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Cantieri di restauro e sopralluoghi virtuali – Articolo di Artibune

Cantieri di restauro e sopralluoghi virtuali

Articolo pubblicato da Artibune

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Articolo publicato da Artribune il 19 luglio 2020

La forza della pazienza

Eccoci qua

secondo una nota del vecchio ministero dal nome nuovo, e dalla nuova informale forma comunicativa, in data odierna dovremmo avere le prime frammentarie notizie in merito all’elenco dei Restauratori di Beni Culturali

Heep heep Urrah!

Vabbè, stiamo a vedere!

A chi interessa la questione? Apparentemente a pochi  sparuti

I primi interessati siamo noi restauratori, esseri anomali, galleggianti nella sfera dell’indefinito dalla notte dei tempi, da quando esiste un bene culturale e l’interesse a conservarlo. In fondo vorremmo solo sapere se ci fosse dato di essere carne o pesce. Se ci fosse dato svolgere le mansioni, che peraltro svolgiamo da sempre, nell’agognata condizione di chi sa di essere al proprio posto. 

È così banale il desiderio che mi sento puerile nello scrivere

Eppure qualche altro interesse emerge all’orizzonte … le gare d’appalto pubbliche inseriscono con più frequenza l’esplicita richiesta della una figura professionale del restauratore e allora diviene interesse delle aziende  del settore edile, sapere chi sono questi soggetti, avere un elenco e potervi attingere

 Un altro interesse è legato a quelle schiere di giovani aspiranti restauratori formati e sfornati a ritmo continuo da miriadi di scuole di restauro su tutto il territorio nazionale. Per il momento popolano i call-center, sfornano pizze e servono  caffè, ma che  renderanno evidente una contraddizione eclatante. Unico modo per nascondere la contraddizione di formare tecnici per lavori inesistenti e problematici è dargli lavoro, magari  proprio quello per cui sono stati spennati senza ritegno sino ad oggi!

Infine una rinnovata sensibilità per l’ambiente e l’opera dell’uomo che, sotto il profilo del pensiero culturale, sta facendo capolino all’orizzonte

Poche motivazioni, ma con trend in aumento

In realtà ci si crede poco e come potremmo mai

Eppure abbiamo dei dati che depongono a nostro favore, la consuetudine e la costanza di setacciare superfici immense con bisturi e pennellino è un esercizio di concentrazione  che dona una forza immensa, quella della pazienza!

Così potrebbe accadere che quando anche questo ministro sarà acqua passata, quando il nome del ministero sarà cambiato altre quattro volte noi saremo qui a svolgere il nostro nobile lavoro, con o senza l’elenco… E per sfinimento arriverà pure quello!

Testi e immagini

 

SilviaContiRestauroConservativo

Petrolio della Nazione? Yes we are!

Analisi semi seria del rapporto tra politica e beni culturali

1 Le presentazioni

… buongiorno, siamo i restauratori.

Eccoci qua, ad oggi possiamo vantare una stretta parentela con il “petrolio della Nazione” cioè i Beni Culturali !

Per dovere di precisione siamo quelli che mettono il petrolio nei barili e lo conservano. Quelli che si sporcano le mani. Quelli  che quando si tratta di fare un cartellone pubblicitario vengono messi  in posa e quando si tratta di riconoscerli come categoria nessuno li vede

Appariamo e scompariamo come piccoli fantasmi, ma all’occorrenza con discrezione, per servirvi!

2 La politica e i beni culturali

L’atteggiamento della politica Italiana rispetto al patrimonio culturale è sempre stato piuttosto singolare. Palla al piede prima, petrolio d’Italia poi … mai che vi sia stata  una percezione realistica della situazione!

Infatti il dato più divertente ed emblematico è pensare che il concetto più recente, quello di patrimonio culturale come petrolio della nazione, sia nato da un senso di pudore di fronte a questo immenso patrimonio che chiede di essere conservato. Il Ministro di turno, i politici in genere e a volte anche i funzionari, sono stati intimoriti dal dover chiedere risorse per gestire e conservare i beni culturali. E allora hanno pensato bene di dire … “tranquilli …. è il petrolio della nazione!” Come una forma di giustificazione o rassicurazione per gli astanti dubbiosi di fronte a quell’ammasso di vecchiume

Chissà perché nessuno ha mai provato pudore al pensiero che le infrastrutture o la sanità abbiano bisogno di risorse. Evidentemente quello è naturale

3 Il Ministero

Per molti anni è stato considerato una sorta di “rifugio peccatorum” ovvero il luogo dove inviare politici che, il governo di turno non  sapeva bene dove collocare, ma  ai quali doveva pur dare un incarico. Motivo per il quale vi sono finiti insigni personaggi della storia d’Italia che nessuno ricorda.

Fatta eccezione per alcuni casi  in cui il politico giusto era finito al posto giusto, ma certamente si era trattato di un caso fortuito e del tutto transitorio!

Nei tempi più recenti è decisamente più glamour fare il Ministro alla cultura per cui l’atteggiamento è  cambiato ma, soprattutto nella sua forma esteriore

 4  Il nome

Su base statistica e storico politica ovvero in base ai dati desunti dalla storia della nostra Repubblica, possiamo affermare che nel cambio del nome del Ministero o degli uffici ad esso connessi, risiede tutto il senso politico e progettuale della sua azione sul patrimonio 

Per essere banalmente esplicativi fornirò un breve esempio della variazione dei nomi del ministero e delle Soprintendenze, senza voler essere esaustiva … sarebbe impossibile

Cambio dei nomi del Ministero

  • Ministero per i beni culturali e l’ambiente (1974)
  • Ministero per i beni culturali e ambientali (1975)
  • Ministero per i beni e le attività culturali (1984)
  • Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (2013)
  • Ministero dei beni e delle attività culturali (2018)
  • Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (2019)

 

Cambio dei nomi delle Soprintendenze

Le soprintendenze nascono nel 1904 e vengono normate dal Ministro Luigi Rava nel 1907 suddivise in tre aree di competenza

  1. Soprintendenza ai monumenti 1907-1923 1939-1974
  2. Soprintendenza agli scavi e musei archeologici 1907-1923 1939-1974
  3. Soprintendenza alle gallerie 1907-1923 1939-1974

Dagli anni ’80 ad oggi è stato un turbinio scoppiettante di nomi  che spesso di anno in anno si allungavano, si suddividevano a seconda delle regioni e comunque, sempre si complicavano

Prendiamo ad esempio una soprintendenza : La Soprintendenza alle Gallerie è divenuta Soprintendenza ai Beni Mobili storico artistici, poi  Soprintendenza ai Beni Storici Artistici che negli anni seguenti diveniva, Soprintendenza ai Beni Storici Artistici ed Etenoantropologici, che l’anno seguente divenivano, Demoetnoantropologici, a questi nomi sono seguite le sigle tipo  SBAP e SBEAP, certamente imparentate con i suoni onomatopeici Bim, Bum, Bam, Patapim e Patapam

5 Novità in arrivo

Il nuovo governo si è da poco insediato e ancora non sappiamo come si atteggerà il nuovo Ministro dei beni e attività culturali, in ogni caso … ha già cambiato il nome del ministero!

Come sempre una speranza la conservo, sarà che tutte le volte ci casco, tutte le volte  ci credo, e penso che al di la degli schieramenti politici, possa essere designato qualcuno che abbia realmente a cuore il patrimonio storico artistico di questa povera grande nazione

Chissà … ai posteri l’ardua sentenza

Testi

SilviaContiRestauroConservativo

Immagini gentilmente concesse da Giovanni Alfieri Fotografo www.giovannialfieri.com

Albo dei restauratori, una questione culturale

le “Baruffe chiozzotte” di goldoniana memoria, ovvero il conseguimento del titolo di qualifica di restauratore.

Il 31 dicembre 2017 doveva essere pubblicato l’elenco dei restauratori italiani, ovvero l’elenco di coloro che hanno conseguito la qualifica di “restauratore”, attraverso la selezione a mezzo di bando pubblico iniziato nel 1998 e conclusosi, con termine perentorio, il 15 ottobre 2015 con un susseguirsi di codici, bandi, ricorsi, tribunali, nuovi bandi, nuovi termini, nuovi parametri, rinvii, nuove regole, etc, etc.

Già leggendo tra le righe i testi delle comunicazioni e  delle proroghe si trovano chiari indizi che forse ci condurranno alla realtà dei fatti.

Si, per noi restauratori guardare la realtà è penoso ma proverò  a farlo, così come se analizzassi un opera d’arte.

I fatti;

  1. La formazione della qualifica del titolo di Restauratore è stata sollecitata dal Consiglio d’Europa ( se non erro, per questo ritardo l’Italia dovrebbe essere in mora da un pezzo)
  2. I restauratori hanno formazione eterogenea
  3. I restauratori sono pochi (quantomeno chi ha i titoli per ottenere la qualifica)
  4. I restauratori si scannano tra loro
  5. la commissione, composta da figure di alto profilo del panorama culturale, si riunisce a titolo gratuito
  6. La commissione scopre che i documenti da analizzare sono tanti
  7. I commissari provengono da tutta Italia e scoprono di avere bisogno di rimborsi
  8. La quasi totalità dei commissari si dimette
  9. Vengono fissati nuovi termini … il 30 giugno 2017
  10. Si sceglie di sostituire i membri della commissione con commissari Romani così da non avere il problema dei viaggi e quindi dei rimborsi
  11. La commissione, o quel che ne resta, annuncia il rinvio al 31 dicembre 2017
  12. La nuova commissione annuncia un nuovo rinvio a non so quando, mi sono distratta e forse non mi interessa più!

Le prima deduzione che emerge leggendo questo breve elenco è che non vi è una spinta socio politica o un bisogno reale nel conferire la qualifica di restauratore. La questione pare essere considerata un lieve fastidio, come un brufolo sul naso, che periodicamente compare. Un problema che non vale neppure il misero compenso dei commissari nominati.

Non vi è la volontà e neppure l’interesse

Eppure quello spropositato impegno profuso per deviare, bloccare, posticipare fa pensare ad altro. Fa sorgere il dubbio che qualche interesse, seppur pusillanime, ci debba essere.

Altrimenti non si spiegherebbe il ridicolo impegno nell’ostacolare l’applicazione di una normativa ovvia e banale.

L’interesse affinché  quella  professione nobile, nata e teorizzata in questo paese ed esportata nel mondo, rimanga un dato nebuloso nell’aere vagamente artistico, come un sentore di trementina, ci deve essere.

Partirò da una premessa che può rivelarsi utile alla comparazione, chiunque in Italia può conoscere quale sia il percorso formativo per titoli ed esami, per esercitare una data professione. Chi vorrà fare l’avvocato frequenterà la facoltà di giurisprudenza a cui seguiranno due anni di praticantato, infine dovrà superare l’esame di stato, chi sceglierà di fare l’architetto si laureerà in una facoltà di architettura e poi darà l’esame di stato e così via.

Il restauratore no, ad oggi non si sa cosa deve fare, un aspirante restauratore,  per esercitare legittimamente questa professione.

Fatta esclusione  dell’istituto centrale per il restauro e l’opificio delle pietre dure, la cui esiguità di offerta non assolve alle minime richieste, ne degli aspiranti restauratori ne del territorio.  Ogni giorno si vedono fiorire  nuove scuole di restauro, non vi è università o accademia che non abbia un corso di restauro, e poi scuole private, regionali, provinciali  e chi più ne ha più ne metta, tutte in qualche misura abilitate, certificate, ate.

Ok, ma quando uno studente concluderà il percorso formativo potrà esercitare? No,  beh, ma, boh … e chi lo sa!

Una pura follia che porta ad una frammentazione ulteriore, interna ad una categoria che già di per se stenta a riconoscersi, anche quando incontra un proprio simile.

I restauratori provenienti dalla formazione professionale si adirano contro quelli di formazione a bottega che si adirano contro i neo formati  da nuove scuole che magari pretendono di soffiargli i lavori… e tutti in coro contro quelli provenienti dall’ICR e OPD che, in questa melma fangosa, interpretano la figura degli eletti.

In realtà siamo tutti nella stessa condizione, come i polli descritti dal Manzoni nei “Promessi sposi” quelli che, accomunati dal medesimo destino ( finire in padella) non trovano di meglio da fare che azzuffarsi tra loro.

Una situazione paradossale che vede, a fronte dell’emergere della “fortuna critica” dell’arte in genere e del restauro come atto dall’aurea poetica, un aumento della precarietà della figura del restauratore. Una  contraddizione in termini!

Come se qualcuno avesse avvistato all’orizzonte un grande interesse nell’impresa culturale e artistica in genere e lo volesse riservare per se.  Preoccupandosi di mantenere il restauratore in uno stato di costante inferiorità e dipendenza. Per chissà quale timore, che possa emergere,  che possa trarne benefici, profitto o fama, chissà.

Questi soggetti oscuri che potrebbero essere altri professionisti oppure politici, pensano di risolvere il problema comprimendo la professione del restauro in uno spazio angusto, nel quale i restauratori  possano si svolgere il proprio  ruolo, ma sempre e solo per grazia ricevuta. Non per competenza, non per legittimità professionale ne per ruolo. Ma sempre solo ai piedi e al cospetto di chi gli consentirà magnanimamente di svolgere il lavoro che gli spetterebbe per ovvia competenza .

Purtroppo le figure che reggono questa politica non sono ben riconoscibili, non è facile additare il colpevole, senza cadere in inganno,  ma di certo l’operazione che stanno perpetrando non può che danneggiare l’intero paese.

Stanno mettendo in atto un boicottaggio alla professione del restauratore senza rendersi conto del più grande ed interessante orizzonte che vi è dinnanzi. L’Italia è un paese ricchissimo di arte, di genialità e di capacità tecnico artistiche. Il ruolo del restauratore svolto secondo criteri e norme corrette non può che apportare beneficio, non solo sotto il profilo conservativo ma di conoscenza. Ogni restauro è un’occasione di studio che può e deve costituire  una nuova pagina della storia di un dato bene.

I restauratori non sono meri esecutori e neppure aspiranti despoti, sono parte dell’ingranaggio culturale che può e deve procedere, ognuno secondo le propria competenza, con le finalità della conservazione del patrimonio che è la nostra storia e la nostra pelle.

Normare con equità e rettitudine la professione del restauratore è una questione culturale indice del livello evolutivo di un paese civile.

L’arte è una categoria dello spirito  nella quale c’è posto per l’espressione di tutti coloro i quali sapranno esserne all’altezza. Chi avrà qualcosa di sensato da dire in materia, alla fine non potrà che essere ascoltato e non serviranno a nulla argini balzelli o cavilli.

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo