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Cronaca del saggio stratigrafico

Cosa vedono i miei occhi!?

cosa vedono i restauratori quando salgono un ponteggio, non ci crederete ma vedono cose diverse da quelle che osserverebbero altre persone, altri professionisti

Sbuchi dalla botola e … Oddio il quadrante è completamente rifatto, ma tu guarda e seguono una miriade di brontolii, ma vi pareva il caso di arrivare fin quassù con le vostre malte pre miscelate del cavolo. Avrete fatto anche fatica, sapete che c’è? Ve la potevate risparmiare!

Poi annusiamo, auscultiamo, tastiamo e bussiamo la parete come un segugio, fino a quando ci convinciamo del punto giusto per eseguire il saggio stratigrafico, ecco qui, esattamente qui!

Poi ci giriamo, accidenti, carino da quassù guarda che bel panorama, ciaooo!

Vedi il video panoramico

Ok, non perdiamo tempo, questo è il punto giusto, voglio analizzare questo punto, fammi capire come è stato fatto questo intonaco, chissà che non vi sia qualcosa di decente li sotto.

E si parte con bisturi spatole e piccoli scalpelli, tic, tic, sgratt, garatt.

Accidenti a voi, pure la rete e la colla per piatrelle avete messo, sotto alla pre miscelata… e via con altri improperi e brontolii vari

Nove centimetri, nove centimetri di cemento, con l’aggiunta di una rete da pollaio e la sotto un povero intonaco tardo quattrocentesco langue, questa è insensibilità! Infami!

Quando il cemento supera i 4 centimetri il restauratore sbrocca ed i brontolii divengono mugugni e l’aria diviene truce.

Ok ricomponiamoci, prendiamo gli appunti per la relazione, mi raccomando fredda, distaccata, professionale. Et voilà il saggio stratigrafico è fatto!

Sorridi

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

Marketing e restauro

Il pensiero di oggi riguarda il marketing del restauro

la nostra epoca contemporanea è fortemente caratterizzata dalle strategie di marketing e dalle conseguenti ricadute economiche sulla società.

Ci si può chiedere cosa mai c’entrerà tutto ciò con il restauro! In realtà il marketing c’entra sempre, ha direttamente a che fare con tutto quel che  concerne bisogni, esigenze, prodotti e valori.

Ed è innegabile che il restauro esista perché esiste il bisogno di conservare manufatti. Connesso e conseguente alla soddisfazione di tale bisogno si crea un mercato, per quanto piccolo, con scambio di valori. Per questo motivo il marketing ha a che fare con il restauro, e forse,  dovrebbe averci a che fare di più!

I pensieri che hanno indotto le seguenti considerazioni sono proprio dettati dalla strana percezione che esiste, sopratutto in Italia, circa la conservazione, il restauro ed i restauratori.

Il mondo del restauro è percepito, in linea generale, con delle distorsioni, con enfasi eccessive da un lato e minimizzazioni o trascuratezze dall’altro.

E’ così triste pensare che se esistesse una percezione più corretta della conservazione tutto sarebbe più semplice, non si lascerebbero cadere nel degrado i manufatti di pregio, sarebbe normale avere una categoria qualificata di restauratori ed altrettanto normale compensarla.

Ma veniamo ora alle distorsioni che io percepisco

In primo luogo qual’è l’immagine del restauro?

 Immagine 1 –   la  ragazza  sorridente, con capello fluente e camice candido che sfiora delicatamente la superficie di un dipinto con un bastoncino cotonato adatto alla pulizia delle orecchie.

 Immagine 2 –  Il grande evento: campagna mediatica da urlo, slogan roboanti per il ritorno “all’antico splendore” o la “all’origine” di un  edificio storico

 Immagine 3 –  la scuola di restauro; gruppi di fanciulli in camice bianco dotati di sguardo sicuro diretto al futuro. La tecnologia invade la scena, microscopi, occhiali videocamera e molta, molta altra meravigliosa e debordante strumentazione.

Le tre immagini sopra elencate, che sono entrate a pieno titolo nell’immaginario collettivo, quando si parla di restauro,  non consentono di vedere oltre. Infatti non è dato comprendere  se la ragazza sorridente sia una restauratrice o una semplice comparsa.

E non ci mostra come il grande restauro pubblicizzato sia stato realizzato in tempi fulminei da una squadra di volontari, due classi  di studenti e  tre ditte edili e per tanto non si possa proprio definire restauro.

E non si evince dall’immagine della scuola  se i fervidi giovanotti abbiano la cognizione che i molti  denari sborsati da loro e dalle loro famiglie, per quella tecnologica istruzione, non gli garantiranno lavori remunerati e la loro figura professionale sia a rischio di mancato riconoscimento ministeriale.

Tutto questo manca nell’immagine collettiva del restauro, in parole povere manca la realtà!

… e dire che quelle sopra elencate sono le distorsioni in positivo, ma veniamo ora alle distorsioni in negativo o preconoscenze

Preconoscenza 1 – I restauri sono cari. “Punto!” I fondi necessari per conservare un bene sono considerati sempre e comunque troppi. Capita infatti che la stessa amministrazione cittadina,  che mette a bilancio centinaia dei migliaia di euro, ogni anno, per tinteggiare le ringhiere e  sistemare i cordoli di marciapiedi, si contorca per mesi prima di mettere a bilancio trentamila euro per un restauro o la manutenzione di un bene per il quale è conosciuta in tutto il mondo.

 Preconoscenza 2 – Il restauro non è indispensabile. Non lo dico io, lo dicono i numeri! Quando si parla di un bene storico, per quanto importante, il restauro conservativo o peggio la manutenzione, costituiscono sempre l’ultima voce sia in senso cronologico che quantitativo. Se prendiamo ad esempio una qualsiasi gara di appalto pubblico per lavori di restauro e conservazione di un immobile vincolato,  troveremo grossomodo la seguente suddivisione delle voci di capitolato: il 50% per lavori  edili , il 20% per la messa a norma dell’impiantistica, il 10% per ponteggi ed opere provvisionali,  il 10% per forniture varie tipo ascensori o finestre e, infine il rimanente 10% per il restauro, del quale poi si celebrerà la gloria per l’intero manufatto.

Preconoscenza 3 – I restauri si devono adeguare a tempi, modi e costi di altri settori ritenuti trainanti. E’ infatti cosa tutt’altro che insolita, che in un cantiere nelle previsione dei tempi e modalità d’intervento vengano inseriti in fase progettuale, costi, tempi e  modi che non appartengono al restauro.  Così può accadere che il restauro di un intonaco venga calcolato al prezzo che più si avvicina a quella tal voce di capitolato edile, ed i tempi previsti per la realizzazione saranno quelli  di un intonaco nuovo. Da li deriveranno una serie interminabile di intricati problemi tra  progettisti,  committenza,  ditte di restauro e  soprintendenze. Situazioni che a loro volta generano la convinzione che: “quando si tratta di restauro è un problema!”

Alla luce dell’analisi dei parametri di percezione  sopra elencati, deduciamo che in parte sono prodotti da un marketing gestito e condotto da chi non conosce il settore del restauro, ma in qualche misura ne trae profitto. Ed è alla luce di ciò che penso che il marketing potrebbe essere di enorme utilità per  dare la giusta immagine del restauro, nella stessa misura in cui ha dato e diffuso quelle tre immagini all’immaginario collettivo.

Quelle tre immagini iniziali sono sbagliate, potrebbe dire qualcuno. No sono funzionali!

Mi spiego meglio, quelle tre immagini, che fanno sorridere noi restauratori, sono sbagliate o parziali rispetto alla complessa e reale dimensione del restauro, ma sono tagliate giuste giuste per il messaggio che vogliono dare, per il fine che vogliono raggiungere e lo hanno raggiunto, eccome!

Mi vogliano perdonare gli specialisti del settore per le inesattezze, ma trovo che il marketing sia un processo sociale che possa considerarsi neutro nella sua fase iniziale, ovvero non si fa problemi se deve sostenere e diffondere   un brand di alta moda, le gomme invernali per i mezzi agricoli o l’operato di una forza politica. L’importante che attorno vi sia un interesse, un business che il marketing andrà a gestire, indirizzare ed ampliare.

E allora perché non utilizzare le tecniche di marketing per una campagna di informazione e diffusione dei valori della conservazione del patrimonio culturale?

Il marketing può contribuire a costruire un settore del restauro, radicato nel territorio con un indotto economico concreto, dedicato e modellato esclusivamente sulla misura della conservazione, restauro e manutenzione. Senza che venga mutuato da settori con i quali ha ben poco a che fare.

Sarebbe così bello se la manutenzione ed il restauro entrassero nel linguaggio comune!

Il restauro e la manutenzione delle opere possiede già un mercato proprio ed esclusivo che per anni è stato distratto ed assorbito  da altri settori. Tocca a chi è del settore guidare  il marketing nella giusta direzione.

Se troviamo fastidioso che i restauratori siano ridotti a comparse  per dare un aura artistica ad un dato intervento.

Se troviamo assurdo si facciano campagne roboanti per celebrare un restauro – evento e si lasci nel degrado il resto del patrimonio

Se troviamo triste che  a fronte del businness della formazione del restauro non corrisponda un business del lavoro del restauratore

… Forse tocca a noi. Si proprio a noi poveri, miseri e bistrattati professionisti del settore culturale FAR COMPRENDERE AI MOLTI QUANTO UNA PROFESSIONE DI POCHI SIA UTILE A TUTTI 

Dobbiamo trovare un modo, capire quali sono i canali e le vie per far acquisire  e diffondere il concetto che il restauro è una professione che può conservare, tutelare e salvare il patrimonio. E lo fa per  tutti.

La gioia più grande sarebbe, fra qualche anno, rileggendo le idee espresse in questo scritto  trovarle ovvie e superate in quanto date per acquisite

 

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo 

 

 

 

Il restauro e il volo del cigno

Sogno di un mattino di mezza primavera

Vorrei veder volare l’arte della conservazione del patrimonio, come un cigno.

I cigni faticano a decollare per via della  loro mole, ma quando volano, con le loro grandi ali ed il collo lungo a far da timone, volano più in alto di tutti i volatili

 

Ecco vorrei vedere la mia professione decollare … Non necessariamente per un mero risvolto utilitaristico, vorrei vedere diffondersi la cultura della conservazione e del patrimonio

Semplicemente vorrei che fosse di dominio pubblico il fatto che  il patrimonio storico artistico, sotto le sue infinite forme, sia la nostra storia, sia parte di noi. Così, come la nostra lingua. Ecco proprio un linguaggio comune, senza il quale saremmo relegati ad un eterno balbettio, indotto dall’assenza di memoria

Vorrei spazzare via, con colpo d’ali, tutti i preconcetti sul restauro e la conservazione

Vorrei che fosse ovvio che tra un manufatto stratificato di storia ed una nuova edificazione si debba scegliere il primo, essendo disposti ad accettarne le difformità da un gusto dominante e preconcetto del bello

Vorrei che fosse doveroso per tutti conservare anche ciò che non si considera”bello”, in virtù della sua storia

In virtù del rispetto. Rispetto  per chi ha progettato per chi ha realizzato, per chi ha posseduto, vissuto, modificato, amato quel manufatto. E, dalle nostre mani, debba arrivare alle future generazioni con il suo carico di storia e insegnamenti.

Purtroppo in questo momento storico, chi si occupa di conservazione e restauro non è che un brutto anatroccolo

I motivi sono molti, sono culturali, economici ed utilitaristici

In ogni caso mi preme inviare il mio plauso a tutti coloro i quali, con la loro supponente miopia economica, stanno lasciando deperire un grande patrimonio di storia, arte e bellezza

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

Le malte gli intonaci ed il confine tra edilizia e restauro

L’argomento che ho scelto di trattare in questo articolo riguarda un’area d’interesse estremamente vasta

Riguarda il restauro ma anche l’edilizia, qualora si trovi ad operare su manufatti storici.

Desidero parlare di malte ed intonaci

Fatte le doverose  distinzioni, dettate da materia prima, aree geografiche ed evoluzione tecnologica, si tratta di una tecnica incredibilmente longeva, poiché  utilizzata ininterrottamente dall’antichità sino ai giorni nostri!

L’intonaco è quel composto polimaterico che deriva dalla miscelazione di una parte di legante  e due o tre parti di inerte (in polvere o comunque di granulometria medio piccola). Detti componenti vengono mescolati e condotti allo stato semi fluido (malta) mediante l’aggiunta di acqua, quindi il composto viene steso in strati sul supporto prescelto.

Detto supporto può essere rappresentato dalle superfici di un edificio, la cui struttura potrà essere in pietra, laterizio  o altro ancora. La condizione necessaria per l’applicazione dell’intonaco è che il, supporto abbia una, seppur minima porosità. Dopo la stesura, la malta, raggiunge lo stato solido attraverso l’essiccazione, la carbonatazione o la silicizzazione, divenendo così intonaco.

Dobbiamo considerare che l’intonaco ha infinite varianti dettate sia dal componente inerte che dal  legante, oltre che dalla granulometria e dalla modalità di utilizzo. Si pensi che il medesimo composto,  con legante di calce idrata, manipolato con sapienza  tecnico metodologica specifica, può generare intonaco da allettamento per murature semplici, così come stucchi aggettanti  o ancora stucchi veneziani o affreschi. Questo per dare l’idea della grande versatilità di questa materia.

Al fine di comprendere chiaramente quali intonaci siano pertinenti e compatibili con azioni conservative, di restauro  o genericamente compatibili con manufatti storici, si rende utile conoscere i principali tipi di intonaco in circolazione

Nella seguente tabella elencherò i principali tipi di intonaco suddivisi a seconda della tipologia di legante e della compatibilità con il manufatto storico:

Di seguito una breve descrizione dei diversi tipi di intonaco elencati nella tabella

L’ Intonaco di calce idrata – L’intonaco con il legante aereo per eccellenza, deriva dalla cottura della pietra  calcarea (calce viva) messa poi a spegnere in vasche di acqua e stagionato per almeno 2 anni. Si tratta del più antico dei leganti, per fare un esempio, gli intonaci interni alle piramidi egizie sono di questa natura, così come gli affreschi di ogni epoca e gli stucchi Veneziani. Per ovvi motivi è il più direttamente compatibile con i manufatti storici. Asciuga in presenza di aria e, grazie all’anidride carbonica in essa contenuta consolida attraverso il particolarissimo processo chimico della carbonatazione. I Romani vi aggiungevano pozzolana per conferire caratteristiche idrauliche all’intonaco, ma oggi abbiamo la calce idraulica

L’intonaco di calce idraulica – ha il medesimo componente della calce idrata, si tratta di idrossido di calcio, ottenuto mediante cottura del calcaree ma a delle gradazioni più alte rispetto alla calce idrata. Questo intonaco asciuga anche in presenza di acqua e umidità, per questo è detto “idraulico”. La calce idraulica naturale è contraddistinta in commercio dalla sigla NHL (Natural Hidraulic Lime). ATTENZIONE in assenza della sigla NHL non è calce naturale a seguire NHL possiamo avere un numero 2,5- 3,5 – 5,  in sintesi si tratta del grado di tenuta della calce  al centimetro cubo (esempio 3,5 Kilo Newton al centimetro). L’intonaco di calce idraulica possiede un ottima compatibilità con i manufatti storici ed è particolarmente indicato per i quelli collocati in zone umide e fredde.

L’intonaco ai Silicati di Potassio è caratterizzato da un legante silicico, il silicato di potassio, che ha il potere di aderire al supporto con grande tenacia. Un modo semplice per visualizzare  il meccanismo di presa del silicato di potassio (silicizzazione) consiste nell’immaginare che la parte fluida  dell’intonaco sia del vetro liquido con il potere di penetrare in ogni anfratto e di  inglobare i pigmenti ed i granelli di inerte e quindi di legarsi indissolubilmente al supporto, garantendo al contempo una buona traspirazione. Questo tipo di intonaco nasce dall’invenzione dei  colori ai silicati (silicato di potassio + pigmenti minerali) brevettati in Baviera  da Adolf Whilelm Keim nel 1878, tale idea era volta a consentire, anche nei luoghi freddi e umidi, di decorare le pareti esterne ottenendo risultati simili alla decorazione a fresco. Oggi i silicati forniscono una vasta gamma di colori e intonaci colorati di ottima qualità. Questo intonaco ha un aspetto naturale con lievi differenze cromatiche e non è di facilissimo utilizzo poiché, come gli intonaci di calce, tende a segnare le giunzioni e le differenze cromatiche dei diversi tipi di assorbimento del supporto. Per le sue caratteristiche trovo sia un intonaco ottimo per manufatti otto – novecenteschi e nel caso in cui si debbano consolidare calci idrauliche o  cementi novecenteschi dei palazzi liberty o Decò, oppure in luoghi freddi, per il resto è comunque preferibile la calce idrata o idraulica. Vi è un dato a cui si deve prestare attenzione nell’utilizzo  di questo prodotto, non si deve cedere alle sirene della distribuzione commerciale che spesso consiglia vivamente e associa  un buon intonaco ai silicati di potassio ad  una finitura ai colori silossanici, che contengono resine sintetiche, e andrebbero a rovinare l’intento conservativo del prodotto ai silicati di potassio.

L’intonaco di loppa basica granulare d’altoforno merita una riflessione particolare, poiché questo legante dall’azione idraulica latente, generata da leganti idraulici da miscela è poco studiato, poco conosciuto ma temo, molto più diffuso di quanto non si possa immaginare. La loppa basica granulare d’altoforno è un residuo della lavorazione della ghisa, che, si è evidenziato avere del potere legante. Circa una decina di anni or sono la commissione per le normative comunitarie della comunità Europea ha inserito questo materiale tra i leganti idraulici. Non esistono in bibliografia studi specifici approfonditi in relazione all’utilizzo di tale legante su manufatti storici, ma il fatto che sia una scoria della lavorazione siderurgica da da pensare che non si tratti propriamente di acqua di fonte e quindi potrebbe essere dannosa per la conservazione di un manufatto storico. Un ulteriore dato sospetto è che sono pochissimi gli intonaci premiscelati dove si dichiari palesemente che il legante sia loppa d’altoforno, ed è qui il punto! Se fosse ovvia la bontà del prodotto perché mai commercializzarlo sotto mentite spoglie? A causa di vari trucchi commerciali ,  chi si occupa di manufatti storici e restauro deve prestare una grande attenzione, spesso agli intonaci di loppa d’altoforno vengono commercializzati con generiche indicazioni di intonaco a base di calce. La loppa d’altoforno ha costi molto contenuti ed è di colore grigio. Due piccole accortezze ci possono aiutare ad individuare il vero legante dell’intonaco premiscelato

  1. La calce idraulica naturale NHL è di colore bianco o beige o terra naturale chiara, MAI GRIGIA! diffidiamo dei premiscelati di questo colore
  2. I sacchi che inseriscono a caratteri cubitali sulle indicazioni NON AGGIUNGERE CALCE hanno ottime probabilità di contenere loppa d’altoforno, che notoriamente ha reazioni avverse con la mescolanza alla calce naturale, sopratutto idrata. Diffidiamo quindi dei premiscelati che riportano tale indicazione

Intonaco di calce eminentemente idraulica è un altro intonaco con legante derivante da una miscela, quindi non naturale, e dall’attività idraulica latente. Come la loppa d’altoforno è dichiarato legante idraulico dalla CEE ma cosa contenga di preciso non è facile comprendere. Genericamente è di colore grigio ed ha un costo molto contenuto, risulta essere particolarmente dannoso per i manufatti storici poiché spesso contiene polimeri o scarti del cemento, quei residui che non hanno raggiunto le caratteristiche di tenuta richiesti per divenire Portland, vengono miscelati con chissà cos’altro e impacchettati come calce eminentemente idraulica. E’ un materiale pericolosissimo per il restauro, poiché si propone sotto le mentite spoglie della calce, ed ha invece tutte le caratteristiche negative, ormai note, del cemento e non possiede neppure quelle positive come la tenuta.

Intonaco di cemento, è quasi inutile parlarne, tutti lo sanno, è quanto di più controindicato possa esistere nel campo della conservazione dei manufatti storici. Tuttavia è sempre molto diffuso, ha un basso costo ed una facilità incredibile di lavorazione. Mentre per la calce le conoscenze tecniche sono indispensabili al fine di realizzare un intonaco di qualità, l’intonaco di cemento riesce  sempre, anche se realizzato da un neofita, facile e veloce, per questo è così amato dalle ditte edili. Il cemento deriva dalla cottura del clinker ad altissime temperature, contiene molti agenti leganti diversi tra loro ed il suo procedimento di presa e indurimento è così complesso che ancora non è perfettamente chiaro neppure per i chimici. Per il restauro è molto dannoso, è troppo rigido, attira tutti i sali solubili di nitrato del circondario, attira l’umidità che induce disgregazione agli intonaci di calce idrata circostanti, è igroscopico e chi più ne ha più ne metta. Intendiamoci se desiderate realizzare una nuova costruzione in cemento armato, la finitura in cemento sarà perfettamente compatibile ma nei manufatti storici no! È un incubo.

Intonaco con leganti acrilici o sintetici genericamente difinito al quarzo per il tipo di inerte utilizzato. Normalmente è un composto di inerti legati per polimerizzazione del legante di tipo acrilico, resinoso o di sintesi. È molto diffuso, anzi è il più diffuso in assoluto, trova utilizzo per la finitura delle facciate di ogni genere, dalla villetta a schiera alla facciata del museo. Lo troviamo sotto  forma di intonaco colorato in pasta, con granulometria sottile oppure grossa e difforme che crea ombre di pseudo antichità sulle superfici trattate, oppure come stucco liscio alla veneziana. Presenta  una gamma immensa di colori da quelli pieni e compatti a quelli iridescenti, perlescenti o brillantanti. A corredo ha sempre un aggrappante da stendere, sulla povera muratura, prima della realizzazione e magari una velatura collosa da usare come finitura e creare l’effetto finto antico anzi per usare un neologismo diffuso “antichizzazione”.  Molto versatile, il componente  acrilico o di sintesi può essere aggiunto a quasi tutti gli altri materiali creando mix micidiali per la conservazione degli intonaci antichi. A differenza degli intonaci ai silicati o di calce è di semplice utilizzo, ha colori piatti e uniformi  può raggiungere  gradazioni tonali molto accese, risulta sempre uniforme e compatto resiste per lungo tempo, immobile come un rifiuto di plastica al mare, nel frattempo inquina tutto ciò che lo circonda.  Quando degrada, presenta delle deformazioni superficiali e distacchi, delle bolle alla “alien”  e quando le bolle si lacerano,  l’intonaco si sfoglia, con il tipico effetto della fetta di prosciutto, mentre al di sotto dalle murature antiche, arrivano segnali di vita ed esplodono i sali solubili di nitrato e, facendo attenzione si può sentire il respiro del manufatto storico che era stato imbavagliato per anni. La superficie muraria trattata con questo materiale non presenta differenze cromatiche di sorta e ciò contribuisce ad ottenere un caratteristico effetto “nuovo” alla superficie trattata. Forse per questo è ritenuto “irresistibile” e ricopre con la sua coltre sintetica oltre il 60% dei manufatti storici delle città italiane. Avete capito bene il 60.  L’empatia con la plastica dev’essere la ragione del suo incredibile successo, poiché non è attribuibile a ragioni economiche, è un materiale di facile utilizzo ma per nulla economico, anzi può raggiungere costi importanti. Dal mio punto di vista ritengo che si tratti di un fenomeno dai risvolti antropologici con palesi ricadute sul paesaggio, un fenomeno da studiare. Chissà mai che si trovi una cura!   Ovviamente è altamente controindicato per i manufatti storici

Dopo aver elencato le più diffuse tipologie d’intonaco ed averne individuato la compatibilità o meno con il manufatto storico, ci si può addentrare nel merito delle modalità compatibili al concetto di restauro, mi spiegherò meglio. Vorrei indagare proprio  in modo semplice e schematico quella sottile linea di demarcazione che si trova tra il restauro di superfici decorate dell’architettura e l’edilizia.

Al fine di applicare delle modalità conservative non basta individuare l’intonaco corretto da utilizzarsi su un dato manufatto, ma si rende necessario applicare tutte le procedure di un vero e proprio restauro. Spesso infatti passano sotto la denominazione di “restauro” azioni che nulla hanno a che vedere. Nello specifico elencherò alcune fasi di lavorazione che passano erroneamente per conservative:

Demolire tutti gli intonaci di un palazzo, antichi, di evoluzione stilistica e recenti  e sostituiti con nuovi, seppur compatibili NON È CONSERVAZIONE E NEPPURE RESTAURO

Ricoprire gli intonaci di finitura antichi con intonaci nuovi, seppur compatibili NON È RESTAURO

Le demolizioni sono compatibili con il restauro solo quando interessano la rimozione di un intonaco incongruo e dannoso per il manufatto (tipo intonaco cementizio)

Il restauro è conservare gli intonaci antichi e storicizzati ed integrarli nelle loro parti mancanti, infine, se sarà necessario si potranno armonizzare dal punto di vista cromatico. TUTTO IL RESTO È EDILIZIA!

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

Bando CARIPLO aggiudicato!

…. E dopo un duro lavoro ecco una soddisfazione

ci siamo aggiudicati un contributo legato al bando Cariplo per i primi due interventi dei cinque previsti nel nucleo storico da Amministrazione Comunale e Parrocchia nel comune di Lovere

 

clicca qui per vedere il video

Restauro intonaci torre civica e consolidamento strutturale copertura della Chiesa dedicata a San Giorgio

Restauro – Nuovi materiali, come agire

Nel panorama del restauro i materiali da utilizzarsi nelle varie fasi di lavorazione hanno varie derivazioni.

Si sa, il restauro è una disciplina relativamente recente e, nella sua fase iniziale, come un saprofita si è avvalso degli studi e dei materiali nati per altri settori. Sperimentando di volta in volta, applicando  piccoli aggiustamenti procedurali il dato materiale al singolo intervento di restauro.  Sino a che non ha preso forma una categoria, più o meno eterogenea e variabile, di materiali specifici per il restauro.

Acque, solventi, agenti e reagenti, consolidanti, malte, stucchi, mestiche, batteri , cere, boli,  bitumi, adesivi, fissativi, pigmenti, resine e vernici.

Materie prime e composti complessi,  per comprendere i quali è necessaria una certa qual predisposizione all’alchimia. Penso alle ricette della colla – pasta per la foderatura dei dipinti, ogni area geografica, ogni scuola, ogni studio di restauro ha una propria ricetta. Ricette complesse onnicomprensive con mille e più accorgimenti metodologici, più o meno segreti, per raggiungere il risultato voluto.

    

In sostanza, vuoi per formazione vuoi per consuetudine i restauratori sono abituati ad avere a che fare con i materiali più diversi al fine di  svolgere il proprio mestiere.

Negli ultimi anni, seppur con un’intensità minore a quella riservata per altri settori, sono comparsi sul mercato nuovi materiali per il restauro. Stucchi e malte già pronti, prodotti per la pulitura, tutti ben confezionati e promettenti.

Ora, non si può che essere felici che l’industria si stia in qualche misura occupando di creare prodotti appositi per il restauro

    

Tuttavia vi è il rischio dell’immissione sul mercato di materiali per il restauro, detti tali solo al fine di accaparrarsi una fetta di mercato in più, ma nella sostanza del tutto identici a quelli già diffusi per altri settori, tipo quello dell’edilizia.

E’ nella natura del restauro e nell’attitudine dei restauratori cercare e sperimentare sempre nuovi materiali e nuove metodiche di restauro. Quindi ben vengano i nuovi materiali. Ma proprio per questo motivo è bene assumere un atteggiamento di analisi critica costruttiva nei confronti dei nuovi materiali, al fine di testarne la reale efficacia nel nostro settore.

Che ne caso del restauro significa sopratutto; compatibilità con il materiale da restaurare, durata nel tempo e reversibilità.

Innanzitutto avremo la necessità di verificare i contenuti reali di un dato prodotto, quindi inizieremo con reperire notizie chiedendo la scheda tecnica al produttore. Non dobbiamo ne possiamo fidarci delle informazioni commerciali che, il più delle volte, per rispondere a parametri di comprensibilità sono povere  di dettagli. Per deformazione professionale i prodotti definiti  “a base di…” mi suscitano una certa diffidenza, sopratutto quando accade di scoprire che l’elemento tanto decantato sull’etichetta quale “base” compare nella composizione reale  in un valore risibile.

I nuovi materiali vanno poi testati, esattamente come accade nell’industria farmaceutica, dopo la messa a punto in laboratorio  si giunge alla fase di sperimentazione. Così i nostri nuovi materiali andranno testati, da noi stessi, anche se le ditte produttrici lo hanno già fatto, affinché ognuno possa verificare se possano trovare utilizzo nei propri casi specifici di restauro.

Possibilmente utilizzeremo quale  test l’intonaco della nostra cantina, o la crosta dipinta del soggiorno della zia, oppure i gradini del giardino vicino  casa. In nessun caso va utilizzato un nuovo materiale non testato su di un manufatto di pregio. Daremo anche del tempo utile alle nostre prove  affinché gli eventuali elementi problematici possano emergere e palesarsi.

Poi ci confronteremo con i colleghi e verificheremo se qualcuno abbia già raccolto una casistica degna di nota dell’utilizzo del dato materiale … Infine, se proprio ne saremo convinti, potremo utilizzarlo.

… a questo punto della considerazione, chi non aveva la vocazione del restauratore si sarà già tramutato in una statua di sale.

Gli pseudo restauratori saranno alle prese con i danni prodotti dall’utilizzo di un materiale non testato.

Mentre i committenti e le direzioni lavori  si staranno chiedendo in quale girone infernale siano caduti, per  dover sopportare le nostre stranezze!

 

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo 

 

 

 

Materia e restauro

In questo articolo intendo parlare della materia del restauro e della materia nel restauro

Può sembrare un gioco di parole ma in fondo non  non lo è,  non quando si parla di  restauro. Poiché ciò di cui mi occupo è una disciplina strettamente connessa alla materia e sono convinta  che solo dalla conoscenza e dall’analisi della materia  si possa provare a capirne l’essenza.

Le riflessioni derivano da alcuni pensieri che mi ritrovo a percorrere circa il motivo per il quale abbia scelto la professione del restauro … certo prima di tutto c’è l’amore per l’arte e la sua storia, poi vengono la necessità di indagare, toccare, conservare  e comprendere. Si ma cosa. Certamente l’essenza dell’opera, il suo messaggio, tutti quegli elementi astratti che l’opera ci comunica, così come  la sua intenzione artistica. Ma tutti questi messaggi astratti fatti di emozione e pensiero usano un unico veicolo per giungere a noi,  passano tutti attraverso la materia di cui è composta un opera d’arte. Ed ecco che siamo arrivati al punto. Un nuovo punto di partenza per l’analisi. La materia di cui è composta un opera d’arte che è anche la materia di cui si occupa il restauro.

Per essere più precisi, la materia del restauro e la materia fisica di cui è composta un opera d’arte, per ovvia  conseguenza si può comprendere quanto  la materia abbia un importanza assoluta e rilevante nel restauro anche per la scelta dei materiali per condurre il restauro stesso.

Non a caso il restauro è suddiviso e disciplinato da un punto di vista formale a seconda delle materie,  trattate in via specialistica dai vari professionisti. Anche se è cosa diffusa, nonché utile alla sopravvivenza della “specie”, che ogni restauratore abbia più di una specializzazione in materia di restauro. Ovvero si occupi ed abbia esperienza diretta su più materiali

Credo possa essere di aiuto, al fine di comprendere l’intima connessione tra uno specifico settore del restauro e la sua materia di pertinenza, dare un occhiata agli ambiti di competenza, di seguito elencati, seppur sommariamente :

  • Superfici decorate dell’architettura, questa categoria comprende, affreschi, intonaci antichi, graffiti e stucchi e tutte le superfici  immobili di pertinenza architettonica, fatta esclusione per gli elementi lapidei che hanno una categoria a se

 

 

 

 

  • Elementi lapidei

  • Mosaici

 

 

 

 

 

  • Elementi lignei, questa categoria riguarda   mobili e sculture

 

 

 

  • Dipinti mobili su tela e tavola

  • Metalli

  • Tessuti

  • Reperti ceramici ed archeologici

  • Strumenti musicali

Solo per citare le più note.

Già ad una prima sommaria osservazione delle immagini si può comprendere quanto i materiali oggetto  del restauro siano diversi tra loro e in virtù di questa diversità e peculiarità vengono richieste varie competenze nonché  abilità nell’uso di metodiche e tecniche diverse . Poi ci sono gli oggetti compositi come la gioielleria o certe opere polimateriche. Per intervenire sui quali si rende utile l’isolamento delle varie materie al fine di intervenire con apposite metodiche su ognuno dei componenti dell’opera.

Così accadrà che materiali e tecniche utili per il restauro di un dato manufatto saranno del tutto inutili se non dannosi nel trattamento di un’altro oggetto.

Facciamo un banale esempio se nel restauro degli affreschi è consolidato l’uso, per la fase di pulitura, di sali del tipo carbonato o bicarbonato di ammonio, questi stessi, utilizzati su dipinti su tela o policromie lignee creerebbero danni irreversibili. Ma lo sanno tutti! L’esempio pare banale per quanto ovvio ma è utile prestare  attenzione poiché non sarebbe la prima volta, si vedano i casi dei materiali nati ed utilizzati nel restauro di oggetti lignei finiti dritti dritti nel restauro degli affreschi con pacifico consenso di tutti, penso  a certe resine acriliche e sintetiche tuttora molto diffuse.

Ma allora come è possibile agire con presunta certezza nel segno della conservazione del manufatto a fronte di una situazione di cronica e fluida instabilità?

Personalmente credo che la risposta stia proprio nella materia, ovvero nella conoscenza della stessa.

Quando si analizza e si studia una materia, quando la si osserva e la si conosce, quando dal profumo di un mobile si comprende l’essenza lignea o sfiorando un intonaco si arriva a dedurne la composizione o manipolando un metallo si intuisce la lega di cui è fatto. Allora si può comprendere un dato di estrema importanza per il restauro, il concetto di compatibilità tra i materiali. Un faro di riferimento che deve condurre le azioni di restauro, sempre associato della reversibilità!

Certamente ci vengono in aiuto tutti gli studi chimici e fisici  ma prima di fidarsi ciecamente di un materiale, che potrebbe vantare studi scientifici di parte, ovvero condotti dalla stessa ditta che ne gestisce la diffusione sul mercato. Pensiamo alla compatibilità con il nostro oggetto, quello specifico del caso che stiamo trattando, pensiamo alla sua composizione, alla sua collocazione, all’esposizione agli agenti atmosferici, alle condizioni climatiche e microclimatiche di quel dato luogo, alla possibilità che venga fatta manutenzione e a tutte le variabili che caratterizzano la vita quotidiana di un’opera d’arte. Allora potremo capire se quel materiale specifico  potrà funzionare per il restauro del nostro oggetto e potremo ridurre il rischio di errore nella scelta.

Così nel panorama di costante mobilità delle tematiche del restauro, la conoscenza della materia che compone l’opera d’arte costituisce un solido punto di riferimento per chi opera alla conservazione del patrimonio artistico e storico.

Sopra a tutto l’ottima teorizzazione del restauro, della quale il nostro paese può andare fiero, che detta le linee guida, trasversali utili per ogni oggetto, giardino o città di interesse storico artistico.

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

Dettagli – Terra

La terra non è il mio elemento preferito, eppure non posso sottrarmi al fascino della sua possente versatilità.

Quando si osserva l’architettura storica di certe aree urbane, soprattutto in pianura, dove abbonda l’argilla, ci si deve rendere conto che tutto attorno a noi, non è altro che terra!

È stupefacente

 

Eppure quelle città, quegli edifici, quelle chiese sono terra, sapientemente plasmata dalla fatica e dall’ingegno dell’uomo.
I mattoni di terracotta sono terra argillosa cotta nei forni. Piccoli moduli resistenti che ben assemblati e legati con malta di calce, possono generare un possente muro di difesa così come leggiadri elementi decorativi.

La malta che lega, unisce e alletta i mattoni è composta per due terzi di sabbia di fiume o terra di campo, il rimanente terzo è calce, un legante minerale derivante dalla cottura del calcaree

…che in fondo, in fondo non è altro che terra sterile, sedimentata nei millenni.

 I colori che decorano gli edifici sono in gran parte di cavatura,  chiamati genericamente “terre”; i gialli ocra e di Siena, i bruni, le terre bruciate generano alcuni rossi che virano all’arancio, ed altri ancora, con infinite varianti a seconda delle zone, dei minerali presenti e delle caratteristiche chimico fisiche della terra. Colori legati, schiariti e mescolati con calce idrata, la terra sterile di cui sopra.

Ed è sempre terra
“Terra e acqua” per l’esattezza, (e per citare una bellissima canzone di Giovanna Marini). Già perché l’argilla è plasmabile grazie all’acqua che la imbeve e la calce si spegne e si diluisce con l’acqua.

Terra e acqua così come per tutto attorno a quelle città di terracotta, i campi coltivati, le rogge, i fiumi.

Poi ci sono i materiali di finitura. Una buona dose di legno, (che nasce dalla terra) per il legname che forma i solai e gli infissi, un pizzico di ferro, (che si estrae dalla terra) per le catene ed i capo-chiave, vetro, (i cui minerali si trovano nella terra, vedi la silice), per le finestre, ed ecco la nostra città .

Un chiosa sull’evoluzione; dalla metà del ‘900 si è diffuso a macchia d’olio l’uso del cemento, che in fondo è una terra vetrificata dalla cottura del clinker ad oltre 1000 gradi. Le città di terracotta non  amano molto la sua rigidezza e tendono a respingerlo con macchie di umidità e orribili deformazioni, così come i colori sintetici disciolti in materiale plastico, anch’essi respinti, espulsi, macchiati, deformati.

Così mi viene da pensare che, in fondo per comprendere i fondamenti della conservazione e del restauro basterebbe ascoltare i messaggi che i nostri manufatti storici ci mandano, che sono forti e chiari. Basta osservare, con un poco di pazienza.

 

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

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