Un articolo tecnico scritto per la rivista Ingenio, destinato agli addetti ai lavori, che cerca una via di senso tra normative e strumenti a disposizione, per la scelta consapevole di un materiale per l’edilizia ed il restauro.
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2024/05/2bdd013e-5bbb-43a7-8951-8357f192638e-e1716620363397.jpg12001600Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2024-05-25 08:56:312024-05-25 08:59:38Schede tecniche e schede di sicurezza: ecco come conoscere e scegliere le malte e gli intonaci
Sono grata a Vittorio Sgarbi che ha citato un mio articolo, sulla tecnica pittorica di Gerolamo Romani detto Romanino, nel suo libro: ” Il rinascimento in Valle Camonica”, un onore, grazie!
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2022/01/rom.jpg10001503Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2022-01-15 16:39:432022-01-16 09:33:07La tecnica pittorica del Romanino, antichi studi tornano alla ribalta
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2020/09/4-ferro-laminato-e-trafilato.jpeg17242370Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2020-09-30 14:04:052020-10-26 11:10:52La materia del paesaggio, il metallo - Articolo da Artribune
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2020/05/Schermata-2020-05-20-alle-08.13.26.png12062274Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2020-05-20 08:30:252020-05-20 08:30:25I Colori delle Città - Articolo su Artribune
Il campo del restauro, come tutti gli adepti sanno, è vasto e multiforme ed è veramente difficile poterlo contenere in semplici definizioni o parametri.
Molto frequentemente viviamo di stereotipi, ma è normale, la mente umana ha necessità di schematizzare e paragonare per comprendere. Credo che il modo più semplice per comprendere gli aspetti più complessi del restauro sia proprio il paragone e da quello passare ad un osservazione più profonda, una catalogazione delle similitudini e delle differenze per giungere infine alla comprensione e all’analisi di un manufatto o opera d’arte. E’ un sistema complesso di conoscenze e raffronti che si incrociano. Domande che generano altre domande. Risposte o indizi che inviano a periodi storici o luoghi. Non è semplice ma vorrei provare a parlarne
Il dipinto che tanto amiamo, come è fatto? Da quali materiali è composto? Quali tecniche sono state utilizzate? Quando? Dove? Queste sono le domande giuste per approcciarsi al mondo del restauro. Perché prima di agire ed intervenire sull’opera d’arte con tecniche che si possono apprendere agevolmente in qualsiasi corso o su qualsiasi testo di restauro, è fondamentale comprenderne l’essenza. Senza questo passaggio il mondo del restauro resterà precluso.
Vorrei fare degli esempi, per step, che aiutino ad entrare nel campo del restauro
Ho pensato di descrivere alcuni esercizi utili o propedeutici alla conoscenza delle opere, chi non si occuperà di restauro potrà comunque utilizzarli per comprendere un’opera d’arte, arredare una casa, acquistare un oggetto di antiquariato e molto altro
Il primo passo e quindi il primo esercizio consiste nell’osservazione della materia e il suo riconoscimento
Intonaco antico di malta di calce idrata con tracce di colore ocra gialla
Pietra arenaria gialla
Granito rosa
Cemento portland
Lacerto di dipinto a fresco su intonaco di calce idrata
Saper riconoscere un materiale, utilizzando i semplici sensi a nostra disposizione come vista e tatto non è sempre facile e scontato come potrebbe apparire. Quando poi si tratta di opere di grande valore il tatto va escluso dalle possibilità d’indagine e resta la sola osservazione
Quell’immagine che ci è capitato di osservare è dipinta o stampata? Si tratta di colore ad olio, a tempera, acrilico o inchiostro da serigrafia? . E il supporto? Su cosa è stato realizzato; tela, tavola, cartone o materiale sintetico?
La cornice della finestra di casa mia è di pietra, di marmo, di intonaco modanato oppure di un conglomerato artificiale tipo graniglia?
Vi lascio con questa riflessione sui materiali, al prossimo articolo altri dettagli e qualche segreto sul riconoscimento della materia
Testi e Immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2020/04/IMG_9714-e1586936511639.jpeg30322274Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2020-04-15 09:43:352020-04-15 09:47:29Restauro - Esercizio di osservazione 1
Ogni giorno viviamo vite complicate, in società complesse dove ogni evento ne genera altri dove ogni adempimento ne prevede consequenzialmente altri, collegati, generati o concatenati che siano.
Non troviamo il tempo per il pensiero creativo perché la priorità va data ai pensieri banali di sopravvivenza, quelli che generano ansia per partenogenesi, eccone un esempio: “entro il 32 di dicembre vanno presentati i modelli F91, G45 ed M99: Al fine di presentare il modello M99 vanno precedentemente compilati gli allegati ae e oa. Che, come tutti sanno, devono essere presentati entro il sesto mese dell’anno precedente l’ultimo anno di riferimento. Possono essere presentati per invio telematico previa iscrizione, a pagamento, alle tre piattaforme info pratiche. Per i modelli F91 e G45, munitevi di lente d’ingrandimento e leggete le note a piè pagina e se non riuscite sarete sanzionati. Chiaro no!”
Per porre rimedio alle complicanze della vite complicate, vuoi per sopravvivenza vuoi per la pia illusione di fornire un servizio, esistono una moltitudine di strumenti di semplificazione: , associazioni, assicurazioni, commercialisti, startup, piattaforme, eccetera, eccetera.
Ma …lasciate ogni speranza o voi che entrate! Entro breve tempo, questi strumenti di semplificazione, diverranno a loro volta fonte di ulteriore complicazione.
Per ognuno di questi strumenti di semplificazione vi verranno chieste, iscrizioni, adempimenti entro il, non oltre il, ma solo dal. Una rete di servizi dei quali non potremmo fare a meno ma dei quali non potremo liberarci.
Solo la politica si carica di banalizzazioni, semplifica e “rende tutto facile”, ma questa è un’altra storia.
Cosa c’entra il restauro con tutto ciò? Il restauro c’entra , sempre!
Già, perché il restauro con la complicazioni ci sguazza. Il restauro è una disciplina complicata per definizione.
Chi pratica la professione del restauro sa cos’è la complessità, ci va a nozze. L’alta soglia di attenzione, le fasi e le priorità da seguire con cura; desalinizzare prima di consolidare, consolidare prima di stuccare, far rigonfiare la colletta prima di scaldare, analizzare, stabilire le percentuali in base alle varianti … ecc, ecc
Ecco, chi si occupa di restauro con la complessità non ha problemi. Calcolare le variabili, mettere in sicurezza, mantenere la massima soglia di attenzione, garantire l’applicazione di ogni regola, trattenere il respiro ad ogni fase, è cosa di ogni giorno
Non teme neppure il fallimento, perché a volte accade che dopo aver applicato tutte le regole, aver congetturato ogni probabilità, l’opera d’arte ti faccia capire che, no, non ci avevi azzeccato e quella pulitura non funziona completamente, quel consolidamento non è del tutto efficace. E allora via daccapo con pazienza e “attrezzi” rimediati da altre discipline a provare a risolvere i rompicapi che i manufatti antichi si divertono a sottoporci ogni giorno
Chi si occupa di restauro non teme le complicazioni e le discipline rigorose ma non può rinunciare al pensiero profondo, alla riflessione. Analizzare, studiare questa fase propedeutica e formativa dell’osservazione del manufatto, delle ipotesi, della comprensione delle circostanze storiche.
Il restauratore convive tranquillamente con la vita complicata, se solo non ci togliesse il tempo di respirare, di riflettere e di ammirare
Ammirare con il naso in su le guglie di una chiesa, sfiorare una scultura, toccare un intonaco Ma, quando ti fermerai per ammirare un opera, un dettaglio, troverai subito qualcuno che interrompe il tuo momento mistico per venderti un abbonamento ad una fantomatica piattaforma informatica o un opera benefica
Gli aspetti complicati di ogni evento sono il sale della vita, uno stimolo alla risoluzione dei problemi, una modalità per allenare l’intelletto. Le “cose semplici” non esistono, neppure in natura, chiedete ad un sasso quante ere geologiche ha vissuto per divenire tale e quanta chimica e fisica racchiude in se.
Esiste la banalizzazione dei sistemi complessi, ma questa è un’illusione!
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/12/IMG_5962.jpeg27783961Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-12-14 08:19:062019-12-14 17:44:56Restauro - Elogio della complessità
In questo articolo vorrei parlare di una tipologia di restauratore che si annida in cantieri di restauro e ama renderli, semmai possibile, più polverosi che mai. È lui, il sabbiatore seriale!
Della serie i tipi strani che si possono incontrare nei cantieri di restauro, non poteva certo mancare il sabbiatore, ci potrei giurare che circa l’ottanta percento dei colleghi lo ha incontrato e ne è rimasto “segnato”!!
Può essere che qualcuno non lo abbia notato, a primo acchito pare un collega come altri ma in realtà è affetto da una rara patologia, che lo induce a pensare che ogni problema possa emergere … sia risolvibile con l’uso della sabbiatrice.
Solitamente a questo raro tipo di patologia professionale sono maggiormente soggetti i restauratori di sesso maschile ma, per riflesso, affligge chiunque ci abbia a che fare in via diretta o indiretta o sia anche solo costretto a coabitare con il soggetto in questione.
L’importante e saperlo riconoscere per contenere la furia destruente! Temete di non saperlo riconoscere?
Ecco Il decalogo
1 Il sabbiatore seriale pare un restauratore normale ma non è così!
2 Il sabbiatore seriale ha sempre con se gli strumenti del mestiere, se vi chiedete cosa ci faccia una micro sabbiatrice in un cantiere dove non è prevista … siete sulle tracce del misfatto!
3 Il sabbiatore seriale attende pazientemente la prima occasione utile per proporre una sabbiatura, può proporla per pulire la pietra, il ponteggio, le scale di accesso, le mani sporche, l’intonaco, gli affreschi e … se non lo fermerete potrebbe provare anche sui dipinti su tavola
4 Il sabbiatore seriale non disdegnerebbe di sostituire la doccia con una pioggia di sabbia sottile!
5 Quando proverete a spiegare al sabbiatore che la sabbiatura non è propriamente compatibile con il concetto conservativo di restauro, si mostrerà prodigo di spiegazioni e dettagli e vi farà notare che lui non è come gli altri, uno bravo come lui non lo avete ancora incontrato. Dotato di una mano raffinata e precisa, ha la certezza di non provocare alcun danno
6 Il sabbiatore seriale è spesso dotato di una certa esperienza professionale, pare tranquillo e ragionevole. Ma non appena si trova al riparo da occhi indiscreti, sceglie la vittima designata, sfodera l’arma letale e colpisce. Il giorno seguente potrete trovare polverose tracce del misfatto e, seguendo le tracce, troverete una pietra a qualche altro oggetto miseramente inaridito dalla sabbiatura
7 Il sabbiatore seriale è un guru della tecnica sceglie accuratamente le sabbie come uno chef sceglie gli ingredienti per una pietanza alla moda… Sabbia del deserto australiano , ossido di alluminio, sabbia e acqua, e via, via, fino alle scorie organiche di pannocchie tritate, per i palati più esigenti
8 Il sabbiatore seriale conosce la sabbiatrice come un appassionato di corse conosce il motore della propria automobile e grazie a questa sua passione, quell’attrezzo infernale… non s’inceppa mai! Per cui abbandonate l’idea che intervenga un problema tecnico a salvarvi
9 Il sabbiatore seriale stanco ma appagato, dopo aver sabbiato qualche povero oggetto indifeso, abbandona il cantiere in condizioni pietose. I fortunelli che lavorano con lui si trovano a dover rimuovere montagne di polveri e contemporaneamente a rabbonire il sagrestano inferocito. Spesso il sabbiatore da anche consigli improbabili sul riuso dell’inerte annidatosi ovunque durante la sabbiatura
10 Il sabbiatore seriale è affetto da una grave dipendenza … aiuta un sabbiatore a smettere di sabbiare, aiuterai un restauratore e salverai il patrimonio culturale
Conoscete altri dettagli utili a riconoscere un sabbiatore seriale, scriveteli nei commenti che verranno aggiunti ai punti elencati
Testi e immagini
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/11/IMG_4803.jpeg7393024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-11-03 12:28:382019-11-04 20:16:33Il sabbiatore seriale - Il Decalogo
In questo articolo vorrei parlare di un caso atipico sotto il profilo delle tecniche di conservazione.
Premesso che la storia del restauro si è costituita attraverso una moltitudine di prove e tentativi più o meno empirici.
Per una sorta di legge della selezione naturale, i tentativi falliti restano nel dimenticatoio mentre quelli riusciti si trasformano in tecniche di restauro … ecco questo caso è insolito perché ben riuscito ma assai poco diffuso!
Un caso strano di strappo di affresco rivoltato e fissato su di un supporto metallico
Tempo fa scrivevo della mia avversione agli strappi e nel profondo dei miei pensieri resto contraria a tale pratica, capace di decontestualizzare l’opera, come un colpo di spugna o un’amnesia crudele! Tale da far perdere in un baleno parte della storia di un’opera, memoria della collocazione e delle ragioni, seppur ipotetiche, che possano aver indotto pittore e competenza a realizzarla.
Eppure, come spesso accade, mi ritrovo a causa di forza maggiore ad approfondire l’argomento detestato, trovandomi dinanzi un caso particolarissimo.
Si tratta di uno strappo di affresco rivoltato su di un supporto in lamina metallica. La tecnica esecutiva è subito apparsa tanto insolita quanto straordinariamente affascinante.
Supporto in lamiera metallica
Lo strappo appare ben fatto ha asportato la superficie pittorica e circa tre millimetri di intonaco. L’adesivo utilizzato per far aderire lo strappo al supporto è un mix di colle animali, sottilissimo, quasi privo di corpo, ma straordinariamente efficace. Non si è persa la morfologia superficiale dell’intonaco e, salvo alcuni distacchi localizzati mantiene un grado di adesione al supporto straordinario
Il dipinto è collocato in esterno e, nonostante le intemperie e le ridipinture si è conservato molto bene. Non vi è certezza sulla provenienza ma io propendo per l’ipotesi di uno strappo effettuato in un vicino convento di clausura. Lo strappo potrebbe risalire alla fine dell’ottocento
Dalle immagini a luce radente si possono notare le imperfezioni dell’intonaco conservate dallo strappo ed una piegatura dello strappo, da ricondursi ad una fase di lavorazione transitoria
Dipinto prima e dopo il restauro
Avete raccolto altre esperienze di affreschi ricollocati con tecniche insolite? Scrivetelo nei commenti
Testi e immagini
Silvia ContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/10/IMG_3623.jpeg30244032Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-10-14 10:50:012019-10-15 11:10:49Un caso strano
In questo articolo vorrei parlare dei ponteggi, della loro storia e del rapporto, stretto ma non sempre idilliaco, tra i restauratori e le opere provvisionali
Chiunque si occupi di restauro e, non specificamente nelle categorie “da laboratorio”. si troverà prima o poi coinvolto nel complesso rapporto di odio ed amore con il ponteggio.
Il ponteggio costituisce quella complessa forma provvisoria di elementi modulari che consentono di raggiungere l’opera d’arte ed eseguirne il restauro.
Si suddividono grossomodo in due tipologie quelli che avvolgono e racchiudono l’opera d’arte, come nel caso di facciate esterne o monumenti. E quelli che ne sono contenuti come nelle volte delle chiese
Il sentimento di insofferenza che viene maturato dai restauratori nei confronti del ponteggio è presto descritto; Difficilmente il ponteggio, studiato per l’edilizia, risponde alle esigenze del restauro per cui diviene scomodo e faticoso. Nonostante le accurate e cavillose normative è spesso pericoloso e, delle “zuccate” che ogni operatore del settore ha sentito risuonare nella propria testa … si è da tempo perduto il conto!
Ma parliamo ora dell’aspetto amoroso! La parte affascinante, che fa scattare la scintilla d’amore sta in quella specifica caratteristica che consente di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili e nel contempo crea delle nuove, illusorie, temporanee quanto improbabili ambientazioni! Viste mozzafiato e anfratti magici. In buona sostanza diviene ciò che quasi tutti i bambini hanno sognato almeno una volta nella vita, la casa sull’albero! Esclusiva e inaccessibile! E per ogni restauratore il ponteggio costituisce il suo personalissimo insediamento strategico!
Il concetto che noi abbiamo ora acquisito di ponteggio è parecchio dissimile da quello diffuso nei secoli passati, ma in realtà sino a pochi decenni addietro. Il ponteggio esiste da che esiste l’architettura, certo non nell’accezione moderna. Nell’antichità era spesso costituito da un castello ligneo su piccole ruote piene, anch’esse lignee o di pietra.
Semplici quanto incredibili sistemi di leve e corde erano utilizzate per issare i grandi conci che costituiscono i templi
Per secoli il ponteggio è stato un’impalcato ligneo costruito e fissato nelle giunzioni con chiodi e corde e soprattutto infisso nel muro in quelle che in gergo tecnico si chiamano “buche pontaie” che possiamo tranquillamente individuare in molti degli edifici storici che ci circondano
dentro a questi alloggiamenti che poi sono destinati ad essere ricoperti e mascherati dall’intonaco, venivano infissi i travi orizzontali, mentre quelli verticali poggiavano a terra. Struttura principale sulla quale si reggeva l’intero impalcato di assi e collegamenti
(si veda questo esempio di ponteggio settecentesco in questa stampa, in vendita dalle casa d’aste Pandolfini )
Tutt’oggi nei paesi nordafricani e africani si eseguono ponteggi con elementi lignei che vengono fissati agli incroci con corde bagnate, che grazie al clima molto caldo e secco si essiccano rapidamente stringendo saldamente il legname
(Ponteggio Egiziano contemporaneo)
I nostri ponteggi, quelli che pensiamo siano sempre esistiti, nascono da un’idea dell’Ing. Ferdinando Innocenti , brevettata nel 1935, che ebbe la grandiosa intuizione di studiare un giunto mobile per fissare i tubi della ditta Dalmine, che detto per inciso, fino a quel momento servivano solo per incanalare e trasportare fluidi. Da questa idea nacque la più flessibile e geniale modalità di costruzione di impalcati temporanei, versatili e resistenti. Tutt’oggi insuperata
Da lì nasce il nostro ponteggio detto giunto-tubo, il resto sono evoluzioni dell’idea primordiale come il ponteggio fisso prefabbricato a “cavallette” comunque compatibile con il sistema giunto tubo, piccole intuizioni, limature e aggiustamenti, soprattutto normativi.
Anche il versante normativo che … tranquilli, non intendo trattare in questa sede, sotto il profilo storico evolutivo riserva molte sorprese. Il primo vero impulso per la normativa in materia di sicurezza e quindi di ponteggi, arriva con l’applicazione del Trattato di Roma del 25 marzo 1957. che, manco a dirlo, in Italia trova la sua attuazione, con tutta calma, nella prima vera normativa del 12 giugno 1989 nella la famosa legge n. 89/391/CEE, seguita dall’altrettanto nota legge 626 del 1994
Proviamo a pensare per esemplificare che, sino a quella prima normativa del 1989, il posizionamento di scale tra un piano e l’altro era del tutto inusuale e non specificamente imposto da nessuna normativa. Per cui sino al 1989 il passaggio da un piano all’altro del ponteggio poteva essere effettuato si mediante scale, ma solo per i cantieri più sofisticati. Per la maggior parte era fatto mediante arrampicata libera, cosa che oggi è del tutto impensabile .
Anche i piani o impalcati non erano in lamiera regolare come oggi siamo abituati a vedere, bensì di tavole lignee che spesso si differenziavano tra loro per lunghezza e spessore che non era strettamente necessario legare o fissare in alcun modo e, sino all’affermarsi della normativa 626, furono largamente utilizzati i pannelli multistrato da cassaforma
Chi tra i restauratori ha maturato qualche anno di esperienza potrà certo ricordare improbabili e tremebonde strutture chiamate impropriamente ponteggio e diffuse in tutta la seconda metà del ‘900, quelli per cui era necessario accomandarsi a tutti i Santi del Paradiso nonché agli Dei dell’Olimpo per mantenere salva la pelle. E coloro i quali sono sopravvissuti ai ponteggi degli anni 70 e 80 del ‘900 è fondato pensare che siano dotati di segreti poteri , dei super poteri!
Testi e immagini (tranne la stampa di Pandolfini)
SilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/09/IMG_5138.jpeg37762832Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-09-11 15:21:122019-09-12 14:04:44Storia di un amore primordiale, restauratori e ponteggi
Parliamo di restauro di grandi superfici, di ciò che in gergo tecnico è definito superficie decorata dell’architettura, i grandi palazzi, i complessi architettonici, quelli che raggruppati definiscono gli scorci e il panorama cittadino
Certamente sono quelle parti delle nostre città che ne definiscono le caratteristiche estetiche e, come nessun altro manufatto è soggetto alla moda, al gusto del tempo,con infinita duttilità si adegua continuamente alle nuove tendenze di pensiero estetico
Ci troviamo spettatori inermi di fronte al variare epocale dell’aspetto del paesaggio urbano e di volta in volta, di decennio in decennio, di zona in zona assistiamo al viraggio del colore della città dal color biscottino diffuso e depresso, che resiste alla “sporcizia” ed ha un non so che di politically correct , al giallo dilagante, come se una colata di polenta lombarda fosse caduta su interi centri storici e poi ancora, il rosso, che si fregia di nobiltà ma che appare come un sacco di plastica che soffoca interi centri storici e poi che dire degli “architettonici” grigi, quelli che se li scegli non sbagli mai, i non colori che lasciano la parola all’architettura che, se associati allo spigolino a piombo ed alla materia plastica, ti danno la sensazione che il palazzo sia emerso da un sacco di cemento e che ti chieda per pietà di liberarlo da quella coltre di grigiore.
Questi gli esempi più banali ma, facciamo attenzione, sarebbe un ulteriore errore incolpare o mettere al bando alcuni colori. Tutti i colori sono belli, se adeguati ai loro contesti ed alle loro superfici, al loro volere progettuale.Il problema vero è la scelta della materia: un rosso veneziano o pompeiano non potrà mai essere imitato dal corrispondente RAL xy contenuto in una colata di plastica resa più ruvida da una spruzzata di polvere di quarzo.
Ma proviamo ora ad indagare quale sia la differenza che intercorre tra la materia originaria dei manufatti o comunque più consona al restauro e l’aspettative della committenza o più in generale degli spettatori
Purtroppo la distanza esiste, la distanza è ampia, la materia originale dell’architettura storica è trasparente, incostante, imperfetta, perfettamente calzante al manufatto che ricopre ma non più consona alla contemporanea idea di antico e del cacofonico “antico splendore”
Si aggiunga a questo che le nuove materie resinose, plastiche, acriliche sono più facili da utilizzare e danno risultati perfetti e se vogliamo, a prova di cretino. Non servono infatti maestranze specializzate, chiunque maneggi un pennello potrà avere risultati impeccabili con acrilici o silossanici. Mentre anche i più bravi operatori avranno grandi difficoltà a gestire le trasparenze della calce, i variabili assorbimenti dei silicati di potassio o ancora le giunzioni delle tempere e delle velature ad acqua di calce .
Così le materie plastiche hanno praticamente soppiantato la materia autentica dell’architettura, perché più facili da usare e reperire, ma soprattutto perché esteticamente apprezzate. Ed è questo il problema culturale che pare insormontabile.
Potrebbe riultare banalizzante pensare che certi parametri estetici, molto vicini al nuovo, siano da ricondurre a personaggi distanti dal mondo della cultura o appartenenti a specifici ceti sociali . Non è così! Il gusto del nuovo perfetto, piatto e dagli spigoli a piombo è molto più diffuso di quanto non si possa credere. Trasversalmente condiviso da politici, operai, docenti universitari, architetti e informatici, senza troppi patemi d’animo pensano che più nuovo, sia più bello! Ovvio no?
Mi ritrovo a pormi domande del tipo; tutta questa attenzione per lo storico, l’antico … che senso ha? Che senso ha, se per restaurare un palazzo e soddisfare al contempo le esigenze di committenza, popolo ed economia, ci troviamo a doverlo fare “come nuovo” !
Il senso non c’è, ma ci sono ragioni che è bene conoscere. Nonostante i corsi e i ricorsi storici, tutta la storia che abbiamo alle spalle, è come se si fosse di fronte a una nuova tendenza di pensiero che ha necessità di trovare e regolare i giusti parametri di giudizio. E forse tocca a noi professionisti dei beni culturali indirizzare e guidare nella giusta direzione, spiegare e mostrare come la materia dell’architettura tradizionale sia la più consona. In parole povere dovremmo adoperarci affinché la materia dell’architettura storica torni di moda!
Testi e immaginiSilviaContiRestauroConservativo
http://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2019/07/IMG_9914.jpg40323024Silviahttp://www.silviaconti.it/silviaconti/wp-content/uploads/2018/05/Logo-SC-120.pngSilvia2019-07-28 11:29:032019-07-28 11:53:49I colori del restauro e le aspettative tradite
Cookies
Per far funzionare bene questo sito, a volte installiamo sul tuo dispositivo dei piccoli file di dati che si chiamano "cookies". Anche la maggior parte dei grandi siti fanno lo stesso.