La terracotta è il mondo, è un materiale estremamente diffuso, così versatile che vi sono state costruite intere città.
Le tecniche di utilizzo dell’argilla hanno mille e più diramazioni specifiche ma nell’essenza resta una delle tecniche più antiche ed essenziali dell’ingegno umano
La terracotta deriva dall’argilla, l’argilla è un conglomerato non sedimentato di minerali argillosi, per lo più derivanti dal dilavamento o stagnazione in acqua, di rocce contenenti tali minerali (fillosilicati, a loro volta composti da molti altri minerali; alluminosilicati, caolinite, silicati idrati d’alluminio, eccetera ) I manufatti in terracotta sono detti “Fittili”
L’argilla allo stato umido si presenta in blocchi o conglomerati dall’aspetto viscido e compatto . Il colore dell’argilla può variare a seconda degli ossidi in essa contenuti e sostanzialmente dai luoghi di provenienza. Il tipico colore rosso della terra cotta è dettato dall’ossido di ferro che si manifesta a seguito di cottura. Tale composto umido è malleabile e plasmabile, allo stato essiccato perde elasticità e mediante cottura diviene terracotta
Con la terracotta si possono fare i mattoni utili per l’edificazione di case e palazzi, oppure si possono plasmare manufatti decorativi e artistici, oppure ceramiche di rivestimento, pavimenti, vasellame o porcellane.
La differenza sostanziale tra laterizio da costruzione e le porcellane sta nel grado di depurazione dell’argilla. Più l’argilla sarà depurata e più compatto e meno poroso sarà il manufatto cotto. Le terre cotte meno porose sono le porcellane o il grès chesolitamente sono caratterizzate da un colore chiaro, quasi bianco, dettato dal caolino che compone in maggior parte l’argilla molto depurata
Altro dettaglio differenziale sta nella finitura di superficie della terracotta. L’argilla lavorata, essiccata e colorata con ossidi metallici a seguito di cottura diviene maiolica. Ovvero gli ossidi policromi stesi sull’oggetto in terra cruda, allo stato di polvere, una volta cotti (980 gradi circa) si fondono, variano di colore, si stabilizzano e creano un sottile strato di finitura assolutamente coeso al manufatto fittile, rendendolo policromo lucido ed impermeabile
La lavorazione dell’argilla è assolutamente versatile e può essere realizzata a stampo oppure plasmata a mano. È molto diffuso ed è meraviglioso trovare su di una tegola o un mattone antico le tracce delle dita che l’hanno lavorato
È molto interessante osservare i decori realizzati con la terra cotta, tra le vie delle città, ve ne sono di antichissimi e di recenti, alcune decorazioni soprattutto quelle dell’architettura, sono ottenute semplicemente allettando il mattone con un angolazione lievemente inclinata e ripetuta sino a divenire cordolo modulare.
Altri decori sono figurativi o scultorei e, dall’attenta osservazione, possiamo dedurre se siano realizzati a mano oppure a stampo o ancora a stampo e poi finiti a mano.
È bene rammentare che i decori in terracotta hanno delle dimensioni limitate in relazione a quelle del forno di cottura, per cui sono modulari e, se sembrano molto grandi, significa che sono stati assemblati con grande cura
Anche il semplice mattone da costruzione racconta la sua storia a chi la vuole ascoltare. Dalle dimensioni del mattone dal suo colore e dalla porosità si possono dedurre le fornaci di provenienza e le datazioni.
Dalla superficie scabrosa o liscia del mattone possiamo capire se era nato per essere intonacato oppure per essere finito a vista. Tra quelli nati per essere “finitura” possiamo anche scovare tracce di sagramatura. Una meravigliosa antica tecnica che prevedeva il trattamento superficiale dei mattoni con della calce idrata ed altra polvere di cotto, spesso stesi sulla superficie mediante l’azione abrasiva di un mattone strofinato in senso rotatorio sulla superficie. Il risultato della sagramatura è quella lucentezza naturale della superficie, dello stesso colore del mattone ma di tono più scuro in corrispondenza del mattone e lievemente più chiaro in corrispondenza della malta di allettamento.
Le grandi sculture in terracotta policroma sono dei manufatti affascinanti nei quali l’arte e la sapienza tecnica raggiungono altissimi livelli e che approfondirò in un prossimo articolo
Il ferro è un minerale estratto dalla profondità della terra, attraverso la creazione di miniere estrattive, che si trovano in quasi tutti i paesi del mondo.
La metallurgia è la disciplina che studia i metalli tra cui il ferro e le sue leghe.
Il ferro è un materiale molto diffuso ed ha trovato infiniti utilizzi, sin dai tempi antichi, in svariate forme, come elemento costituente della meccanica, oppure come elemento di supporto e decorazione dell’architettura infine come espressione artistica e decorativa a se stante
Troviamo manufatti ferrosi utilizzati come elementi strutturali e non visibili all’interno dei pilastri in calcestruzzo, come anima strutturale delle mensole dei balconi decorativi in graniglia o stucco
La sua presenza nelle nostre città e nelle campagne è grandissima. Siamo attorniati di elementi metallici, dagli utensili agricoli alle chiuse di sistemi di irrigazione, alle ringhiere. Ma ciò che trovo di estremo interesse è come si adatti ad ogni forma decorativa
Elementi decorativi di complemento all’architettura, grate, recinzioni, pinnacoli, borchie e maniglie di portoni ed altro ancora
Il ferro è sempre stato materia povera duttile e malleabile. Lavorabile con pochi semplici utensili.
Si ammorbidisce al fuoco, si plasma mediante la battitura effettuata con magli o semplici martelli, si taglia, si fonde, si mescola ad altri minerali, si piega fino a prendere le più svariate forme
Le principali tecniche tradizionali di lavorazione del ferro, che possiamo riconoscere guardandoci attorno, osservando gli elementi decorativi di qualsiasi area urbana sono:
La battitura a caldo: Una tecnica antica che prevede l’ammorbidimento del metallo attraverso il calore e la battitura dello stesso sino a plasmarne la materia nella forma desiderata: la battitura a caldo si riconosce dalle preziose imperfezioni della superficie metallica che riporta le tracce dei colpi del martello e i segni delle piegature con le tenaglie
Lo stampo o forgiatura a stampo: forme decorative, foglie e fiori possono essere realizzate a mezzo di immissione del metallo fuso in stampi di ghisa oppure con la più diffusa tecnica della forgiatura a stampo, dove il metallo viene compresso da stampi pre formati che imprimono la forma
La forgiatura a mano: prevede, come la battitura a caldo, il riscaldamento del metallo e la battitura continua a mezzo di elementi meccanici, tipo magli o strumenti industriali, sino a dare alla materia la forma desiderata. La forgia da manufatti plasmati, lisci e di forme flessuose ma regolari
La trafilatura: una tecnica più recente, dalla rivoluzione industriale in poi. E la tecnica con la quale il metallo viene forzosamente indotto a passare attraverso condotti sagomati che ne definiscono la forma, per estrusione. Con questa tecnica si formano aste, tubi e barre.
La laminazione si utilizza per formare delle lamine, può essere effettuata a mano, per battitura, per forgiatura oppure per processo meccanico industriale (a freddo oppure a caldo)
Può sembrare incredibile quante forme e decori si possano creare con queste poche tecniche metallurgiche
Trovo molto divertente aggirarmi per le vie e cercare di individuare, suddividere e catalogare queste tecniche
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/07/IMG_8945-2.jpg20072859Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-07-11 22:41:492018-07-11 22:51:43Il ferro, tecniche e forme
Nel panorama del restauro i materiali da utilizzarsi nelle varie fasi di lavorazione hanno varie derivazioni.
Si sa, il restauro è una disciplina relativamente recente e, nella sua fase iniziale, come un saprofita si è avvalso degli studi e dei materiali nati per altri settori. Sperimentando di volta in volta, applicando piccoli aggiustamenti procedurali il dato materiale al singolo intervento di restauro. Sino a che non ha preso forma una categoria, più o meno eterogenea e variabile, di materiali specifici per il restauro.
Acque, solventi, agenti e reagenti, consolidanti, malte, stucchi, mestiche, batteri , cere, boli, bitumi, adesivi, fissativi, pigmenti, resine e vernici.
Materie prime e composti complessi, per comprendere i quali è necessaria una certa qual predisposizione all’alchimia. Penso alle ricette della colla – pasta per la foderatura dei dipinti, ogni area geografica, ogni scuola, ogni studio di restauro ha una propria ricetta. Ricette complesse onnicomprensive con mille e più accorgimenti metodologici, più o meno segreti, per raggiungere il risultato voluto.
In sostanza, vuoi per formazione vuoi per consuetudine i restauratori sono abituati ad avere a che fare con i materiali più diversi al fine di svolgere il proprio mestiere.
Negli ultimi anni, seppur con un’intensità minore a quella riservata per altri settori, sono comparsi sul mercato nuovi materiali per il restauro. Stucchi e malte già pronti, prodotti per la pulitura, tutti ben confezionati e promettenti.
Ora, non si può che essere felici che l’industria si stia in qualche misura occupando di creare prodotti appositi per il restauro
Tuttavia vi è il rischio dell’immissione sul mercato di materiali per il restauro, detti tali solo al fine di accaparrarsi una fetta di mercato in più, ma nella sostanza del tutto identici a quelli già diffusi per altri settori, tipo quello dell’edilizia.
E’ nella natura del restauro e nell’attitudine dei restauratori cercare e sperimentare sempre nuovi materiali e nuove metodiche di restauro. Quindi ben vengano i nuovi materiali. Ma proprio per questo motivo è bene assumere un atteggiamento di analisi critica costruttiva nei confronti dei nuovi materiali, al fine di testarne la reale efficacia nel nostro settore.
Che ne caso del restauro significa sopratutto; compatibilità con il materiale da restaurare, durata nel tempo e reversibilità.
Innanzitutto avremo la necessità di verificare i contenuti reali di un dato prodotto, quindi inizieremo con reperire notizie chiedendo la scheda tecnica al produttore. Non dobbiamo ne possiamo fidarci delle informazioni commerciali che, il più delle volte, per rispondere a parametri di comprensibilità sono povere di dettagli. Per deformazione professionale i prodotti definiti “a base di…” mi suscitano una certa diffidenza, sopratutto quando accade di scoprire che l’elemento tanto decantato sull’etichetta quale “base” compare nella composizione reale in un valore risibile.
I nuovi materiali vanno poi testati, esattamente come accade nell’industria farmaceutica, dopo la messa a punto in laboratorio si giunge alla fase di sperimentazione. Così i nostri nuovi materiali andranno testati, da noi stessi, anche se le ditte produttrici lo hanno già fatto, affinché ognuno possa verificare se possano trovare utilizzo nei propri casi specifici di restauro.
Possibilmente utilizzeremo quale test l’intonaco della nostra cantina, o la crosta dipinta del soggiorno della zia, oppure i gradini del giardino vicino casa. In nessun caso va utilizzato un nuovo materiale non testato su di un manufatto di pregio. Daremo anche del tempo utile alle nostre prove affinché gli eventuali elementi problematici possano emergere e palesarsi.
Poi ci confronteremo con i colleghi e verificheremo se qualcuno abbia già raccolto una casistica degna di nota dell’utilizzo del dato materiale … Infine, se proprio ne saremo convinti, potremo utilizzarlo.
… a questo punto della considerazione, chi non aveva la vocazione del restauratore si sarà già tramutato in una statua di sale.
Gli pseudo restauratori saranno alle prese con i danni prodotti dall’utilizzo di un materiale non testato.
Mentre i committenti e le direzioni lavori si staranno chiedendo in quale girone infernale siano caduti, per dover sopportare le nostre stranezze!
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/12/IMG_7643-e1513064448155.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-02-25 17:58:262018-03-09 07:51:36Restauro - Nuovi materiali, come agire
In questo articolo intendo parlare della materia del restauro e della materia nel restauro
Può sembrare un gioco di parole ma in fondo non non lo è, non quando si parla di restauro. Poiché ciò di cui mi occupo è una disciplina strettamente connessa alla materia e sono convinta che solo dalla conoscenza e dall’analisi della materia si possa provare a capirne l’essenza.
Le riflessioni derivano da alcuni pensieri che mi ritrovo a percorrere circa il motivo per il quale abbia scelto la professione del restauro … certo prima di tutto c’è l’amore per l’arte e la sua storia, poi vengono la necessità di indagare, toccare, conservare e comprendere. Si ma cosa. Certamente l’essenza dell’opera, il suo messaggio, tutti quegli elementi astratti che l’opera ci comunica, così come la sua intenzione artistica. Ma tutti questi messaggi astratti fatti di emozione e pensiero usano un unico veicolo per giungere a noi, passano tutti attraverso la materia di cui è composta un opera d’arte. Ed ecco che siamo arrivati al punto. Un nuovo punto di partenza per l’analisi. La materia di cui è composta un opera d’arte che è anche la materia di cui si occupa il restauro.
Per essere più precisi, la materia del restauro e la materia fisica di cui è composta un opera d’arte, per ovvia conseguenza si può comprendere quanto la materia abbia un importanza assoluta e rilevante nel restauro anche per la scelta dei materiali per condurre il restauro stesso.
Non a caso il restauro è suddiviso e disciplinato da un punto di vista formale a seconda delle materie, trattate in via specialistica dai vari professionisti. Anche se è cosa diffusa, nonché utile alla sopravvivenza della “specie”, che ogni restauratore abbia più di una specializzazione in materia di restauro. Ovvero si occupi ed abbia esperienza diretta su più materiali
Credo possa essere di aiuto, al fine di comprendere l’intima connessione tra uno specifico settore del restauro e la sua materia di pertinenza, dare un occhiata agli ambiti di competenza, di seguito elencati, seppur sommariamente :
Superfici decorate dell’architettura, questa categoria comprende, affreschi, intonaci antichi, graffiti e stucchi e tutte le superfici immobili di pertinenza architettonica, fatta esclusione per gli elementi lapidei che hanno una categoria a se
Elementi lapidei
Mosaici
Elementi lignei, questa categoria riguarda mobili e sculture
Dipinti mobili su tela e tavola
Metalli
Tessuti
Reperti ceramici ed archeologici
Strumenti musicali
Solo per citare le più note.
Già ad una prima sommaria osservazione delle immagini si può comprendere quanto i materiali oggetto del restauro siano diversi tra loro e in virtù di questa diversità e peculiarità vengono richieste varie competenze nonché abilità nell’uso di metodiche e tecniche diverse . Poi ci sono gli oggetti compositi come la gioielleria o certe opere polimateriche. Per intervenire sui quali si rende utile l’isolamento delle varie materie al fine di intervenire con apposite metodiche su ognuno dei componenti dell’opera.
Così accadrà che materiali e tecniche utili per il restauro di un dato manufatto saranno del tutto inutili se non dannosi nel trattamento di un’altro oggetto.
Facciamo un banale esempio se nel restauro degli affreschi è consolidato l’uso, per la fase di pulitura, di sali del tipo carbonato o bicarbonato di ammonio, questi stessi, utilizzati su dipinti su tela o policromie lignee creerebbero danni irreversibili. Ma lo sanno tutti! L’esempio pare banale per quanto ovvio ma è utile prestare attenzione poiché non sarebbe la prima volta, si vedano i casi dei materiali nati ed utilizzati nel restauro di oggetti lignei finiti dritti dritti nel restauro degli affreschi con pacifico consenso di tutti, penso a certe resine acriliche e sintetiche tuttora molto diffuse.
Ma allora come è possibile agire con presunta certezza nel segno della conservazione del manufatto a fronte di una situazione di cronica e fluida instabilità?
Personalmente credo che la risposta stia proprio nella materia, ovvero nella conoscenza della stessa.
Quando si analizza e si studia una materia, quando la si osserva e la si conosce, quando dal profumo di un mobile si comprende l’essenza lignea o sfiorando un intonaco si arriva a dedurne la composizione o manipolando un metallo si intuisce la lega di cui è fatto. Allora si può comprendere un dato di estrema importanza per il restauro, il concetto di compatibilità tra i materiali. Un faro di riferimento che deve condurre le azioni di restauro, sempre associato della reversibilità!
Certamente ci vengono in aiuto tutti gli studi chimici e fisici ma prima di fidarsi ciecamente di un materiale, che potrebbe vantare studi scientifici di parte, ovvero condotti dalla stessa ditta che ne gestisce la diffusione sul mercato. Pensiamo alla compatibilità con il nostro oggetto, quello specifico del caso che stiamo trattando, pensiamo alla sua composizione, alla sua collocazione, all’esposizione agli agenti atmosferici, alle condizioni climatiche e microclimatiche di quel dato luogo, alla possibilità che venga fatta manutenzione e a tutte le variabili che caratterizzano la vita quotidiana di un’opera d’arte. Allora potremo capire se quel materiale specifico potrà funzionare per il restauro del nostro oggetto e potremo ridurre il rischio di errore nella scelta.
Così nel panorama di costante mobilità delle tematiche del restauro, la conoscenza della materia che compone l’opera d’arte costituisce un solido punto di riferimento per chi opera alla conservazione del patrimonio artistico e storico.
Sopra a tutto l’ottima teorizzazione del restauro, della quale il nostro paese può andare fiero, che detta le linee guida, trasversali utili per ogni oggetto, giardino o città di interesse storico artistico.
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/02/7492f458-3b66-4abf-b39a-9fa7a199666e.jpg768555Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-02-19 12:20:492018-02-23 17:05:40Materia e restauro
È più di un colore, in esso vi sono tutti i colori concentrati, alla loro massima espressione cromatica. Un colore così intenso, potente e luminoso da non poter essere percepito dall’occhio umano. Il bianco è il colore che più si avvicina al concetto fisico di luce! Il bianco è luce.
Il bianco ci circonda, ha un importanza assoluta e non potremmo farne a meno, il nostro mondo senza il bianco sarebbe impensabile.
Quando vi è necessità di luce in un ambiente abitativo, di eleganza in un abito, oppure di volume e corpo in un dipinto; solo il colore bianco assolve questi compiti. Sia esso colore ad olio, tempera, pittura murale, smalto, calce o pastello a cera. In ogni sua forma si lega ad altri colori, può essere mescolato con qualsiasi altro pigmento e lo renderà più chiaro, luminoso e coprente. Attutisce però la brillantezza di certi rossi e blu.
Non a caso nella scala RGB del colore, che ognuno può trovare sul proprio computer, il bianco è collocato al massimo della scala di ogni colore cioè pari a 255 di rosso, 255 di verde e 255 di blu.
Come tutti i colori e forse più di tutti gli altri, anche il bianco pone una serie di problematiche di studio e può essere analizzato sotto diversi aspetti. Ha un alta valenza simbolica, in ogni cultura. Ma se e vogliamo analizzare il colore bianco dal punto di vista fisico, le cose cambiano diametralmente .
Il bianco non è un colore, dal punto di vista scientifico, fisico e ottico non lo è.
Piuttosto è quella materia che ha la capacità di riflettere quasi per intero la luce così da non avere colore, ha tutti i colori in se e non ha tinta, esattamente l’opposto del nero che assorbe tutta la luce sino a non avere colore.
Per quanto lo studio del colore possa portare molto lontano e ramificarsi in ambiti e materie molto diverse tra loro, ritengo utile parlare di quegli aspetti che meglio conosco e, sui quali io possa dire qualcosa di utile e sensato. Come sempre, mi occupo di elementi della materia applicati all’arte, calce e pigmenti, quei microscopici granuli di polvere colorata, tangibili, con proprietà organolettiche e materiali. Colori e polveri che possono essere toccati, mescolati, impastati, stesi con un pennello, con una spatola o spruzzati con un aerografo. Proverò a sondare questa minuscola parte dell’argomento del colore bianco, senza la pretesa di essere esaustiva, ma per dare l’idea di quanto ampio sia l’argomento e magari condividere il desiderio di approfondirlo.
Innanzitutto ritengo di fondamentale importanza provare a fare una sintesi schematica, che certo non assolve la conoscenza sul pigmento bianco, ma può essere utile ad acquisire un metodo per valutare conoscere e riconoscere i diversi tipi di bianco. Bianchi che si vedono nelle opere d’arte antica, bianchi da utilizzare per il restauro, bianchi per dipingere o per stuccare.
Possiamo suddividere i bianchi in tre macro categorie; quelli di origine minerale come la calce idrata e tutte le pietre ricche di calcio come il caolino, quelli frutto dell’ossidazione dei metalli in ambiante acido e quelli di sintesi.
Conoscere l’origine e la composizione chimica può essere di estrema importanza per comprendere quali pigmenti possano essere utilizzati in un determinato caso e in che modo. Dalla loro derivazione ne discende stabilità alla luce, compatibilità o incompatibilità con altri materiali. Tutti dati fondamentali se si vuole utilizzare il bianco nell’ambito del restauro delle opere d’arte, ma anche per la creazione e di opere ex novo.
Vediamo ora degli esempi di colore bianco, molti di essi si trovano in commercio, altri non più ma è comunque utile conoscerli poiché utilizzati nell’arte antica.
Caolino è un bianco minerale molto diffuso, si tratta una roccia morbida di tipo detritico, presenta piccole varianti chimiche a seconda dei luoghi di cavatura, ma si tratta sostanzialmente di un minerale silicato dell’argilla, tipo bisolfato di alluminio. È molto diffuso ed utilizzato per impasti, ceramiche, stucchi e colori. Ha un ottima stabilità alla luce ed un alta compatibilità nella mescolanza con altre materie chimiche organiche e inorganiche. Il bisolfato di alluminio gli conferisce un potere antisettico pertanto, se utilizzato nei colori, questi saranno meno attaccabili da muffe, batteri e microrganismi. Per via di questa particolare proprietà è molto utilizzato in ambito cosmetico, basti dire che ognuno di noi lo incontra ogni giorno nella pasta dentifricia
La Biacca è forse il bianco più poetico e antico deriva dall’ossidazione del piombo esposto ai vapori acidi dell’aceto, è un bianco caldo, un poco giallo, dalla granulometria sottilissima, quasi vellutato. Oggi quasi introvabile per via della sua tossicità e a causa della sua instabilità, infatti la biacca in ambiente basico tende ad annerire rovinando irrimediabilmente le opere in cui è stata utilizzata. Presenta meno problemi se utilizzata come colore ad olio, poiché le molecole oleose avvolgendo completamente i pigmenti, evitano l’esposizione all’ossigeno e il conseguente processo di ossidazione. Mentre gli utilizzi della biacca con la tecnica a fresco, a tempera ed a calce hanno dato dei risultati devastanti.
La calce idrata, idrossido di calcio, o grassello o calce spenta è un colore ed un legante minerale nel contempo. È un materiale di estrema importanza nell’edilizia e nell’arte antica. Si presenta come una pasta umida di colore bianco assoluto, quasi accecante. Deriva dallo “spegnimento” in acqua, della pietra calcarea cotta a 800 gradi circa. Diluita può essere utilizzata come tinta, da stendere a pennello, in pasta, mescolata con due parti di inerte (sabbia di fiume o polvere di marmo) forma delle malte, dei marmorini e degli stucchi di eccezionale resistenza nel tempo. Il suo potere legante si estrinseca attraverso il processo chimico della carbonatazione e la perdita dell’umidità. Non ha un grande potere coprente se non addizionata ad inerti come carbonato di calcio. È il componente fondamentale dell’architettura storica e della tecnica pittorica a fresco. È il materiale per eccellenza del restauro degli affreschi, degli stucchi e degli intonaci sopratutto per il suo potere legante minerale, infatti nella sua forma più diluita, acqua di calce, è il miglior consolidante per imbibizione di intonaci ed affreschi. Di fondamentale importanza verificare la qualità della calce, essa deve derivare dalla cottura di carbonato di calcio o di magnesio e deve avere avuto una sedimentazione o spegnimento, in acqua, di almeno 2 anni. I grasselli a spegnimento forzato, oggi molto diffusi in commercio, sono da evitare nel restauro, poiché hanno un potere legante risibile. Recentemente si è diffusa la commercializzazione di calce idrata in polvere ovvero già essiccata, anche questa forma è da evitare nel restauro, poiché il potere legante della carbonatazione, che evidentemente non può verificarsi, potrebbe essere sostituito da additivi chimici.
Il Bianco di San Giovanni, è un meraviglioso colore dall’aurea quasi mitica, è di origine minerale e deriva dalla calce idrata. Non esiste in commercio, ma chi avesse qualche settimana di tempo può sempre provare prepararlo. Del bianco di San Giovanni ne parlano i trattati antichi come il “libro dell’arte” del Cennino Cennini. Vi si indica come prepararlo partendo dalla calce idrata; in sintesi si debbono formare delle palle di calce, lasciarle essiccare, quindi bagnarle con acqua demineralizzata, rimpastare, formare altre palle e ripetere l’operazione per sette o 10 volte. Alla fine si ottiene una polvere bianca candida che ha perduto il potere legante della calce trasformandosi in un pigmento di calce. È molto utilizzato negli affreschi antichi ed è riconoscibile per il candore della calce unita ad un corpo spesso e compatto, la calce idrata infatti non potrebbe essere usata a corpo poiché polverizzerebbe entro breve.
Il Gesso o solfato di calcio biidrato, è un minerale di cavatura estremamente versatile e, a seconda della sua lavorazione assume forme diverse che offrono una quantità incredibile di utilizzi in ambito artistico e architettonico. Dagli scarti della lavorazione del gesso deriva il caolino, il gesso a seconda del grado di sedimentazione può essere bianco polveroso o cristallino trasparente (quarzo). Nella sua forma più polverosa (solfato di calcio) si ottengono i gessetti da lavagna che mescolati a pigmenti in polvere divengono gessetti colorati. Nella sua forma più cristallina i frammenti di quarzo molto utilizzati nelle paste e tinteggiature da esterno, per lo più legate con materiali sintetici o acrilici. Tra questi due estremi vi stanno una quantità incredibile di varanti del materiale. Uno dei più noti è la scagliola (solfato d calcio emiidrato) è un gesso in polvere che attiva una reazione chimica di tipo termico quando viene mescolato all’acqua e indurisce in breve tempo. La scagliola è molto utilizzata in architettura, per decori plastici e per le finiture lisce delle pareti o per la creazione del carton-gesso. È uno dei componenti principali degli stucchi antichi, spesso mescolata alla calce idrata che ha il potere di rallentare la presa della scagliola e rendere più compatto e resistente il composto finale. La scagliola per via della sua capacità di indurimento veloce è presente in tutti i cementi, caldane e le malte a presa rapida. È bene considerare un dato negativo della scagliola, la sua alta igroscopicità la rende inadatta a luoghi umidi o esposti alle intemperie. Utile ricordare che anche il più tenace dei cementi rapidi sarà sempre collettore di umidità. La scagliola è assai poco raccomandata in caso di restauro.
Il Bianco di Spagna è un carbonato di calcio molto sottile di granulometria, è un minerale naturale, a volte è mescolato ad altri carbonati di calcio, non ha il potere coprente di altri bianchi e spesso viene utilizzato come inerte carbonatico piuttosto che come pigmento nelle pitture murali, per comporre degli stucchi oppure come finissimo abrasivo per levigare le lastre di zinco utilizzate nell’incisione ad acquaforte. A differenza del Bianco di Bologna non si sposa perfettamente con le colle organiche poiché tende ad avere nel tempo deformazioni e tensioni difformi della superficie..
Il Bianco di Bologna detto anche gesso di Bologna è un solfato di calcio biidrato deriva dal gesso ed è completamente inerte e, come il bianco di Spagna è perfetto nella composizione degli stucchi, si sposa perfettamente con le colle organiche e costituisce il tipico stucco per il restauro dei dipinti, la mestica o preparazione delle tele da dipingere e la base perfetta per le cornici dorate a foglia e bolo. Di contro non ha un grande utilizzo come pigmento per uso pittorico e teme l’umidità
Il Litopone è composto da solfuro di zinco e solfato di bario precipitati è un pigmento minerale molto stabile alla luce e compatibile con un gran numero di leganti organici e inorganici diffuso sia come pigmento per idropitture che per tempere
Il Bianco di Zinco è un pigmento di origine minerale ma ottenuto mediante un processo di sintesi dai vapori dello zinco bruciato ad alte temperature. Ha una buona stabilità alla luce ed una certa trasparenza, è infatti meno coprente del bianco di titanio. Si è diffuso sul mercato prima Francese e poi europeo dagli inizi dell’ottocento e il suo utilizzo è eminentemente pittorico.
Il Bianco di Titanio è un colore molto recente, infatti la sua formula è stata messa a punto e commercializzata nel primo ventennio del XX sec. è un pigmento di origine minerale (biossido di titanio) ma ottenuto con un processo di sintesi, per cui è un pigmento minerale di sintesi. E molto coprente e sbiancante, ha un ottima resistenza alla luce ma nel tempo tende a degradarsi per polverizzazione ed essiccazione
Questi sono i bianchi che mi sono venuti in mente, se ne conoscete altri, aggiungeteli nei commenti
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/12/calcequalita_bancadellacalce_33-e1512388775691.jpg543628Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-12-04 13:15:522018-02-21 14:18:10Colore o non colore, il bianco
La terra non è il mio elemento preferito, eppure non posso sottrarmi al fascino della sua possente versatilità.
Quando si osserva l’architettura storica di certe aree urbane, soprattutto in pianura, dove abbonda l’argilla, ci si deve rendere conto che tutto attorno a noi, non è altro che terra!
È stupefacente
Eppure quelle città, quegli edifici, quelle chiese sono terra, sapientemente plasmata dalla fatica e dall’ingegno dell’uomo. I mattoni di terracotta sono terra argillosa cotta nei forni. Piccoli moduli resistenti che ben assemblati e legati con malta di calce, possono generare un possente muro di difesa così come leggiadri elementi decorativi.
La malta che lega, unisce e alletta i mattoni è composta per due terzi di sabbia di fiume o terra di campo, il rimanente terzo è calce, un legante minerale derivante dalla cottura del calcaree
…che in fondo, in fondo non è altro che terra sterile, sedimentata nei millenni.
I colori che decorano gli edifici sono in gran parte di cavatura, chiamati genericamente “terre”; i gialli ocra e di Siena, i bruni, le terre bruciate generano alcuni rossi che virano all’arancio, ed altri ancora, con infinite varianti a seconda delle zone, dei minerali presenti e delle caratteristiche chimico fisiche della terra. Colori legati, schiariti e mescolati con calce idrata, la terra sterile di cui sopra.
Ed è sempre terra “Terra e acqua” per l’esattezza, (e per citare una bellissima canzone di Giovanna Marini). Già perché l’argilla è plasmabile grazie all’acqua che la imbeve e la calce si spegne e si diluisce con l’acqua.
Terra e acqua così come per tutto attorno a quelle città di terracotta, i campi coltivati, le rogge, i fiumi.
Poi ci sono i materiali di finitura. Una buona dose di legno, (che nasce dalla terra) per il legname che forma i solai e gli infissi, un pizzico di ferro, (che si estrae dalla terra) per le catene ed i capo-chiave, vetro, (i cui minerali si trovano nella terra, vedi la silice), per le finestre, ed ecco la nostra città .
Un chiosa sull’evoluzione; dalla metà del ‘900 si è diffuso a macchia d’olio l’uso del cemento, che in fondo è una terra vetrificata dalla cottura del clinker ad oltre 1000 gradi. Le città di terracotta non amano molto la sua rigidezza e tendono a respingerlo con macchie di umidità e orribili deformazioni, così come i colori sintetici disciolti in materiale plastico, anch’essi respinti, espulsi, macchiati, deformati.
Così mi viene da pensare che, in fondo per comprendere i fondamenti della conservazione e del restauro basterebbe ascoltare i messaggi che i nostri manufatti storici ci mandano, che sono forti e chiari. Basta osservare, con un poco di pazienza.
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/10/IMG_7361.jpg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-10-05 08:37:412020-04-05 09:19:59Dettagli - Terra
Il fascino del dettaglio, il fascino della materia primitiva, il ferro, il minerale che ha scandito l’evoluzione della specie umana.
Quando osservo il dettaglio di un ferro eroso dal tempo e dagli agenti atmosferici lo percepisco vivo.
Lo analizzo, ha i colori della terra e del cuoio
Un minerale duttile e malleabile dal quale si traggono manufatti forti e tenaci, anime dell’architettura, gabbie strutturali, torri, carene di navi .
Forte come il ferro, duro come il ferro
Si fonde, si estende, si batte, assume ogni forma. Si aggancia, si salda, si imbullona. È un materiale umile e laborioso, duro e flessibile, non vi è traccia di nobiltà nella sua diffusa materia e si adatta ad ogni utilizzo.
Quasi conscio di se permane ligio e inalterato per lungo tempo, sino a quando non vede il sole, l’acqua e il mare. Allora la sua superficie si ossida, si sfalda, si sbriciola, come un animo sensibile che di fronte all’emozione della natura perde la scorza e sente affiorare la nostalgia delle proprie origini.
The charm of detail, the charm of primitive matter, iron, the mineral that has marked the evolution of the human species.
When I observe the detail of a weather-eroded iron and I perceive it alive.
I analyze it, it has the colors of earth and leather
A ductile and malleable mineral from which strong and tenacious artifacts, architecture souls, structural cages, towers, hulls of ships are drawn.
Strong like iron, hard like iron
It merges, extends, fights, assumes all forms. It hangs, is firm, bounces. It is a humble and laborious material, hard and flexible, there is no trace of nobility in its widespread material and suits it for every use.
he remains lazy and unaltered for a long time, until he sees the sun, the water and the sea. Then its surface oxidizes, crumbles, like a sensitive soul that in emotion for nature, feels the nostalgia of its origins
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2017/08/IMG_4262.jpg24483264Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2017-08-30 23:44:052018-02-21 14:17:04Dettagli - Iron
Il fascino del dettaglio. Trovo estremamente interessante osservare i dettagli della materia, certo fa parte del mio lavoro analizzare la materia di cui è composta un opera d’arte, individuarne le caratteristiche, la composizione, la tecnica esecutiva e definirne lo stato di conservazione.
Ma fare questo mi piace, a prescindere dalla deformazione professionale, che mi induce ad osservare con trasporto qualche muro scrostato, come fosse un tramonto sul mare.
Nell’immagine si può osservare un particolare di una trave lignea di una cella campanaria, esposta per un paio di secoli al vento e al sole. Scarnificata e levigata, ha perduto la forma che il carpentiere gli aveva dato, quella che l’architetto aveva disegnato, ed ha recuperato una primitiva essenza, una forte espressività, intrinseca, propria. Ognuno ci può vedere qualche forma nota, le onde del mare, un ricordo, un paesaggio.
The charm of detail. It extremely interesting to observe the details of the matter, certainly it is part of my work to analyze the matter of which is a work of art, to identify its characteristics, composition, executive technique and define its state of conservation.
I love to do it. Perhaps a professional deformation, that caches me to observe some pebbled walls, as was a sunset on the sea.
In the image you can observe a detail of a wooden beam of a bell tower, exposed for centuries in the wind and the sun. Scarcely and honestly, he lost the shape that the carpenter had given him, what the architect had designed, and he recovered a primitive essence, a strong expressive, intrinsic, own. Everyone can see some known form, the waves of the sea, a landscape.
Cookies
Per far funzionare bene questo sito, a volte installiamo sul tuo dispositivo dei piccoli file di dati che si chiamano "cookies". Anche la maggior parte dei grandi siti fanno lo stesso.