Chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente
Si tratta di un semplicissimo procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti.
Consiste nel porre una luce radente rispetto alla superficie dell’opera sia essa un dipinto su tela, un affresco, una scagliola policroma, un intonaco o altro ancora
La superficie dell’opera d’arte a luce radente si spoglia di molte delle apparenze tipiche dell’illusione ottica e ci mostra la superficie della materia da un nuovo punto di vista.
Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva spesso sorprese inaspettate.
La visione si scompone immediatamente in un volume che era negato dal valore semantico del dipinto e ci svela le tracce della sua storia.
A luce radente possiamo analizzare la trama di una tela ed i punti di giunzione tra le patte
Un affresco visto a luce radente ci può mostrare i distacchi della superficie pittorica e dell’intonaco, le tracce dei ferri utilizzati per lisciare la superficie, tracce di chiodo o spolvero, le parti di intonaco risarcite o integrate e, qualche volta i ritocchi
La superficie di una scultura in bronzo o in terracotta ci può mostrare i punti di assemblaggio tra le porzioni scultoree
Per le superfici intonacate ci aiuta a stabilire i livelli, le sovrapposizioni e gli eventuali danni da distaccamento degli intonaci
Insomma la luce radente è un alleato fedelissimo per chi ama analizzare e comprendere l’arte
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/07/S.Maria_ioa1187.jpg11311696Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-07-19 08:17:562018-07-20 07:46:44I segreti della luce radente nel restauro
La terracotta è il mondo, è un materiale estremamente diffuso, così versatile che vi sono state costruite intere città.
Le tecniche di utilizzo dell’argilla hanno mille e più diramazioni specifiche ma nell’essenza resta una delle tecniche più antiche ed essenziali dell’ingegno umano
La terracotta deriva dall’argilla, l’argilla è un conglomerato non sedimentato di minerali argillosi, per lo più derivanti dal dilavamento o stagnazione in acqua, di rocce contenenti tali minerali (fillosilicati, a loro volta composti da molti altri minerali; alluminosilicati, caolinite, silicati idrati d’alluminio, eccetera ) I manufatti in terracotta sono detti “Fittili”
L’argilla allo stato umido si presenta in blocchi o conglomerati dall’aspetto viscido e compatto . Il colore dell’argilla può variare a seconda degli ossidi in essa contenuti e sostanzialmente dai luoghi di provenienza. Il tipico colore rosso della terra cotta è dettato dall’ossido di ferro che si manifesta a seguito di cottura. Tale composto umido è malleabile e plasmabile, allo stato essiccato perde elasticità e mediante cottura diviene terracotta
Con la terracotta si possono fare i mattoni utili per l’edificazione di case e palazzi, oppure si possono plasmare manufatti decorativi e artistici, oppure ceramiche di rivestimento, pavimenti, vasellame o porcellane.
La differenza sostanziale tra laterizio da costruzione e le porcellane sta nel grado di depurazione dell’argilla. Più l’argilla sarà depurata e più compatto e meno poroso sarà il manufatto cotto. Le terre cotte meno porose sono le porcellane o il grès chesolitamente sono caratterizzate da un colore chiaro, quasi bianco, dettato dal caolino che compone in maggior parte l’argilla molto depurata
Altro dettaglio differenziale sta nella finitura di superficie della terracotta. L’argilla lavorata, essiccata e colorata con ossidi metallici a seguito di cottura diviene maiolica. Ovvero gli ossidi policromi stesi sull’oggetto in terra cruda, allo stato di polvere, una volta cotti (980 gradi circa) si fondono, variano di colore, si stabilizzano e creano un sottile strato di finitura assolutamente coeso al manufatto fittile, rendendolo policromo lucido ed impermeabile
La lavorazione dell’argilla è assolutamente versatile e può essere realizzata a stampo oppure plasmata a mano. È molto diffuso ed è meraviglioso trovare su di una tegola o un mattone antico le tracce delle dita che l’hanno lavorato
È molto interessante osservare i decori realizzati con la terra cotta, tra le vie delle città, ve ne sono di antichissimi e di recenti, alcune decorazioni soprattutto quelle dell’architettura, sono ottenute semplicemente allettando il mattone con un angolazione lievemente inclinata e ripetuta sino a divenire cordolo modulare.
Altri decori sono figurativi o scultorei e, dall’attenta osservazione, possiamo dedurre se siano realizzati a mano oppure a stampo o ancora a stampo e poi finiti a mano.
È bene rammentare che i decori in terracotta hanno delle dimensioni limitate in relazione a quelle del forno di cottura, per cui sono modulari e, se sembrano molto grandi, significa che sono stati assemblati con grande cura
Anche il semplice mattone da costruzione racconta la sua storia a chi la vuole ascoltare. Dalle dimensioni del mattone dal suo colore e dalla porosità si possono dedurre le fornaci di provenienza e le datazioni.
Dalla superficie scabrosa o liscia del mattone possiamo capire se era nato per essere intonacato oppure per essere finito a vista. Tra quelli nati per essere “finitura” possiamo anche scovare tracce di sagramatura. Una meravigliosa antica tecnica che prevedeva il trattamento superficiale dei mattoni con della calce idrata ed altra polvere di cotto, spesso stesi sulla superficie mediante l’azione abrasiva di un mattone strofinato in senso rotatorio sulla superficie. Il risultato della sagramatura è quella lucentezza naturale della superficie, dello stesso colore del mattone ma di tono più scuro in corrispondenza del mattone e lievemente più chiaro in corrispondenza della malta di allettamento.
Le grandi sculture in terracotta policroma sono dei manufatti affascinanti nei quali l’arte e la sapienza tecnica raggiungono altissimi livelli e che approfondirò in un prossimo articolo
Il ferro è un minerale estratto dalla profondità della terra, attraverso la creazione di miniere estrattive, che si trovano in quasi tutti i paesi del mondo.
La metallurgia è la disciplina che studia i metalli tra cui il ferro e le sue leghe.
Il ferro è un materiale molto diffuso ed ha trovato infiniti utilizzi, sin dai tempi antichi, in svariate forme, come elemento costituente della meccanica, oppure come elemento di supporto e decorazione dell’architettura infine come espressione artistica e decorativa a se stante
Troviamo manufatti ferrosi utilizzati come elementi strutturali e non visibili all’interno dei pilastri in calcestruzzo, come anima strutturale delle mensole dei balconi decorativi in graniglia o stucco
La sua presenza nelle nostre città e nelle campagne è grandissima. Siamo attorniati di elementi metallici, dagli utensili agricoli alle chiuse di sistemi di irrigazione, alle ringhiere. Ma ciò che trovo di estremo interesse è come si adatti ad ogni forma decorativa
Elementi decorativi di complemento all’architettura, grate, recinzioni, pinnacoli, borchie e maniglie di portoni ed altro ancora
Il ferro è sempre stato materia povera duttile e malleabile. Lavorabile con pochi semplici utensili.
Si ammorbidisce al fuoco, si plasma mediante la battitura effettuata con magli o semplici martelli, si taglia, si fonde, si mescola ad altri minerali, si piega fino a prendere le più svariate forme
Le principali tecniche tradizionali di lavorazione del ferro, che possiamo riconoscere guardandoci attorno, osservando gli elementi decorativi di qualsiasi area urbana sono:
La battitura a caldo: Una tecnica antica che prevede l’ammorbidimento del metallo attraverso il calore e la battitura dello stesso sino a plasmarne la materia nella forma desiderata: la battitura a caldo si riconosce dalle preziose imperfezioni della superficie metallica che riporta le tracce dei colpi del martello e i segni delle piegature con le tenaglie
Lo stampo o forgiatura a stampo: forme decorative, foglie e fiori possono essere realizzate a mezzo di immissione del metallo fuso in stampi di ghisa oppure con la più diffusa tecnica della forgiatura a stampo, dove il metallo viene compresso da stampi pre formati che imprimono la forma
La forgiatura a mano: prevede, come la battitura a caldo, il riscaldamento del metallo e la battitura continua a mezzo di elementi meccanici, tipo magli o strumenti industriali, sino a dare alla materia la forma desiderata. La forgia da manufatti plasmati, lisci e di forme flessuose ma regolari
La trafilatura: una tecnica più recente, dalla rivoluzione industriale in poi. E la tecnica con la quale il metallo viene forzosamente indotto a passare attraverso condotti sagomati che ne definiscono la forma, per estrusione. Con questa tecnica si formano aste, tubi e barre.
La laminazione si utilizza per formare delle lamine, può essere effettuata a mano, per battitura, per forgiatura oppure per processo meccanico industriale (a freddo oppure a caldo)
Può sembrare incredibile quante forme e decori si possano creare con queste poche tecniche metallurgiche
Trovo molto divertente aggirarmi per le vie e cercare di individuare, suddividere e catalogare queste tecniche
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/07/IMG_8945-2.jpg20072859Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-07-11 22:41:492018-07-11 22:51:43Il ferro, tecniche e forme
La scultura è una delle arti più complesse per la sua realizzazione e più potente in quanto a capacità comunicativa di un messaggio artistico
Quando osservo una scultura mi faccio coinvolgere dal suo aspetto d’insieme e poi ne indago i particolari, per individuare e ripercorrere le fasi costruttive e di realizzazione.
Un piccolo segreto che aiuta a comprendere come una scultura sia stata realizzata e, spesso a individuarne la datazione, consiste nell’individuare e seguire i punti lasciati dal trapano
È un minuscolo dettaglio nell’immensa complessità dell’arte scultorea ma delinea la tecnica e la storia della scultura stessa.
Il trapano è uno strumento utilizzato sin dalla più remota antichità, i più antichi erano ad arco
e, gli strumenti in genere erano pochi e semplici
Il trapano veniva utilizzato dopo aver sbozzato grossolanamente il blocco di pietra. Il trapano si usava in quella prima fase per definire i punti più profondi, ovvero gli “scuri” della scultura. Spesso venivano praticati una serie di fori che definivano la profondità e da li venivano poi rimosse le porzioni di pietra eccedenti, le pareti che dividevano i fori, sino ad ottenere il punto di vuoto, scuro o sottosquadro desiderato. Osservando le sculture antiche, nei punti di scuro, si possono intravedere spesso i fori accostati del trapano utilizzati per raggiungere tale risultato
Il dettaglio che da sempre mi affascina è come il foro del trapano venga utilizzato come elemento decorativo a se stante e, proprio la modalità in cui viene utilizzato il foro del trapano con valenza decorativa può aiutare a datare un manufatto scultoreo
Vi sono periodi storici nei quali la scultura è fortemente caratterizzata dall’utilizzo decorativo del trapano come ad esempio la scultura longobarda dove il gusto quasi grafico viene mosso ed esaltato da un utilizzo decorativo dei punti scuri e tondi del trapano
ecco due esempi di utilizzo del trapano per fini costruttivi e decorativi
Chissà quanti ne vedrete ogni giorno, se gradite, aggiungeteli nei commenti
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/07/IMG_8969.jpg29303010Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-07-06 09:16:002018-07-07 13:38:37l'uso del trapano nella scultura antica
cosa vedono i restauratori quando salgono un ponteggio, non ci crederete ma vedono cose diverse da quelle che osserverebbero altre persone, altri professionisti
Sbuchi dalla botola e … Oddio il quadrante è completamente rifatto, ma tu guarda e seguono una miriade di brontolii, ma vi pareva il caso di arrivare fin quassù con le vostre malte pre miscelate del cavolo. Avrete fatto anche fatica, sapete che c’è? Ve la potevate risparmiare!
Poi annusiamo, auscultiamo, tastiamo e bussiamo la parete come un segugio, fino a quando ci convinciamo del punto giusto per eseguire il saggio stratigrafico, ecco qui, esattamente qui!
Poi ci giriamo, accidenti, carino da quassù guarda che bel panorama, ciaooo!
Ok, non perdiamo tempo, questo è il punto giusto, voglio analizzare questo punto, fammi capire come è stato fatto questo intonaco, chissà che non vi sia qualcosa di decente li sotto.
E si parte con bisturi spatole e piccoli scalpelli, tic, tic, sgratt, garatt.
Accidenti a voi, pure la rete e la colla per piatrelle avete messo, sotto alla pre miscelata… e via con altri improperi e brontolii vari
Nove centimetri, nove centimetri di cemento, con l’aggiunta di una rete da pollaio e la sotto un povero intonaco tardo quattrocentesco langue, questa è insensibilità! Infami!
Quando il cemento supera i 4 centimetri il restauratore sbrocca ed i brontolii divengono mugugni e l’aria diviene truce.
Ok ricomponiamoci, prendiamo gli appunti per la relazione, mi raccomando fredda, distaccata, professionale. Et voilà il saggio stratigrafico è fatto!
Sorridi
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_9075.jpg24881148Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-30 10:15:232018-06-30 10:17:37Cronaca del saggio stratigrafico
Il muro scrostato è poesia per il restauratore, racchiude tutta la storia e le stratificazioni di un edificio storico e la sua lettura è un esercizio professionale, una lezione di storia, tecnica dei materiali ed antropologia culturale
Storia perché gli strati di intonaco sono stati eseguiti periodi diversi e di quei periodi storici ci raccontano i dettagli
Tecnica perché gli intonaci stratificati in epoche diverse seguono composizioni e tecniche diverse, seppur affini tra loro
Antropologia culturale perché ogni strato d’intonaco riflette il pensiero ed il comportamento dell’uomo in un dato periodo storico
Ecco ad esempio una lettura di una stratificazione di un intonaco sulla parete di un’antica torre. Il luogo è impervio eppure di uomini dotati di malta e cazzuole ve ne sono stati… parecchi
Ove vi sono cadute di tale entità è possibile leggere in senso stratigrafico un intonaco, esattamente come fosse un libro di storia
Un dato interessante è notare il comportamento diverso di due intonaci apparentemente identici, quello ottocentesco e quello della seconda metà del ‘900
queste le stratificazioni e mentre penso, mi godo il panorama
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_9069.jpg30762548Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-27 08:10:362018-06-27 08:14:11La poetica del muro scrostato 2, l'analisi
Un antico rimedio, per divertirsi e non pensare alla nostra traballante condizione, consiste nel fare un riassunto della tipologia di persone che si incontrano al lavoro, al lavoro del restauratore intendo.
Moltissime persone, una vastissima gamma di specie umane le più diverse tra loro.
Per chi sa distinguere il suono cacofonico dell’umanità, un immensa scuola di vita.
Il restauratore come un istrione invisibile, un saltimbanco nomade, per il periodo della durata di un lavoro di restauro ascolta, frequenta, intrattiene, dialoga, litiga e ride con una moltitudine di soggetti, dalle più svariate peculiarità. Le più svariate ma tutte riconducibili a tipologie ben precise e ricorrenti
Proverò a riassumerne le macro categorie in un decalogo, ma sono molte, molte di più.
1 Architetti ed ingegneri. Sono la prima categoria che un restauratore incontra, già prima di iniziare un lavoro e, dentro a questa categoria troviamo la gamma più incredibile di soggetti che ho provato a descrivere in un apposito articolo
2 Preti suore ed ecclesiastici. Quando si lavora in o per Chiese e Monasteri sono i padroni di casa e quando scatta una sintonia armonica sono clienti adorabili. È un classico approfondire conoscenze e possiamo incontrare le personalità più diverse che vanno dal mistico al tecnico, al rivoluzionario
3 Politici, vip e direttori. Concedono le loro visite nei nostri cantieri o laboratori con grande parsimonia ma non mancano mai alle inaugurazioni dove sfoggiano tutta la loro inaspettata affinità con l’arte ed il restauro … e chi l’avrebbe mai detto
4 Funzionari, soprintendenti ed impiegati, quelli non li si incontra spesso nei cantieri … ma chissà perché, sono sempre presenti nei nostri pensieri!
5 Flotte di studenti e curiosi sparsi . Ogni lavoro, ogni cantiere è connotato dalla gente che si aggira nelle vicinanze e si ferma a guardarci incuriosita, che ci pone domande e ci intrattiene. Qualche volta ci insegna. Non manca mai la scolaresca guidata da insegnanti … molto più interessati dei loro studenti
6 Commercianti e ristoratori. Quelli che ogni mattina per la durata del cantiere ci servono il caffè o ci confezionano il panino, Divengono volti amici e noi per loro, tant’è che sono i più tristi al volgere di un nostro lavoro
7 Fedeli, sagrestani e volontari. Sono quelli che maggiormente apprezzano il nostro lavoro, ci osservano e ci affiancano con stima. Spesso perché legati a quella data opera da un legame fideistico o perché comprendono che stiamo facendo tutto quanto in nostro potere per conservare al meglio quel loro caro oggetto
8 Muratori, falegnami e carpentieri. Il nostro amichevole incubo quotidiano, sono gli artigiani con cui dobbiamo condividere gli interventi di restauro, perché ci devono montare i ponteggi, rimuovere le macerie o costruire un qualche alloggiamento. Quelli a cui dobbiamo dimostrare ogni giorno che la nostra stranezza e le nostre insolite richieste, con un piccolo sforzo di elasticità mentale, possono essere considerate del tutto normali
9 Sapientoni. Quelli che sanno tutto sulle opere d’arte che stai restaurando ed anche sul restauro, ma proprio non ci pensano a tenere per se i loro grande sapere, pare che abbiano aspettato anni per poterlo condividere proprio con te
10 il Pazzerello affezionato È presente in ogni cantiere in ogni lavoro, non si sa da dove provenga ma ci fa sentiere meno strani, è il tipo che arriva ogni giorno alla stessa ora e ti racconta degli ufo o della sua personale teoria massonica su quella data opera d’arte … personalmente lo adoro!
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/IMG_2144.jpg813960Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-20 08:24:202018-06-20 08:24:20Incotri di restauro ... Il decalogo
In questo articolo vorrei parlare degli atti vandalici e della loro trasformazione nel tempo
Ognuno di noi ha ben chiaro cosa siano quegli atti vandalici sui monumenti, quelle scritte urlanti che feriscono alla sola vista ogni essere umano dotato di senno. La normativa per l’individuazione dei danni sui beni culturali li definisce atti antropici o vandalici e, non vi sono dubbi interpretativi, vanno rimossi!
Scritte, incisioni, distacchi e lesioni alle quali il restauratore è chiamato a porre rimedio.
Uno dei lavori più odiosi per il restauratore, che solleva brontolii e predicozzi ad ogni fase di lavorazione e, mentre sfodera tutti i materiali della tavola periodica degli elementi, per provare a rimuovere quelle tracce, regolarmente si chiede ma perché lo fanno e perché proprio su di un manufatto storico
In effetti le medesime scritte realizzate sotto ai ponti dei cavalcavia o nelle periferie ci comunicano stati d’animo diversi, se il graffito è bello esteticamente lo osserviamo con la dignità che si concede ad un opera d’arte contemporanea, ma sui beni storici no, è intollerabile. E forse la risposta alla motivazione di tali gesti risiede proprio in questo è una provocazione forte, un’insulto, e come tale viene recepito
Va però analizzato che gli atti antropici o vandalici sui manufatti storico artistici sono un fatto costante nel tempo, sono sempre avvenuti, lo dimostrano chiaramente certe scritte tra le rovine di Pompei
La differenza sta nelle tecniche, gli atti vandalici antichi giunti sino a noi sono per lo più delle incisioni, su pietra, intonaco, legno o altro materiale. Altra differenza sta nel diverso garbo con cui sono realizzate scritte firme e date, una forma di pudore che li hanno resi semi invisibili o comunque tollerabili alla vista affinché giungessero sino a noi. Forse diversa era la motivazione dell’atto vandalico non una provocazione o un insulto ma piuttosto una testimonianza di se in un luogo ritenuto importante. Una sorta di “io c’ero”
Di fronte a questi atti vandalici ricoperti dallo strato nobilitante della storia il nostro atteggiamento cambia completamente, li osserviamo con attenzione e trasporto cercando di leggere firme e date, ma non solo l’atteggiamento del comune osservatore cambia, cambia anche la normativa sulla conservazione che contempla la tutela e la conservazione della scritta e dell’incisione storicizzata
Perché mai? Si potrebbe chiedere qualcuno. Molto semplice perché quelle scritte divengono documento, ci danno informazioni quindi assumono un valore documentale per la lettura e la conoscenza della storia di un dato bene, lo stesso su cui sono state realizzate
Gli atti antropici antichi divengono tracce vitali da conservare poiché hanno assunto una valenza storica ed antropologica. La conservazione di incisioni, firme e date storicizzate sui manufatti storici è uno di quei fattori che possono apparire incomprensibili a chi non è del settore ma che rendono intellettualmente evoluto l’atto della conservazione
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/06/IMG_2901.jpg24483264Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-06-18 07:08:592018-06-18 07:13:18Atti vandalici e segnali di vita
Per comprendere cosa sia il descialbo bisogna prima indagare la parola scialbo. Scialbo, oltre a significare smorto pallido e insignificante indica uno strato di colore a corpo steso sull’intonaco, deriva dal toscano. Spesso si riferisce ad uno strato di calce idrata lievemente pigmentata che ricopriva ampie porzioni dell’intonaco di un edificio.
Il descialbo alla lettera significa la rimozione dello scialbo, in realtà la parola “descialbo” non è Italiano corretto. In sostanza un neologismo che nel settore del restauro è entrato con prepotenza, come temine tecnico in sostituzione del più corretto e complicato “rimozione degli strati superficiali soprammessi”
La fase di lavorazione del descialbo, fa parte del vocabolario del restauro conservativo e costituisce quell’insieme di atti volti alla rimozione degli strati soprammessi da una superficie policroma, e più specificamente un intonaco o un affresco
Nella maggior parte dei casi si effettua con bisturi e piccole spatole ma vi sono casi in cui lo scialbo ha uno spessore maggiore e si può rimuovere con piccoli martelletti
In buona sostanza maggiore è lo spessore e più facile sarà la rimozione. La maggiore o minore difficoltà nella rimozione di uno scialbo soprammesso ad un affresco è dettata da una serie di fattori variabili che vanno dalla materia costituente lo scialbo, il grado di coesione della materia, il grado di adesione al supporto, eccetera.
Il più delle volte lo scialbo è costituito da uno strato di calce idrata stesa molto liquida nei periodi di pestilenza, con la funzione di disinfettare palazzi e chiese, ecco per quello scialbo non vi è altro mezzo che la rimozione a bisturi
Il descialbo è una delle fasi più complicate, lunghe, imprevedibili, tediose e che richiedono infinita pazienza, eppure per noi restauratori è una parola dal suono meraviglioso
Nella maggior parte dei casi descialbo è il sinonimo di ritrovamento di affreschi. La gioia più grande per un restauratore. Che altro desiderare!
Analisi semi seria del rapporto tra politica e beni culturali
1 Le presentazioni
… buongiorno, siamo i restauratori.
Eccoci qua, ad oggi possiamo vantare una stretta parentela con il “petrolio della Nazione” cioè i Beni Culturali !
Per dovere di precisione siamo quelli che mettono il petrolio nei barili e lo conservano. Quelli che si sporcano le mani. Quelli che quando si tratta di fare un cartellone pubblicitario vengono messi in posa e quando si tratta di riconoscerli come categoria nessuno li vede
Appariamo e scompariamo come piccoli fantasmi, ma all’occorrenza con discrezione, per servirvi!
2 La politica e i beni culturali
L’atteggiamento della politica Italiana rispetto al patrimonio culturale è sempre stato piuttosto singolare. Palla al piede prima, petrolio d’Italia poi … mai che vi sia stata una percezione realistica della situazione!
Infatti il dato più divertente ed emblematico è pensare che il concetto più recente, quello di patrimonio culturale come petrolio della nazione, sia nato da un senso di pudore di fronte a questo immenso patrimonio che chiede di essere conservato. Il Ministro di turno, i politici in genere e a volte anche i funzionari, sono stati intimoriti dal dover chiedere risorse per gestire e conservare i beni culturali. E allora hanno pensato bene di dire … “tranquilli …. è il petrolio della nazione!” Come una forma di giustificazione o rassicurazione per gli astanti dubbiosi di fronte a quell’ammasso di vecchiume
Chissà perché nessuno ha mai provato pudore al pensiero che le infrastrutture o la sanità abbiano bisogno di risorse. Evidentemente quello è naturale
3 Il Ministero
Per molti anni è stato considerato una sorta di “rifugio peccatorum” ovvero il luogo dove inviare politici che, il governo di turno non sapeva bene dove collocare, ma ai quali doveva pur dare un incarico. Motivo per il quale vi sono finiti insigni personaggi della storia d’Italia che nessuno ricorda.
Fatta eccezione per alcuni casi in cui il politico giusto era finito al posto giusto, ma certamente si era trattato di un caso fortuito e del tutto transitorio!
Nei tempi più recenti è decisamente più glamour fare il Ministro alla cultura per cui l’atteggiamento è cambiato ma, soprattutto nella sua forma esteriore
4 Il nome
Su base statistica e storico politica ovvero in base ai dati desunti dalla storia della nostra Repubblica, possiamo affermare che nel cambio del nome del Ministero o degli uffici ad esso connessi, risiede tutto il senso politico e progettuale della sua azione sul patrimonio
Per essere banalmente esplicativi fornirò un breve esempio della variazione dei nomi del ministero e delle Soprintendenze, senza voler essere esaustiva … sarebbe impossibile
Cambio dei nomi del Ministero
Ministero per i beni culturali e l’ambiente (1974)
Ministero per i beni culturali e ambientali (1975)
Ministero per i beni e le attività culturali (1984)
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (2013)
Ministero dei beni e delle attività culturali (2018)
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (2019)
Cambio dei nomi delle Soprintendenze
Le soprintendenze nascono nel 1904 e vengono normate dal Ministro Luigi Rava nel 1907 suddivise in tre aree di competenza
Soprintendenza ai monumenti 1907-1923 1939-1974
Soprintendenza agli scavi e musei archeologici 1907-1923 1939-1974
Soprintendenza alle gallerie 1907-1923 1939-1974
Dagli anni ’80 ad oggi è stato un turbinio scoppiettante di nomi che spesso di anno in anno si allungavano, si suddividevano a seconda delle regioni e comunque, sempre si complicavano
Prendiamo ad esempio una soprintendenza : La Soprintendenza alle Gallerie è divenuta Soprintendenza ai Beni Mobili storico artistici, poi Soprintendenza ai Beni Storici Artistici che negli anni seguenti diveniva, Soprintendenza ai Beni Storici Artistici ed Etenoantropologici, che l’anno seguente divenivano, Demoetnoantropologici, a questi nomi sono seguite le sigle tipo SBAP e SBEAP, certamente imparentate con i suoni onomatopeici Bim, Bum, Bam, Patapim e Patapam
5 Novità in arrivo
Il nuovo governo si è da poco insediato e ancora non sappiamo come si atteggerà il nuovo Ministro dei beni e attività culturali, in ogni caso … ha già cambiato il nome del ministero!
Come sempre una speranza la conservo, sarà che tutte le volte ci casco, tutte le volte ci credo, e penso che al di la degli schieramenti politici, possa essere designato qualcuno che abbia realmente a cuore il patrimonio storico artistico di questa povera grande nazione
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