un progetto più ampio, con i fondi necessari, per la realizzazione di un restauro conservativo completo.
La messa in sicurezza non mostra risultati apprezzabili sotto il profilo estetico ma garantisce di allungare la vita ai manufatti storici.
In some cases it is not possible to make the best restoration possible.This is often, more than you can imagine, for the most varied reasons, economic, bureaucratic, normative, etc.
In these cases, it is useful to ensure the decorative elements at risk of falling.
A first stage of consolidation, which may concern plaster, fresco, sculptural or stone elements.
A series of operations to allow the historic artifact to maintain an acceptable state of conservation
Waiting for a larger project to complete conservation restoration.
Securing, does not show remarkable aesthetic results, but guarantees to extend the life of historic artifacts
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/08/IMG_6929.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-08-23 08:35:422017-08-23 08:35:42Messa in sicurezza - Securing
Restauro – antico splendore è diventato un assioma: chi non associa questi due vocaboli alzi la mano.
Già, pare proprio che dove ci sia un restauro, debba esserci l’antico splendore
Personalmente credo sia una moda.
Più esattamente fa parte di quelle parole o frasi che si diffondono a macchia d’olio in dati periodi, che hanno per così dire, “fortuna critica”. Frasi, locuzioni, parole, modi di dire che, in corrispondenza alla massima diffusione della loro forma verbale, si svuotano di contenuto. O meglio si caricano di un contenuto onnisciente significano tutto e nulla. Si diffondono a tal punto da essere utilizzate in ogni occasione che anche lontanamente ricordi quel dato ambito di pertinenza.
Per maggiore concretezza, proverò ad entrare nel dettaglio semantico della frase in questione; Antico splendore si riferisce, in questo caso, ad un presunto stato di conservazione di un manufatto di interesse storico artistico nella sua fase di vita iniziale
Ora, poniamo un caso concreto, un manufatto che abbia cinque o seicento anni, diciamo un dipinto ad olio su tela. Palesemente noi non potremo mai sapere quale fosse la reale brillantezza dei colori immediatamente dopo la realizzazione, prima che intervenisse l’ossidazione degli oli, dei legnati, del del colore, prima che i pigmenti sensibili alla luce virassero in tonalità impreviste?
No, non lo possiamo sapere, lo possiamo ipotizzare, immaginare, dedurre ma non sapere.
Poniamo ora un caso diverso, un tempio della magna Grecia. Grazie a studi, indagini e documenti sappiamo che le superfici dei templi dovevano essere decorate e policrome. Lo sappiamo per induzione e deduzione ma a nessuno che operi nel campo dell’archeologia o del restauro si permetterà di riprodurre tali decori. Un caso diverso ed emblematico ma, quale mai sarebbe in questo caso l’antico splendore? Chi può dirlo.
Il fatto vero è che un manufatto artistico ha una sua vita , molto più lunga di quella degli uomini che lo hanno, costruito, comprato o posseduto. Di queste vite umane l’oggetto d’arte ne conserva le tracce. Per questo motivo è nostro compito conservare e tramandare i manufatti di interesse storico e artistico. Qualora non sia dannoso per la conservazione del manufatto stesso conservando anche quelle tracce che ne hanno definito le fasi di vita, affinché lo splendore sia presente, continuo e costante. Al di la delle parole di moda e della nostra puerile necessità di enfatizzare anche ciò che è già grande di per sé!
Il giardino storico è un opera d’arte. Questo è un dato di fatto e la sua tutela è normata dal legislatore
Si tratta di un insieme polimaterico, una creazione umana realizzata con materiale vivo e mutevole nel tempo. Un equilibrio fragile che deve essere conservato come un monumento ma che non può essere fissato e cristallizzato come altri oggetti d’arte. Va rispettata la naturale evoluzione e la sua vitalità. Infatti può essere composto da materiali diversi e alcuni di loro estremamente mutevoli: terreno, essenze vegetali, pietre, elementi architettonici ed acqua.
La legislazione in materia di beni culturali ne prevede la tutela, ne parla la carta del restauro del 1964 e le successive disposizioni del 1972.
Il documento specifico per la tutela dei giardini storici è la carta di Firenze del 1981
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/06/IMG_6386-e1497248010349.jpg26992024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-06-12 08:59:342017-06-12 09:02:21I giardini storici e la legge
I like to see distant landscapes lost in the tiny details of a work of art
Dettaglio di un dipinto a fresco di area Lombarda della prima metà dell’800
Il supporto è un intonaco di calce idrata e sabbia di fiume, la superficie dell’intonaco non è perfettamente liscia, volutamente, come per intensificare il potenziale espressivo del colore steso su di una materia ruvida.
La tecnica è pittorica, a fresco
Le pennellate rossastre di terra di Siena bruciata sono il disegno, le prime tracce lasciate dal pittore sull’intonaco fresco, poi vi sono ampie stesure di colore bianco di calce velate di nero, molto diluito. Al centro una bellissima pennellata di azzurrite, non perfettamente a fresco, probabilmente aggiunta alla fine, quasi a secco.
Mi piace leggere la tessitura intrinseca alla materia, mi piace vedere paesaggi lontani perduti nei minuscoli dettagli di un opera d’arte
Testi e immagini
SilviaConti RestauroConservativo
Detail of a fresco painting of Lombard area in the first half of the 19th century
The support is a plaster of hydrated lime and river sand, the surface of the plaster is not perfectly smooth, deliberately, as to intensify the expressive potential of the color stretched over a rough matter.
The technique is fresco
The brushstrokes of brunt Siena are the design, the first traces left by the painter on the fresh plaster, then there are ample blankets of white lime veined in black. In the center a beautiful brush of blue, probably added in the end.
I like to read intrinsic weave texture, I like to see distant landscapes lost in the tiny details of a work of art
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2015/10/IMG_0952.jpg32642448Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-05-21 16:18:452018-05-28 08:23:14dettaglio di pennellata - brushstrokes detail
Un nuovo cantiere di restauro è sempre una nuova prospettiva per vedere il mondo.
Una soglia per varcare il tempo
Anche quando nell’affrontare un nuovo impegno professionale ci si trova di fronte alle peculiari problematiche del lavoro contemporaneo, pochi soldi e tanta fretta. Resta un punto fermo, per il restauratore, iniziare un nuovo lavoro, un nuovo cantiere segna l’inizio di un avventura.
Un nuovo cantiere, per quanto si sia condotto uno studio approfondito in fase di progettazione, è sempre l’apertura di una nuova soglia su un mondo da scoprire
Una porta che ci farà entrare a diretto contatto con l’opera d’arte con le sue caratteristiche e i suoi difetti, con la sua storia e le sue intenzioni
Oltre a ciò, quel cantiere diventerà temporaneamente per noi restauratori, una sorta di casa, un accampamento, come quello degli studiosi di fauna selvatica nel deserto del Gobi. Da li, se faremo attenzione, potremo varcare il confine spazio temporale e farci un viaggio nel passato. Ed è quello a cui non potremmo mai rinunciare.
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/05/IMG_6192-e1494052044455.jpg20321524Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-05-06 08:35:352018-05-13 08:27:40Punti di vista
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