Ho pensato alla correlazione tra festa della donna e il lavoro del restauro. Oddio, non vorrei essere retorica! Chissà, forse ne possiamo parlare? Non saprei, vediamo se funziona; 8 marzo, festa delle donne, le donne e il restauro, cerchiamo di non essere pedanti però
Provo a pensare ad una festa delle restauratrici, poiché se il restauro non è propriamente “donna” e neppure troppo femminile, è costellato e caratterizzato dalle donne. Il restauro ha in sé una contraddizione che esercita un grande fascino. È un lavoro faticoso, sporco e polveroso, a volte rischioso eppure ha un’altissima rappresentanza femminile.
Si perché il restauro non potrebbe essere ciò che è, senza la pazienza delle restauratrici senza quelle interminabili ore, spese come fossero minuti, attorno a quei dettagli minimi.
Senza quelle operazioni attente, tediose e ripetitive, che nei cantieri sono sempre riservate alla donne!
Senza le chiacchiere e le pause caffè tra pennelli, spatole, secchi, barattoli e qualche immancabile ragnatela
Senza l’affinità che ci lega all’opera che stiamo restaurando come se fosse qualcuno di amato e non qualcosa. Che ci spinge a capirne di più, a sondare la storia a leggere le tracce, a parlare all’opera. Sentimento che culmina nella proverbiale e ridicola a fatica nell’abbandono del lavoro ultimato, come fosse un amico, come fosse un amore
Ecco la storia del restauro e le donne è una storia d’amore! Molto semplice. Tutto qui!
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SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/03/IMG_7345.jpg17912849Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-03-08 09:31:142019-03-08 10:20:01Otto marzo e restauro
Questo articolo per parlare di ciò che non vorrei trattare e neppure vedere, gli strappi di affresco.
Eppure la materia ha suscitato negli anni, e continua a suscitare, uno smodato interesse. Capita infatti di incontrare interlocutori che non sanno esattamente nulla di arte o di affreschi ma l’unica vaga percezione che hanno in materia d’arte è che gli affreschi si possono strappare, in qualche misura sanno cos’è uno “strappo” e vorrebbero saperne di più. E ti chiedono come si fa!
In molti anni di professione del restauro è forse la domanda più frequente che mi è stata rivolta, dalle persone più diverse con la formazione culturale più disparata.
Mi sono trovata spesso a chiedermi perché, perché in una materia dove nessuno vuole approfondire nulla vi sia questo spiraglio di esigenza, bisogno, richiesta incessante di nozioni tecniche. Che meraviglia potremmo dire! Finalmente un aspetto del lavoro del restauratore che suscita interesse culturale
E invece spaventa, vi è qualcosa di diverso, pruriginoso, di vagamente perverso. Credo sia connesso al possesso di qualcosa di irraggiungibile, qualcosa di simile al concetto di trofeo
Eppure basterebbe guardare con attenzione uno strappo d’affresco per comprendere che tale tecnica si dovrebbe dimenticare. Premesso che spesso la tecnica dello strappo è stata utilizzata come ultima ratio al fine di preservare dei dipinti che altrimenti sarebbero scomparsi così come l’immobile sul quale si trovavano.
Ciò detto la principale problematica legata agli strappi di affresco è connessa al loro mutato contesto. Nati per essere parte integrante di una parete interna o esterna di un palazzo nobiliare o di una chiesa, ne narravano i dettami stilistico e simbolici. Per cui un affresco di un palazzo nobile avrà avuto riferimenti simbolici al casato, alle proprietà oppure alle gesta dei proprietari. Così su di una chiesa si sarà narrato del santo protettore o della confraternita a cui apparteneva l’edificio stesso. Le stesse decorazioni aniconiche avranno avuto in se il gusto ed il pensiero di quel luogo di quel tempo e di quelle genti.
I casi in cui l’affresco strappato è ricollocato in loco, non ha subito quindi decontestualizzazione, ne risulta comunque spesso impoverito
I nostri musei sono ricolmi di strappi di affreschi che hanno perduto il loro contesto e la loro storia e dei quali possiamo leggere etichette del tipo. “.. si presume provenga dall’antica Chiesa di .. oggi distrutta” Testimonianze ormai mute di una storia narrata. Racconti mozzati in lingue sconosciute, troppi elementi mancanti per poter comprendere con precisione il significato.
E li possiamo vedere quegli strappi che, per bene siano stati eseguiti, suscitano sempre la medesima sensazione che si prova osservando degli animali impagliati al museo di scienze naturali. Un manufatto un tempo vivo che oggi manifesta la sua mortifera sussistenza.
Si perché gli affreschi vivono sui muri assorbono la luce, restituiscono forme e colori si illuminano al sole e si rabbuiano di notte. Respirano calce e aria, dalla loro superficie millimetrica traspare una profondità ancor più ampia di quella della muratura su cui insistono, vivono, invecchiano e degradano. Comunque vivono molto più di noi e sono li per raccontarci storie antiche, basta ascoltarli. Strapparli è come ammutolirli e metterli in formalina .
Noi restauratori proviamo a farli vivere più a lungo ma nel rispetto della loro essenza.
Per i non addetti ai lavori: il Ministero ha fornito l’elenco dei restauratori dei beni culturali ai sensi dell’articolo 182 del D.lgs 42 del 22 gennaio 2004, così, dopo un ventennio di tragicommedia finalmente si sa chi è abilitato alla professione!
Io elenco, tu elenchi, noi elenchiamo, voi elencate, essi elencano, se fossimo elencati, se ci inserissero nell’elenco saremmo elencati, noi elencammo, loro elencarono … siamo stati elencati! (così, giusto per mostrare che i restauratori conoscono i congiuntivi)
Mi ha dato una strana sensazione, chissà forse perché l’effetto sorpresa era stato già vissuto con la prima comunicazione del 22 ottobre, comunque mi sono chiesta perché e per cosa attendere tanti anni!
Una fredda tabella con nomi propri che, non avendo il benché minimo riferimento a spazio, tempo, stato, luogo o codice fiscale, potrebbe riguardare chiunque. Che ne so, l’elenco degli iscritti al corso di canottaggio, ecco forse quello!
Indubbiamente dobbiamo ammettere che un passo avanti, in direzione dell’evoluzione digitale, è stato fatto, siamo in ordine alfabetico!
Eppure dietro a quella fredda e noiosa lista vi è un mondo di trepidanti emozioni, di attese, speranze, aspettative, scelte di vita, rinunce, gioie e dolori
Chi aveva titoli per entrarci dieci volte e chi si attaccava agli specchi per entrarci per il rotto della cuffia
Comunque sia, eccoci qua, ci siamo quasi tutti, si perché dopo anni di sceneggiate esclusioni, richieste di contro deduzioni, alla fine i numeri tornano e sono quasi sovrapponibili al numero di domande pervenute al ministero
Che strana cosa ci troviamo ad essere degli infanti, dei neofiti della professione, anche se la maggior parte di noi si trova ben oltre la metà della propria carriera professionale, pronti a varcare le soglie di un nuovo modo di svolgere la professione. Tutta lucente e cosparsa di nuvolette dorate
A volte temo sia un sogno
Infatti non è finita qui, pensavate fosse tutto a posto? … He no! alle porte già si profilano nuove sceneggiate. Quelle dei prossimi ingressi nell’elenco, all’orizzonte una sanatoria, e ci troviamo tutti pronti ad affrontarla con i soliti e improbabili schieramenti. Tutti contro tutti. Ecco così mi ci ritrovo, ora vi riconosco!
Benvenuti, cari colleghi , di nuovo davanti a noi la nostra cara, vecchia realtà!
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SilviaContiRestauroConservativo
P.S. le immagini sono quelle di un vecchio articolo di questo blog “albo dei restauratori , una questione culturale”, poiché si tratta della prosecuzione del medesimo discorso
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Gentili colleghi, allego di seguito l’avviso per la presentazione della manifestazione d’interesse per i lavori di restauro della torre civica di Lovere
Chiunque volesse essere invitato alla gara d’appalto dovrà manifestare il proprio interesse alla stazione appaltante “Comune di Lovere, provincia di Bergamo” solo ed esclusivamente attraverso la Piattaforma SINTEL della Regione Lombardia al seguente link
…Mi auguro di cuore e che vinca chi ama l’arte e vive di restauro
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Risplende dei nostri sogni e delle nostre aspettative
Perché l’anno nuovo non è altro che un segmento di tempo definito, del quale ancora non abbiamo vissuto un solo secondo, un’incognita che da adito alla speranza
E ci apprestiamo trepidanti come fosse un paio di scarpe nuove, cerchiamo di non infangarle sin da subito A piccoli goffi tentativi ci addentriamo e proviamo ad essere migliori dell’anno precedente, con voce sottile chiediamo qualcosa di più rispetto all’anno precedente
E guardiamo gli oroscopi, soprattutto se son belli, se fan schifo abbiamo la fortuna di scordarli presto
Tutti abbiamo bisogno di un sogno sia che siamo esseri perdenti che vincenti, sia che siamo umili che tracotanti. La via è fatta di piccole tappe di minuscole conquiste e nell’istante stesso nel quale le agguantiamo già ce ne scordiamo, le archiviamo, le diamo per scontate e sentiamo la necessità di una nuova tappa di una nuova vetta di un nuovo sogno.
Onnivori divoratori di esperienze vitali!
Vieni avanti 2019. Ti consumeremo sino all’ultimo giorno, ti vivremo e anche se sarai crudele, probabilmente ti sopravvivremo!
E, per non tradire la mia essenza di restauratrice … che possa questo nuovo anno portare una più grande sensibilità per la conservazione del patrimonio culturale
Tanti Auguri di un felice 2019
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Normalmente inizia così! Una frase che già nasconde il profumo di case in festa, luci, panettone e pranzi infiniti
Ma cos’è il Natale, a parte i significati religiosi, dal punto di vista antropologico non è che una reazione chimica, molto delicata e dal precario equilibrio, basta un nulla, una piccola variazione, una folata di vento, un variabile di troppo per rovinare tutto
Il Natale per i restauratori e per chi lavora nell’ambito dei Beni Culturali può nascondere mille e più risvolti imprevedibili
Tanto per cominciare Natale è la data deputata per la consegna di qualsivoglia lavoro, non importa se lo hai cominciato a novembre. Consegna entro Natale, prima delle feste, prima della fine anno. Entro e non oltre Natale!
Come dei forsennati, ogni anno, ci si trova a terminare lavori e progetti entro Natale, per poi consegnarli oppure inviarli agli uffici competenti: comuni, regioni, soprintendenze, curie, parrocchie prima di Natale così da far felice la committenza ed onorare il contratto, pur sapendo che del tuo progetto, del tuo lavoro, nessuno avrà tempo di accorgersi fino almeno alla metà di gennaio.
Poi ci sono i bandi di gara pubblicati il 22 dicembre con scadenza il 7 gennaio. Il responsabile del procedimento è finalmente tranquillo, ha fatto il suo dovere, il sindaco ne sarà certamente felice, ma chiunque vorrà partecipare a quel bando avrà un netto di tempo di qualche ora per adempiere alle procedure e partecipare … praticamente una rocambolesca corsa contro il tempo.
Infine ci sono i cantieri … ti stavi aggirando per il cantiere con la maglietta leggera e pensavi: “vabbè ho tempo sino a Natale” e poi ti volti, addosso hai una stratificazione di abiti, pari a tutto il catalogo Quechua di Decathlon, il sagrestano sta addobbano le lesene che stai restaurando e Natale è alle porte. Un tuffo al cuore una fitta al pensiero, un irrefrenabile desiderio di fuga e la cruda realtà davanti a te … Oddio non ce la farò!!! Tranquillo ce la farai, ma quando tornerai a casa trascinandoti sui gomiti, ti aspetteranno tutti i festanti preparativi per il Natale. Tanti Auguri … di buona sopravvivenza, collega!
Perché il concetto di Natale nasconde il pensiero recondito ma molto radicato nell’animo umano di “fine”, eppure Natale è nascita e nuova vita. Forse per predisporsi al nuovo, nuova vita, nuova luce, nuovo anno si vuole finire tutto il pregresso. Ok ma noi siamo dediti alla conservazione pensiamo al nuovo, ma conserviamo il vecchio e qualche volta conserveremmo anche il vecchio anno … abbiate pietà di noi!
E non vi è questione religiosa che tenga, che tu sia di religione ortodossa, cristiana, ebraica, induista, mussulmana, buddista, oppure ateo o agnostico, se vivi in Italia, la frenesia del Natale ti coinvolgerà inesorabilmente
Tanti Auguri a tutti voi … resistiamo!
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secondo una nota del vecchio ministero dal nome nuovo, e dalla nuova informale forma comunicativa, in data odierna dovremmo avere le prime frammentarie notizie in merito all’elenco dei Restauratori di Beni Culturali
Heep heep Urrah!
Vabbè, stiamo a vedere!
A chi interessa la questione? Apparentemente a pochi sparuti
I primi interessati siamo noi restauratori, esseri anomali, galleggianti nella sfera dell’indefinito dalla notte dei tempi, da quando esiste un bene culturale e l’interesse a conservarlo. In fondo vorremmo solo sapere se ci fosse dato di essere carne o pesce. Se ci fosse dato svolgere le mansioni, che peraltro svolgiamo da sempre, nell’agognata condizione di chi sa di essere al proprio posto.
È così banale il desiderio che mi sento puerile nello scrivere
Eppure qualche altro interesse emerge all’orizzonte … le gare d’appalto pubbliche inseriscono con più frequenza l’esplicita richiesta della una figura professionale del restauratore e allora diviene interesse delle aziende del settore edile, sapere chi sono questi soggetti, avere un elenco e potervi attingere
Un altro interesse è legato a quelle schiere di giovani aspiranti restauratori formati e sfornati a ritmo continuo da miriadi di scuole di restauro su tutto il territorio nazionale. Per il momento popolano i call-center, sfornano pizze e servono caffè, ma che renderanno evidente una contraddizione eclatante. Unico modo per nascondere la contraddizione di formare tecnici per lavori inesistenti e problematici è dargli lavoro, magari proprio quello per cui sono stati spennati senza ritegno sino ad oggi!
Infine una rinnovata sensibilità per l’ambiente e l’opera dell’uomo che, sotto il profilo del pensiero culturale, sta facendo capolino all’orizzonte
Poche motivazioni, ma con trend in aumento
In realtà ci si crede poco e come potremmo mai
Eppure abbiamo dei dati che depongono a nostro favore, la consuetudine e la costanza di setacciare superfici immense con bisturi e pennellino è un esercizio di concentrazione che dona una forza immensa, quella della pazienza!
Così potrebbe accadere che quando anche questo ministro sarà acqua passata, quando il nome del ministero sarà cambiato altre quattro volte noi saremo qui a svolgere il nostro nobile lavoro, con o senza l’elenco… E per sfinimento arriverà pure quello!
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Non ce ne siamo accorti, eppure in qualche momento della nostra storia si è perduto un connubio prezioso che rendeva unica la nostra arte
Parlo del legame tra arte ed architettura
Nel restauro sono classificate come superfici decorate dell’architettura, molti restauratori vi dedicano la vita professionale, molti storici dell’arte i loro studi
Vorrei focalizzare l’attenzione sullo stretto connubio, che le più antiche e belle città del mondo mostrano tra arte ed architettura. Per meglio comprendere il valore di questo legame perduto proviamo a pensare a cosa rende grande la nostra arte e rende uniche le nostre città storiche.
Potremmo dire l’urbanistica, i sontuosi palazzi, i dipinti nei musei e nelle chiese. Certamente! Ma la caratteristica peculiare di di quei palazzi e quelle cattedrali che ci fanno stare estasiati a testa in sù, sono le espressioni artistiche strettamente connesse al manufatto architettonico, nate per esservi indissolubilmente legate.
Mi riferisco ai dipinti a fresco, mezzi freschi, pitture a calce, decori a secco, graffiti, stucchi, soffitti lignei scolpiti e policromi e poi le opere lapidee come portali, portoni, sculture, colonne, mensole scolpite ed istoriate, capitelli istoriati, i mosaici e gli encausti
Tutte queste tecniche artistiche sono nate per decorare palazzi e chiese, e contribuiscono a rendere indissolubile il legame tra superficie dell’architettura ed espressione artistica
Non ce ne siamo accorti, ma in qualche momento della nostra storia ci siamo perduti questo anello, questo legame. L’evoluzione storica certo, la nascita di nuovi materiali e di un nuovo gusto. Una nuova economia che ha necessità di ritmo, produttività e velocità che aborrisce la lentezza. Forse lo abbiamo creduto ovvio e naturale
Così gli architetti, ad un certo momento della loro evoluzione professionale, anziché ricercare un accordo con il Michelangelo del futuro per trovare un equilibrio tra il genio espressivo e la finalità progettuale. Si sono trovati a sperimentare nuovi materiali dal gusto antico e a scegliere le piastrelle e le finiture da una catasta di cataloghi.
Allo stesso tempo gli artisti più apprezzati e quotati oggi progettano e realizzano le loro opere per ambientazioni spesso astratte, nella migliore delle ipotesi possono finire al centro di uno svincolo cittadino o in una teca nell’androne di un palazzo, ma sempre a se stanti, belle e sole, il più delle volte avulse dal contesto.
Abbiamo perduto qualcosa di prezioso la capacità di collaborare nel reciproco rispetto per creare qualcosa di più grande della somma delle singole professionalità. Confido nei corsi e ricorsi storici e attendo paziente che torni questo grande amore
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http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/09/IMG_9666.jpg40323024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-09-07 08:34:562018-09-07 10:06:27Il legame perduto tra arte ed architettura
Come in un trattato bislacco di antropologia psicoanalitica … Un decalogo che potrebbe svelare i segreti più reconditi del mondo del restauro, il rapporto tra i restauratori ed il cibo
Cosa mangiano i restauratori, qual’è il loro rapporto con il cibo, scoprirete che anche in questo caso i restauratori hanno delle peculiarità assolutamente “artistiche”
1 I restauratori amano il cibo, questa è una verità assoluta! Dev’essere un qualcosa che ha a che fare con l’amore per la vita che si riflette anche in quell’insano desiderio di dare nuova vita ai ruderi fatiscenti. In tanti anni di cantieri non ho mai incontrato un restauratore che non amasse il cibo o che non fosse goloso. lo amano in modo panteistico e disinibito, infatti tendono a sperimentare le più spericolate ed estreme forme di alimentazione
2 I restauratori, essendo animali migratori, hanno una cultura del cibo molto ampia, normalmente posseggono una mappatura precisissima di vasti territori dove trovare gelaterie, pizzerie, sushi bar, laboratori di pasticceria, e postacci infimi dove degustare i piatti tipici più folli e calorici nonché controindicati da qualsiasi regola alimentare
3 Il pranzo di cantiere è il momento aulico, rivelatore di una specie umana unica, poiché mostra la messa in atto di tutte le strategie e lo spirito di adattamento e inventiva tipico della categoria dei restauratori. Si potrà vedere chi scalda il pranzo vegano portato da casa al calore della lampada infrarossi e chi preferisce il classico fornelletto da colla. Chi si porta le lasagne della mamma e chi la quinoa con il seitan rigorosamente bio. Chi apparecchia i tappi dei secchi, prima utilizzati come tavolozza, con fogli di carta giapponese, e improvvisa posate mai viste prima. Chi essendo a dieta perenne sfodererà una castissima mela e la addenterà sognando il kebab giù in strada. Poi troverete il palestrato che agita in shecker improvvisati, improbabili beveroni iper proteici. Quando si opta per il pranzo fuori, la prima fase consiste nel rendersi minimamente presentabili, rimuovendo i calcinacci da scarpe, abiti, capelli e sciacquandosi il volto in qualche secchio. C’è chi si cambia e chi sfoggia la tuta, bianca maculata, con nonchalance. Poi c’è la “fashion lady” che prima di andare al ristorante, frequentato da camionisti e muratori multietnici, si rinfresca il trucco facendo la punta al kajal con il bisturi e ravviva i capelli infeltriti dalla polvere con gesto di assoluta plasticità, indossa il pile decathlon con originalità poiché consigliata nel look dall’inseparabile collega cultore di trend look, per il quale la moda non ha segreti!
4 Il restauratore in cucina è molto creativo, a volte troppo. Si destreggia con la colla di pesce come nessuno al mondo. Spesso si deve trattenere dallo sperimentare l’aggiunta di colla forte da foderatura, per ottenere quella famosa bavarese dall’aspetto scultoreo
5 Il panino mangiato su un ponteggio, tra le tegole del tetto di una Chiesa o sui gradini della villa storica tra i calcinacci ha un sapore unico di sogni e libertà, che credo sia di difficile comprensione per qualsiasi altra categoria umana dotata di senno
6 La restauratrice (scrivente), quando le suore di clausura le regalano la verdura del sacro orto, che si trova giusto accanto al cantiere, non può trattenersi dal perdere tempo per fare delle foto demenziali ispirate ad Arcimboldo … come quelle di questo articolo
7 Quando il restauratore si imbatte in un albero abbandonato e debordante di frutti all’interno di un cantiere , lo allevia magnanimamente dal suo peso, mangiando direttamente dall’albero una quantità inverosimile di frutti, ma lo fa per amore della natura, intendiamoci!
8 Il restauratore conserva le peculiarità della specie anche in ambiti casalinghi, pertanto evitate di utilizzare posate o tegami che rinvenite casualmente nella casa del restauratore in luoghi insoliti, tipo sul balcone, nello sgabuzzino o in bagno… potrebbero essere state utilizzate per mescolare il carbonato di ammonio o il benzalconio cloruro oppure per addensare panetti di chissà quale diavoleria chimica, lasciate stare e, se proprio dovete sapere di che si tratta, non vi resta che rivolgervi alla polizia scientifica!
9 Un cantiere di restauro non si può dire tale se, tra un secchio ed una scatola di pennelli, vicino alla zona adibita a camerino, delimitata da quattro pezzi di cellophane di riuso … non si trova la piccola dispensa della “schifezza” tipo merendine, cioccolato e la peccaminosa immancabile nutella. Lo yogurt, essendo troppo salutare, lo si mangia solo per garantire la fornitura di barattoli al cantiere … praticamente un esigenza di servizio!
10 la pausa caffè è sacra … sopratutto in quei cantieri senza il bagno o peggio in quelli dotati di WC chimico. Vi chiedete cosa centri il caffè con il bagno? C’entra, c’entra, fidatevi!
Aggiungete voi, nei commenti, gli altri punti dell’elenco
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http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/08/IMG_6568.jpg37903014Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2018-08-28 14:01:072018-08-28 16:59:01I Restauratori e il cibo Il decalogo
Piccola digressione su di un termine lessicale molto ricorrente nel nostro periodo storico …”Vergogna”
Vergogna. Termine del tutto applicabile e calzante al mondo del restauro, quel mondo ben noto a me, ai miei colleghi restauratori e a tutti quelli che a vario titolo si occupano di restauro. Il mondo dei beni culturali lasciati deperire, delle procedure burocratiche lasciate ad ammuffire e dei professionisti per modo di dire
Tutto una vergogna, comportamenti vergognosi, vergognati! Dovreste vergognarvi … e coì via. Non vi è giorno in cui all’apertura di giornali e social non si trovino almeno un paio di “Vergona!” già dalla prima schermata, applicata a qualsiasi ambito dello scibile umano
Non so come ma sto maturando degli anticorpi alla parola vergogna. Eppure la vergogna è un sentimento che tutti proviamo, quando sentiamo le gote infuocarsi e vorremmo tanto sprofondare di qualche centinaio di metri sotto alla crosta terrestre, ecco quella è la vergogna
Ma temo che in questo periodo storico abbia perduto il suo significato, si sia svuotata. Pronunciarla con sdegno o farla tuonare non cambia lo stato delle cose. È diventato un mantra , un grido di guerra “Vergognati! Vergognati tu!” e nessuno, proprio nessuno più, prova vergogna per se, pensa solo che la dovrebbero provare gli altri, ma questo vale assai poco! Direi che è un esercizio sterile tra esseri simili
Penso che sarebbe molto più auspicabile utilizzare di meno la parola vergogna e provare a sentire nel profondo cosa significhi. Le dinamiche del pensiero hanno meccanismi e motivazioni complesse, cercare di comprenderle potrebbe tutelarci all’abboccare ad un grido di guerra qualsiasi.
Rispolverare il rispetto avrebbe un significato ed un effetto sociale maggiore!
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