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Il tempo sospeso

E chi l’avrebbe detto mai. Tutto questo tempo per noi!

Improvvisamente distolti da una routine vorticosa di corse affannose  e di eterni ritardi, catapultati in un tempo largo. Immersi in una moltitudine di ore giorni e notti che non sono più uguali.

Quando correvamo per centinaia di chilometri  tra luoghi, problemi e persone diverse, i giorni erano uguali! Ora no, non sono più uguali tra loro.

Sarà che ci tocca assaporare  ogni sfumatura della minima variabile dell’attività umana. Sarà l’attività stessa del pensiero che corre libera, più libera di prima, più libera che mai

È il tempo sospeso!

È lui!  Da non confondere con “il tempo perduto” e quello “ritrovato” di Proust. Eppure un assonanza si intravede,  in quell’opera di Proust dove il tempo si dilata nei lunghi e complessi periodi di una scrittura  che si bea della propria stessa bellezza.

Così per noi, ovunque ci si giri c’è tempo, qualsiasi attività si intraprenda non ha scadenze. Non eravamo abituati! Si percepisce una strana vertigine. Probabilmente non avremo risultati sublimi come fu per la scrittura di Marcel Proust ma possiamo provare ad approfittare di questo tempo sospeso per cercare il meglio di noi

In questa convivenza indotta e inaspettata  con noi stessi che non lascia spazio agli orpelli;  niente ruoli, niente fughe.  Ovunque ci si giri la nostra essenza resta lì a guardarci negli occhi. Costretti a fare i conti con noi stessi. Paure, successi, fallimenti, sogni e speranze, prospettive e incognite. Noi e la nostra realtà!

Si consuma uno scontro mite tra verità e percezione, tra realtà e credenza comune. La realtà spesso non ha interesse a mostrarsi, è meno vanesia della finzione perché forte della propria verità.

Curioso che ciò accada, proprio in questi tempi nei quali non è cosa facile distinguere il vero dal presunto tale.

 

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SilviaContiRestauroConservativo

L’ “Addio monti” nel restauro

Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio!  …”

Così scrisse Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, uno dei brani più famosi dell’intero romanzo detto semplicemente “Addio monti”. Famoso perché racconta di un sentimento diffuso, quello che tutti provano, nel momento in cui si allontanano da un luogo amato e al quale sono legati in modo profondo

Vi state chiedendo quale relazione possa mai avere questo brano della più classica letteratura con il restauro, ebbene nulla è più calzante di questo scritto con il momento in cui un opera restaurata viene riconsegnata al mittente

È un momento difficile che solo i restauratori possono descrivere. Anzi, forse è meglio che non lo facciano!

Nulla di più distante dalla razionalità e dal senso di opportunità. Nulla di cui si possa parlare con altre persone, con altre categorie professionali, senza sentirsi addosso un paio di occhi sgranati Insomma una piccola follia tutta nostra che è meglio tenere celata

Il lavoro è finito, tutto è andato per il meglio, sarebbe giunto il momento di raccogliere proventi e quel pizzico di gloria … eppure, riguardando bene l’opera, forse manca qualche ritocco e, certamente attendere che la vernice stabilizzi sarebbe la cosa più giusta. Qualche volta siamo disposti a fare la figura di chi non rispetta i tempi e chiediamo un poco di tempo in più

 Non importa se si tratti di un cantiere, di un dipinto o di una sedia; il distacco dall’opera con la quale si sono passati giorni, settimane, mesi a volte anni è sempre  faticoso

Se si tratta di piccole opere, ormai sono divenute parte dell’arredo del nostro studio o del nostro spazio vitale, con le sculture ci parliamo, nei cantieri ci viviamo. E, a forza di viverli e viverci, sentiamo la loro voce e, non ci sentiamo neppure pazzi!

Pare strano ma è proprio insito nel fatto che si passino molte ore con l’opera che spesso consente di sondarne le caratteristiche tecniche e costitutive più recondite. Di comprendere a fondo cosa sia originale e cosa no, dove sia l’origine del degrado, quali le cause. Altre culture la potrebbero chiamare meditazione, concentrazione

Guarda caso i lavori fatti in fretta hanno più probabilità di presentare problemi, forse perché non c’è stato il tempo di connettersi con l’opera e comprenderla nel profondo? Forse si!

Infine chiudere un cantiere, concludere un lavoro di restauro, chiude una parentesi di relazioni, quelle che si erano stabilite per l’esecuzione dei lavori, con la committenza, i funzionari di zona, colleghi, fornitori siano essi di materiali o di caffè … insomma Manzoni, ha scritto l'”addio monti” per noi e non lo poteva sapere

Qual’è stato il vostro addio? ditelo nei commenti

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Avverso l’antico splendore

Restauro – antico splendore è diventato un assioma: chi non associa questi due vocaboli alzi la mano.

Già, pare proprio che dove ci sia  un restauro, debba esserci l’antico splendore

Personalmente credo sia una moda.

 Più esattamente fa parte di quelle parole o frasi che si diffondono a macchia d’olio in dati periodi, che hanno per così dire, “fortuna critica”. Frasi, locuzioni, parole, modi di dire che, in corrispondenza alla massima diffusione della loro forma verbale, si svuotano di contenuto. O meglio si caricano di un contenuto onnisciente significano tutto e nulla. Si diffondono a tal punto da essere utilizzate  in ogni occasione che anche lontanamente ricordi quel dato ambito di pertinenza.

Per maggiore concretezza, proverò ad entrare nel dettaglio semantico della frase in questione; Antico splendore si riferisce, in questo caso, ad un presunto stato di conservazione di un manufatto di interesse storico artistico nella sua fase di vita iniziale

Ora, poniamo un caso concreto, un manufatto che abbia cinque o seicento anni,  diciamo un dipinto ad olio su tela.  Palesemente noi non potremo mai sapere quale fosse la reale brillantezza dei colori immediatamente dopo la realizzazione, prima che intervenisse l’ossidazione degli oli, dei  legnati, del del colore, prima che i pigmenti sensibili alla luce virassero in tonalità impreviste?

No, non lo possiamo sapere, lo possiamo ipotizzare, immaginare, dedurre ma non sapere.

Poniamo ora un caso diverso, un tempio della magna Grecia. Grazie a studi, indagini  e documenti sappiamo che le superfici dei templi dovevano essere decorate e policrome. Lo sappiamo per induzione e deduzione ma a nessuno che operi nel campo dell’archeologia o del restauro si permetterà di riprodurre tali decori. Un caso diverso ed emblematico ma, quale mai sarebbe in questo caso l’antico splendore? Chi può dirlo.

Il fatto vero è che un manufatto artistico ha una sua vita , molto più lunga di quella degli uomini che lo hanno, costruito, comprato o posseduto. Di queste vite umane  l’oggetto d’arte ne conserva le tracce. Per questo motivo è nostro compito conservare e tramandare i manufatti di interesse storico e artistico. Qualora non sia dannoso per la conservazione del manufatto stesso conservando anche quelle tracce che ne hanno definito le fasi di vita, affinché lo splendore sia presente, continuo e costante. Al di la delle parole di moda e della nostra puerile  necessità di enfatizzare anche ciò che è già grande di per sé!

 

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 Silvia Conti Restauro Conservativo