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È il 2019, ragazzi!

Accidenti il nuovo anno!

Tutto nuovo e lucente,

Risplende dei nostri sogni e delle nostre aspettative 

Perché l’anno nuovo non è altro che un segmento di tempo definito, del quale ancora non abbiamo vissuto un solo secondo, un’incognita che da adito alla speranza

E ci apprestiamo trepidanti come fosse un paio di scarpe nuove, cerchiamo di non infangarle sin da subito A piccoli goffi  tentativi ci addentriamo e proviamo ad essere migliori dell’anno precedente, con voce sottile chiediamo qualcosa di più rispetto all’anno precedente

E guardiamo gli oroscopi, soprattutto se son belli, se fan schifo abbiamo la fortuna di scordarli presto

Tutti abbiamo bisogno di un sogno sia che siamo esseri  perdenti che vincenti, sia che siamo umili che tracotanti. La via è fatta di piccole tappe di minuscole conquiste e nell’istante stesso nel quale  le agguantiamo già ce ne scordiamo, le archiviamo, le diamo per scontate e sentiamo la necessità di una nuova tappa di una nuova vetta di un nuovo sogno.

Onnivori divoratori di esperienze vitali!

Vieni avanti 2019. Ti consumeremo sino all’ultimo giorno, ti vivremo e anche se sarai crudele, probabilmente  ti sopravvivremo!

E, per non tradire la mia essenza di restauratrice … che possa questo nuovo anno portare una  più grande sensibilità per la conservazione del patrimonio culturale

Tanti Auguri di un felice 2019

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Il Natale dei restauratori

Tanti Auguri di Buone Feste

 

Normalmente inizia così! Una frase che già nasconde il profumo di case in festa, luci, panettone e pranzi infiniti

Ma cos’è il Natale, a parte i significati religiosi, dal punto di vista antropologico non è che una reazione chimica, molto delicata e dal precario equilibrio, basta un nulla, una piccola variazione, una folata di vento, un variabile di troppo per rovinare tutto

Il Natale per i restauratori e per chi lavora nell’ambito dei Beni Culturali può nascondere mille e più risvolti imprevedibili

  Tanto per cominciare Natale è la data deputata per la consegna di qualsivoglia lavoro, non importa se lo hai cominciato a novembre. Consegna entro Natale, prima delle feste, prima della fine anno. Entro e non oltre Natale!

Come dei forsennati, ogni anno, ci si trova a terminare lavori e progetti entro Natale, per poi consegnarli oppure inviarli agli uffici competenti: comuni, regioni, soprintendenze, curie, parrocchie prima di Natale così da far felice la committenza ed onorare il contratto, pur sapendo che del tuo progetto, del tuo lavoro, nessuno avrà tempo di  accorgersi fino almeno alla metà di gennaio.

 Poi ci sono i bandi di gara pubblicati il 22 dicembre con scadenza il 7 gennaio. Il responsabile del procedimento è finalmente tranquillo, ha fatto il suo dovere, il sindaco ne sarà certamente felice, ma chiunque vorrà partecipare a quel bando avrà un netto di tempo di qualche ora per adempiere alle procedure e partecipare … praticamente una rocambolesca corsa contro il tempo.

 Infine ci sono i cantieri …  ti stavi aggirando per il cantiere con la maglietta leggera e pensavi: “vabbè ho tempo sino a Natale” e poi ti volti, addosso hai una stratificazione di abiti, pari a tutto il catalogo Quechua di Decathlon, il sagrestano sta addobbano le lesene che stai restaurando e Natale è alle porte. Un tuffo al cuore una fitta al pensiero, un irrefrenabile desiderio di fuga e la cruda realtà davanti a te … Oddio non ce la farò!!! Tranquillo ce la farai, ma quando tornerai a casa trascinandoti sui gomiti, ti aspetteranno tutti i festanti preparativi per il Natale.  Tanti Auguri … di buona sopravvivenza, collega!

Perché il concetto di Natale nasconde il pensiero recondito ma molto radicato nell’animo umano di “fine”, eppure  Natale è nascita e nuova vita. Forse per predisporsi al nuovo, nuova vita, nuova luce, nuovo anno si vuole finire tutto il pregresso. Ok ma noi siamo dediti alla conservazione pensiamo al nuovo, ma conserviamo il vecchio e qualche volta conserveremmo anche il vecchio anno … abbiate pietà di noi!

E non  vi è questione religiosa che tenga, che tu sia di religione ortodossa, cristiana, ebraica, induista, mussulmana, buddista, oppure ateo o agnostico, se vivi in Italia, la frenesia del Natale ti coinvolgerà  inesorabilmente

Tanti Auguri a tutti voi … resistiamo!

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SilviaContiRestauroConservativo

Sogno di una notte di mezzo inverno

Questo è un racconto, il racconto di un sogno

già anche i restauratori sognano … Beh, lasciateci fare almeno quello!

L’esperta restauratrice incedeva con fare sicuro, a passi svelti varcò la soglia del maestoso palazzo e si perse in un dedalo di corridoi affrescati le cui grandi vetrate si aprivano sui giardini interni che non aveva tempo di fermarsi ad apprezzare. Giunse alla sala riunioni 24, ad attenderla dietro all’elegante porta in mogano, un grande numero di colleghi, architetti, funzionari ministeriali ed economisti. Fece giusto in tempo ad entrare che …
“Prego signori prendete posto”, la voce del presidente di commissione si diffuse nel grande salone affrescato. Il brusio ed il rumore di sedie trascinate andò scemando
Bene, disse il presidente “Ho riunito urgentemente questa commissione poiché ci si pone nuovamente il problema di trovare ditte di restauro che possano far fronte alla valanga di finanziamenti che ci sono stati assegnati a seguito dei nostri progetti“. Un mormorio si diffuse in sala. “Ma come” disse qualcuno, “di nuovo”, disse un altro. “Avete fatto scorrere l’elenco dei Restauratori?” disse una voce. “certamente” Rispose il presidente, “ad oggi tutti i restauratori abilitati risultano essere oberati di lavoro, tutti loro hanno almeno trenta dipendenti e faticano a trovare altra manodopera. Le nuove leve sfornate dalle accademie e dalle università vengono impiegate non appena diplomate, bisogna attendere che finiscano i corsi ” Di nuovo il brusio. “È una questione strutturale, dobbiamo trovare una soluzione. I restauratori Italiani ad oggi non bastano. Bisogna intensificare la formazione e pubblicizzare la professione”

La restauratrice assorta dinnanzi al suo blocco degli appunti pensava, ma da quand’è che siamo in questa situazione? Non se lo ricordava, eppure le pareva che un tempo non fosse stato così. “Ora ricordo, è stato quell’anno, quello del governo del pentimento. Quel governo tecnico che decise di destinare gli stessi finanziamenti dello sport nazionale alla salvaguardia del patrimonio pubblico e privato.” Quell’anno cambiò il volto della nostra nazione, il nostro ruolo nel mondo e la vita dei restauratori ! Ma che anno era, fammici pensare”…..

 Trillin, trillin …. yaaawn, dov’è il telefono? Con una mano raggiunse il cellulare e lo tastò, anzi lo pestò con gesti inconsulti sino ad interrompere il suono infernale della sveglia.

Davanti agli occhi le comparve la sedia ricolma di abiti, dalla finestra la luce del lampione; “è buio pesto e già mi devo alzare!” pensò ricadendo pesantemente sul piumino. In un secondo realizzò tutto quello che avrebbe dovuto fare in giornata e tutto quello che non era riuscita a concludere nelle giornate precedenti, un senso di sconforto la pervase. Una sola concretezza in quel buio risveglio; Un cantiere freddo, umido e polveroso l’attendeva … e, improbabile a credersi, ma questa prospettiva già la faceva sentire meglio.
Si alzo in un balzo si lavò velocemente e si vestì anche più in fretta stratificando i mille indumenti da cantiere, accarezzando il gatto e bevendo il caffè. Diede da mangiare ai suoi fidi e sonnacchiosi animali cercando di non svegliare il resto della famiglia e mentre afferrava le chiavi dell’auto, la spazzatura, i guanti e la borsa da cantiere pensò al sogno della notte … e una irrefrenabile risata risuonò nell’androne delle scale di una qualsiasi casa di una qualsiasi restauratrice in una qualsiasi mattinata invernale

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SilviaConti RestauroConservativo

L’idea dei servizi per i Beni Culturali

In questo post vorrei parlare dell’idea, alla quale lavoro da qualche tempo. Mettere a disposizione dei servizi utili a chi lavora nel campo dei beni culturali. Una rete di professionisti che conoscono le problematiche del settore

L’idea parte dalla conoscenza diretta dei problemi che si possono incontrare lavorando nell’ambito professionale dei Beni Culturali, delle molte necessità che possono insorgere per poter lavorare al meglio e delle difficoltà intrinseche alla peculiarità della nostra professione.

    

Così ho unito una rete di professionisti che conoscono il settore e conoscono le problematiche annesse … dalla scarsità di risorse alla difficoltà di spiegare ogni volta le nostre “strane” esigenze

Ci siamo dati dei parametri per essere più efficaci :

Costi preventivati, possibilmente bassi, chiari e soprattutto certi

Niente sorprese, formuleremo un preventivo quindi l’utente potrà accettare o meno il servizio e qualora il servizio fosse complesso e prevedesse variazioni  ne verrà immediatamente ed anticipatamente informato in modo che possa decidere liberamente.

↓ ↓

QUESTA LA PAGINA DEI SERVIZI

Basta visitare la pagina www.silviaconti.it/servizi/ compilare il format e chiedere delucidazioni o preventivi

 

I VOSTRI PROBLEMI SONO ANCHE  NOSTRI, ASSIEME avremo più possibilità di RISOLVERLI

Per quanto mi riguarda ci metto il nome ed anche la faccia  e, come sempre,  farò di tutto per realizzare al meglio questo progetto

SilviaContiRestauroConservativo

Il dilemma della transitorietà

In questo articolo vorrei approfondire il tema del restauro, ovvero della conservazione di quegli apparati effimeri nati per essere temporanei.

Accade spesso nel campo del restauro di trovarsi a conservare ciò che  era nato con la vocazione istantanea della transitorietà

Eppure noi restauratori e con noi i conservatori, non possiamo resistere. Contro ogni rigore ideologico andiamo i direzione opposta ai dettami dell’arte, contro la volontà dell’artista, a volte contro le leggi della fisica e ci intestardiamo a conservare tutto, ma proprio tutto

I casi sono molti; Stendardi processionali, scenografie, apparati effimeri per celebrazioni religiose o civili, opere d’arte contemporanea nate per essere transitorie o dichiaratamente distrutte, pensiamo ad esempio alla “eat Art”… Arte da inghiottire? Non ve la lasceremo mangiare ma correremo come pazzi per metterla sottovuoto o in chissà quale liquido mortifero e antibatterico . Per non parlare delle opere cartacee; piccole  pubblicazioni, libelli, appunti tutto rigorosamente da conservare!

Da un punto di vista ideologico, in questi casi specifici, l’atto del restauro è in dichiarata antitesi con l’essenza dell’opera ma è del tutto funzionale al tramandare il pensiero di un’epoca nel tempo

Spesso l’analisi ravvicinata di un opera stessa consente di intravedere la sua intrinseca prospettiva di vita e, se è del tutto chiara l’intenzione di un affresco, di un dipinto su tavola o di una scultura di voler durare il più possibile nel tempo. Questo è meno palese in opere effimere come gli apparati decorativi su carta i grandi dipinti a tempera ed altre svariate opere.

Eppure in quelle opere transitorie vi è l’essenza della vita quotidiana, del pensiero comune, vi è il respiro di un epoca. Vi sono gli affanni per i problemi economici, le banalità quotidiane ed i sogni.

Pensiamo a quello che ci comunicano le scritte vandaliche accuratamente conservate a Pompei, ci hanno consentito di comprendere lo spirito della vita di quel periodo, molto più efficacemente di quanto avrebbe potuto fare una grande e fiera scultura equestre

Quindi non c’è nulla da fare, nessuna teoria e nessun pensiero artistico o filosofico ci convincerà mai a lasciare che queste fragili opere possano durare un giorno in meno di quanto potremmo garantire con il nostro lavoro

Questo articolo mi è stato ispirato da un intervento che sto attuando in questo momento, un soffitto in carta dipinta su supporto in tela dell’Accademia di Belle Arti Tadini, al quale presto dedicherò un articolo

 

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SilviaContiRestauroConservativo

 

La forza della pazienza

Eccoci qua

secondo una nota del vecchio ministero dal nome nuovo, e dalla nuova informale forma comunicativa, in data odierna dovremmo avere le prime frammentarie notizie in merito all’elenco dei Restauratori di Beni Culturali

Heep heep Urrah!

Vabbè, stiamo a vedere!

A chi interessa la questione? Apparentemente a pochi  sparuti

I primi interessati siamo noi restauratori, esseri anomali, galleggianti nella sfera dell’indefinito dalla notte dei tempi, da quando esiste un bene culturale e l’interesse a conservarlo. In fondo vorremmo solo sapere se ci fosse dato di essere carne o pesce. Se ci fosse dato svolgere le mansioni, che peraltro svolgiamo da sempre, nell’agognata condizione di chi sa di essere al proprio posto. 

È così banale il desiderio che mi sento puerile nello scrivere

Eppure qualche altro interesse emerge all’orizzonte … le gare d’appalto pubbliche inseriscono con più frequenza l’esplicita richiesta della una figura professionale del restauratore e allora diviene interesse delle aziende  del settore edile, sapere chi sono questi soggetti, avere un elenco e potervi attingere

 Un altro interesse è legato a quelle schiere di giovani aspiranti restauratori formati e sfornati a ritmo continuo da miriadi di scuole di restauro su tutto il territorio nazionale. Per il momento popolano i call-center, sfornano pizze e servono  caffè, ma che  renderanno evidente una contraddizione eclatante. Unico modo per nascondere la contraddizione di formare tecnici per lavori inesistenti e problematici è dargli lavoro, magari  proprio quello per cui sono stati spennati senza ritegno sino ad oggi!

Infine una rinnovata sensibilità per l’ambiente e l’opera dell’uomo che, sotto il profilo del pensiero culturale, sta facendo capolino all’orizzonte

Poche motivazioni, ma con trend in aumento

In realtà ci si crede poco e come potremmo mai

Eppure abbiamo dei dati che depongono a nostro favore, la consuetudine e la costanza di setacciare superfici immense con bisturi e pennellino è un esercizio di concentrazione  che dona una forza immensa, quella della pazienza!

Così potrebbe accadere che quando anche questo ministro sarà acqua passata, quando il nome del ministero sarà cambiato altre quattro volte noi saremo qui a svolgere il nostro nobile lavoro, con o senza l’elenco… E per sfinimento arriverà pure quello!

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SilviaContiRestauroConservativo

L’ “Addio monti” nel restauro

Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio!  …”

Così scrisse Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, uno dei brani più famosi dell’intero romanzo detto semplicemente “Addio monti”. Famoso perché racconta di un sentimento diffuso, quello che tutti provano, nel momento in cui si allontanano da un luogo amato e al quale sono legati in modo profondo

Vi state chiedendo quale relazione possa mai avere questo brano della più classica letteratura con il restauro, ebbene nulla è più calzante di questo scritto con il momento in cui un opera restaurata viene riconsegnata al mittente

È un momento difficile che solo i restauratori possono descrivere. Anzi, forse è meglio che non lo facciano!

Nulla di più distante dalla razionalità e dal senso di opportunità. Nulla di cui si possa parlare con altre persone, con altre categorie professionali, senza sentirsi addosso un paio di occhi sgranati Insomma una piccola follia tutta nostra che è meglio tenere celata

Il lavoro è finito, tutto è andato per il meglio, sarebbe giunto il momento di raccogliere proventi e quel pizzico di gloria … eppure, riguardando bene l’opera, forse manca qualche ritocco e, certamente attendere che la vernice stabilizzi sarebbe la cosa più giusta. Qualche volta siamo disposti a fare la figura di chi non rispetta i tempi e chiediamo un poco di tempo in più

 Non importa se si tratti di un cantiere, di un dipinto o di una sedia; il distacco dall’opera con la quale si sono passati giorni, settimane, mesi a volte anni è sempre  faticoso

Se si tratta di piccole opere, ormai sono divenute parte dell’arredo del nostro studio o del nostro spazio vitale, con le sculture ci parliamo, nei cantieri ci viviamo. E, a forza di viverli e viverci, sentiamo la loro voce e, non ci sentiamo neppure pazzi!

Pare strano ma è proprio insito nel fatto che si passino molte ore con l’opera che spesso consente di sondarne le caratteristiche tecniche e costitutive più recondite. Di comprendere a fondo cosa sia originale e cosa no, dove sia l’origine del degrado, quali le cause. Altre culture la potrebbero chiamare meditazione, concentrazione

Guarda caso i lavori fatti in fretta hanno più probabilità di presentare problemi, forse perché non c’è stato il tempo di connettersi con l’opera e comprenderla nel profondo? Forse si!

Infine chiudere un cantiere, concludere un lavoro di restauro, chiude una parentesi di relazioni, quelle che si erano stabilite per l’esecuzione dei lavori, con la committenza, i funzionari di zona, colleghi, fornitori siano essi di materiali o di caffè … insomma Manzoni, ha scritto l'”addio monti” per noi e non lo poteva sapere

Qual’è stato il vostro addio? ditelo nei commenti

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Il legame perduto tra arte ed architettura

Non ce ne siamo accorti, eppure in qualche momento della nostra storia si è perduto un connubio prezioso che rendeva unica la nostra arte

Parlo del legame  tra arte ed architettura

Nel restauro sono classificate come superfici decorate dell’architettura, molti restauratori vi dedicano la vita professionale, molti storici dell’arte i loro studi

Vorrei focalizzare l’attenzione sullo  stretto connubio, che le più antiche e belle città del mondo mostrano tra arte ed architettura. Per meglio comprendere il valore di questo legame perduto proviamo a pensare a cosa rende grande la nostra arte e rende uniche le nostre città storiche.

Potremmo dire l’urbanistica, i sontuosi palazzi,  i dipinti nei musei e nelle chiese. Certamente! Ma la caratteristica peculiare di di quei palazzi e quelle cattedrali che ci fanno stare  estasiati a testa in sù, sono le espressioni artistiche strettamente connesse al manufatto architettonico, nate per esservi indissolubilmente legate.

Mi riferisco ai dipinti a fresco, mezzi freschi, pitture a calce, decori a secco, graffiti, stucchi, soffitti lignei scolpiti e policromi  e poi le opere lapidee come portali, portoni, sculture, colonne, mensole scolpite ed istoriate, capitelli istoriati, i mosaici e gli encausti

Tutte queste tecniche artistiche sono nate per decorare palazzi e chiese,  e contribuiscono a rendere indissolubile il legame tra superficie dell’architettura ed espressione artistica

Non ce ne siamo accorti, ma in qualche momento della nostra storia ci siamo perduti questo anello, questo legame.  L’evoluzione storica certo, la nascita di nuovi materiali e di un nuovo gusto. Una nuova economia che ha necessità di ritmo,  produttività e velocità che aborrisce la lentezza. Forse lo abbiamo creduto ovvio e naturale

Così gli architetti, ad un certo momento della loro evoluzione professionale, anziché ricercare un accordo con il Michelangelo del futuro per trovare un equilibrio tra il genio espressivo e la finalità progettuale. Si sono trovati a sperimentare nuovi materiali dal gusto antico e a scegliere le piastrelle e le finiture da una catasta di cataloghi.

 Allo stesso tempo gli artisti più apprezzati e quotati oggi progettano e realizzano le loro opere per ambientazioni spesso astratte, nella migliore delle ipotesi possono finire al centro di uno svincolo cittadino o in una teca nell’androne di un palazzo, ma sempre a se stanti, belle e sole, il più delle volte avulse dal contesto.

Abbiamo perduto qualcosa di prezioso la capacità di collaborare nel reciproco rispetto per creare qualcosa di più grande della somma delle singole professionalità. Confido nei corsi e ricorsi storici e attendo paziente che torni questo grande amore

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SilviaContiRestauroConservativo

 

 

La nevrosi del filo a piombo nel restauro

Vi state chiedendo cosa sia mai la nevrosi del filo a piombo?

È una diffusa patologia che colpisce gli organi sensoriali di progettisti ed  operatori in ambito architettonico ed è ben tollerata, anzi auspicabile, sino a che si estrinseca nei casi di progettazione dei grattacieli o delle villette a schiera con cappotto termico in polistirolo espanso. I problemi, anche gravi, insorgono nei casi in cui la patologia si manifesti in ambiti di restauro architettonico. In quel contesto specifico può avere  effetti terribili, ma non per gli operatori che ne sono affetti, bensì per i beni sottoposti alle loro attenzioni!

È quella deviazione per cui ogni superficie dell’architettura, nei suoi rapporti intrinseci di piani e volumi, debba essere perfettamente lineare, ortogonale, parallela o perpendicolare

Linee dritte come saette che uniscono la sommità della copertura sino al piano di calpestio. Fughe prospettiche che paiono lame di coltelli, pareti piatte come lastre di vetro. Ci sono si anche angoli che non siano a novanta gradi, certo che sono ammessi. Quarantacinque, trenta? Ma che siano precisi!

Bene, direte voi, qual’è il problema? L’architettura è fatta da piani e volumi che si intersecano lungo linee parallele e ortogonali tra loro

Vero, ma se guardiamo con attenzione l’architettura storica, anche la più precisa e geometrica come quella di Palladio, ad esempio,

noteremo che le superfici non sono piattissime, gli spigoli non sono vivi, i raccordi tra modanature e sotto squadri non sempre sono a novanta gradi. Tutte le superfici, quelle antiche originali, se le guardate con attenzione, hanno delle minime imperfezioni. Le ampie pareti hanno impercettibili avvallamenti, gli spigoli hanno linee che curvano e si arrotondano anche se minimamente e non era solo per la tecnica o la tecnologia mancante all’epoca, ma era una scelta di gusto e la dobbiamo rispettare.

Ora, se il progettista o l’operatore dell’architettura si trova ad intervenire sulle superfici siano esse di intonaco o stucco di un bene architettonico storico e, per via della sua nevrosi del filo a piombo ci raddrizza ogni imperfezione. Il risultato sarà terribile. La nostra chiesa o il nostro palazzo assumerà l’aspetto di una qualsiasi villetta a schiera dell’hinterland delle nostre città, (fatto salvo la differenza dimensionale)

Ciò che ci fa innamorare dell’architettura storica e che la rende unica rispetto agli edifici contemporanei sono quelle minime imperfezioni delle sue superfici, che nulla tolgono alla grandiosità dell’opera, semmai la rendono unica e irripetibile. Rendere rettilineo tutto quello che si trova, corrisponde a soffocare un bene architettonico, a togliergli respiro, espressione e vita

Oh voi che potete, curate quella mortifera malattia della nevrosi del filo a piombo o nulla della nostra architettura antica si salverà!

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SilviaContiRestauroConservativo